La procedura prevede che l’Ufficiale di Stato Civile stesso si rechi presso l’istituto di detenzione per il riconoscimento contestualmente alla nascita del figlio, entro dieci giorni, dopodiché o il detenuto ottiene il permesso per recarsi presso gli uffici comunali oppure deve rivolgersi ad un notaio.
Ai sensi dell’art. 254 cod. civ. il riconoscimento può essere fatto davanti ad un ufficiale dello stato civile o in un atto pubblico (ergo: davanti ad un notaio o altro pubblico ufficiale cui siano attribuite funzioni di stato civile) anche di una località diversa dal luogo di nascita del figlio (ex art. 43, comma 2, d.p.r. 3 novembre 2000 n. 396: “Se il riconoscimento riguarda un figlio nato fuori del comune in cui l’atto è ricevuto, l’ufficiale dello stato civile trasmette copia dell’atto di riconoscimento, ai fini dell’annotazione dell’atto di nascita, all’ufficiale dello stato civile del comune dove è stata dichiarata la nascita”): e, quindi, anche presso la località, in cui il soggetto trovasi attualmente detenuto.
Il riconoscimento de quo, nondimeno, potrà essere fatto dall’interessato soltanto dopo l’espletazione di rigorosi incombenti.
Il d.p.r. 3 novembre 2000 n. 396 (regolamento per la revisione e la semplificazione dell'ordinamento dello stato civile, a norma dell'articolo 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997 n. 127), infatti, uniformandosi alle (ed integrando le) previsioni contenute nell’art. 250 cod. civ., stabilisce per esempio che:
- “chi intende riconoscere un figlio naturale davanti all'ufficiale dello stato civile deve dimostrare che nulla osta al riconoscimento ai sensi di legge. Se il riconoscimento è fatto con atto distinto, posteriore alla nascita, e questa è avvenuta in altro comune, l'ufficiale dello stato civile deve acquisire direttamente la relativa documentazione ai sensi dell'articolo 21, comma 2” (art. 42, comma 1);
- “il riconoscimento del figlio naturale che non ha compiuto i sedici anni non può essere ricevuto dall'ufficiale dello stato civile in mancanza del consenso del genitore che lo ha riconosciuto per primo o della sentenza del tribunale per i minorenni che tiene luogo del consenso mancante. Il consenso può essere manifestato, anteriormente al riconoscimento, davanti ad un ufficiale dello stato civile o in un atto pubblico o in un testamento, qualunque sia la forma di questo, oppure può essere manifestato contestualmente al riconoscimento medesimo” (art. 45, comma 1).
La tutela legale è una misura di protezione e tutela degli interessi personali e patrimoniali dei soggetti interdetti legalmente. L'interdizione legale è una pena accessoria che viene inflitta alle persone condannate alla pena della reclusione per cinque anni o più.
Dunque, l’interdizione legale è una pena accessoria e nei casi espressamente previsti dalla legge una pena accessoria per i delitti di maggiore gravità che priva il condannato della capacità di agire. Come tutte le pene accessorie è una misura afflittiva che comporta una limitazione di capacità, attività o funzioni, ovvero “accresce l’afflittività della stessa pena principale che presuppone sempre la condanna ad una pena che sia l’ergastolo o la reclusione superiore a cinque anni”.
L’interdizione legale comporta l’impossibilità di esercitare i soli diritti di natura patrimoniale, cioè quelli relativi alla disponibilità e all’amministrazione dei beni, mentre l’interdetto conserva la titolarità dei diritti riguardanti la sua sfera personale (per fare un esempio concreto, la legge prevede che, l’interdetto legalmente non può vendere o acquistare un immobile. Egli può, invece, contrarre matrimonio, sporgere denuncia, querelare una persona, fare testamento, riconoscere un figlio anche se è sospesa la responsabilità genitoriale, in questo caso salvo diversa disposizione del giudice).
Direi quindi che il riconoscimento nei termini di legge di cui sopra sia possibile.
Per quello che riguarda il prenome l’art. 34 d.P.R. 396/2000, vieta che al bambino venga imposto lo stesso prenome del padre. Art. 262 c.c. Il terzo comma dell’articolo stabilisce che nel caso di minore età del figlio, anche quando questi abbia raggiunto i 14 anni richiesti per manifestare l’assenso al riconoscimento, la decisione circa l’assunzione del cognome paterno spetta, ai sensi dell’art. 38 disp. att., al tribunale dei minorenni, il quale decide in camera di consiglio sentito il P.M. con decreto motivato, reclamabile con ricorso alla sezione di Corte d’Appello per i minorenni.
Per cambiare nome o cognome bisogna presentare un'istanza al prefetto della provincia del luogo di residenza o di quello nella cui circoscrizione è situato l'ufficio dello stato civile dove si trova l'atto di nascita al quale la richiesta si riferisce.
28 maggio 2021 Roberto Gimigliano