Processi di valutazione di impatto sociale delle politiche pubbliche di integrazione sociale dei migranti
IFEL - Webinar/e-Learning 3 novembre 2022
Risposta al quesito del Dott. Roberto Gimigliano
QuesitiSignora COMUNITARIA è madre di un figlio italiano, nato in Italia il 28/03/2019, avuto con un cittadino italiano con il quale convive, ma non è coniugata.
La stessa ha avuto dei rapporti di lavoro non continuativi, è stata iscritta all'università ma non aveva una copertura dei rischi sanitari; pertanto ai fini della verifica del soggiorno legale e continuativo per 5 anni nel territorio nazionale non avendo i requisiti, può ottenere l'attestato di soggiorno permanente in quanto genitore di cittadino italiano e/o convivente con cittadino italiano?
Il Figlio deve essere nato da almeno 5 anni?
Come cittadino dell'UE, dopo almeno 5 anni consecutivi di soggiorno legale in un altro paese dell'Unione si acquisisce automaticamente il diritto al soggiorno permanente. Si può quindi chiedere un documento di soggiorno permanente che conferma il diritto a soggiornare in modo permanente nel paese senza particolari condizioni.
Il documento di soggiorno permanente non è obbligatorio ma può però rivelarsi un utile strumento per l'adempimento di formalità amministrative o nei rapporti con le autorità competenti(non occorre dimostrare di avere un lavoro, di disporre di risorse sufficienti, di un'assicurazione sanitaria, ecc. ed è disciplinato dall' art.14, d.lgs. 6 febbraio 2007, n.30 e succ. mod. ("Attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri").
Qual è la definizione di familiare di cittadino dell'Unione Europea?
In base all'art.2, comma 1, lettera b), del d.lgs. 6 febbraio 2007, n.30 e succ. mod.(“Attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri”), è familiare di cittadino dell'Unione Europea:
1) il coniuge;
2) il partner che abbia contratto con il cittadino dell'Unione Europea, un'unione registrata sulla base della legislazione di uno Stato membro, qualora la legislazione dello Stato membro ospitante equipari l'unione registrata al matrimonio e nel rispetto delle condizioni previste dalla legislazione dello Stato membro ospitante. La normativa italiana (legge 20 maggio 2016, n.76, “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze”) equipara l'unione registrata al matrimonio, solo nel caso dei partner dello stesso sesso uniti civilmente; non sono, invece, equiparati ai coniugi, i “conviventi di fatto” (due persone maggiorenni, unite stabilmente da legami affettivi di coppia e stabilmente conviventi);
3) i discendenti diretti (es. figli, anche adottati o affidati, nipoti...) di età inferiore a 21 anni, o a carico, e quelli del coniuge o partner dello stesso sesso unito civilmente (legge 20 maggio 2016, n.76);
4) gli ascendenti diretti ( es. genitori, nonni..) a carico, e quelli del coniuge, o partner dello stesso sesso unito civilmente (legge 20 maggio 2016, n.76).
In base all'art.3, comma 2, lettera a) del d.lgs. 6 febbraio 2007, n.30 e succ. mod. viene, inoltre, agevolato l'ingresso ed il soggiorno di:
1) ogni altro familiare, se è a carico o convivente, nel paese di provenienza, con il cittadino dell'Unione Europea titolare del diritto di soggiorno a titolo principale;
2) ogni altro familiare che, per gravi motivi di salute, deve necessariamente essere personalmente assistito dal cittadino dell'Unione Europea;
3) partner con cui il cittadino dell'Unione Europea abbia una relazione stabile, debitamente attestata, con documentazione ufficiale, dallo Stato del cittadino dell'Unione.
Rientrano in questa definizione di “partner” i “conviventi di fatto”, secondo la disciplina prevista dall' art. 1 commi 36 e seguenti dalla legge 20 maggio 2016, n.76
Acquista il diritto al soggiorno permanente il figlio minore, indipendentemente da qualsiasi requisito di residenza, se il genitore ne ha diritto perché segue la condizione giuridica di quest'ultimo.
Tale attestato non è quindi un'autorizzazione al soggiorno a tempo indeterminato, ma rappresenta la prova che, al momento del suo rilascio, l'interessato ha dimostrato il possesso dei requisiti previsti dalla normativa vigente.
Per rispondere quindi alla Sua domanda:
In pratica occorre fare riferimento alle linee guida le quali evidenziano con chiarezza come l’attestato di soggiorno permanente sia legato più alla regolarità del soggiorno legale dimostrato da un comportamento ligio alle regole ed alle leggi dello Stato che lo ospita, che ad altri aspetti quali il lavoro, la copertura sanitaria etc.
Per il caso prospettato il soggetto aveva una copertura sanitaria nei periodi lavorativi (in quanto obbligatoria) che potrà essere venuta meno nel momento in cui ha perso il lavoro. Il mantenimento può essere garantito dal convivente italiano con una semplice dichiarazione sostitutiva. Il mantenimento dell’unità familiare anche se si parla di convivenza, nonché l’equilibrio psicofisico del minore sono sicuramente elementi che garantiscono la regolarità del soggiorno e quindi la scelta di rilasciare l’attestato di soggiorno permanente.
30 giugno2021 Roberto Gimigliano
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