Parco commerciale

Risposta al quesito dell'Avv. Elena Conte

Quesiti
di Conte Elena
18 Febbraio 2021

In data 30/04/2019 è stato rilasciato dal precedente responsabile SUAP un provvedimento unico relativo al rilascio di PDC per due strutture da adibire ad attività di medie strutture di vendite unitamente ad autorizzazione per Medie strutture di vendita di tipo M A/M (alimentari e non) e ME. Le due strutture di vendita insistono in una unica area funzionale con gli stessi ingressi (ex area adibita ad opificio) si vuole conoscere se per la situazione descritta si configura un parco commerciale, atteso che, per il rilascio del provvedimento di cui sopra non è stata seguita la procedura commerciale che norma gli insediamenti di parchi commerciali e ad oggi, siamo nella condizione di analizzare sia l'istanza pervenuta per una variante edile ad una delle due Medie strutture e sia l'istanza di un nuovo provvedimento unico per la realizzazione di una terza struttura da adibire a MC Drive che insiste sempre nella stessa area funzionale.

Risposta

Come è noto, un centro commerciale, ai sensi dell'art. 4 del D.lgs. 31 marzo 1998 n. 114 comma 1 lett. g), è una struttura fisico-funzionale concepita e organizzata unitariamente, a specifica destinazione d'uso commerciale, costituita da almeno due esercizi commerciali al dettaglio. Il centro commerciale può essere dotato di spazi e servizi comuni funzionali al centro stesso, che possono essere organizzati in superfici coperte o a cielo libero.

 

La distinzione tra aggregazioni di esercizi e centri commerciali è stata al centro di un articolato dibattito che ha visto le Regioni protagoniste nel tentare di elaborare discipline dettagliate in grado di arginare il proliferare di insediamenti costituiti da una pluralità di strutture apparentemente inserite in un unico contesto, ma in realtà prive di elementi quali struttura a destinazione specifica, infrastrutture comuni e gestione unitaria degli spazi di servizio che la normativa ritiene necessari per essere in presenza di un centro commerciale.

 

La distinzione non è solo teorica ma assume notevoli risvolti pratici quando si tratta di stabilire l’iter istruttorio a cui sono sottoposti i progetti relativi ad esercizi aggregati ma tuttavia indipendenti rispetto ai centri commerciali propriamente detti.

 

Di parco commerciale si parla anche in Campania, nella l.r. n. 1/2014 che considera “parco commerciale, l’aggregazione di medie o grandi strutture di vendita insistenti in immobili distinti e ricadenti nella medesima area territoriale e funzionale, che condividono la fruizione di un sistema di accessibilità comune, per cui, anche se contraddistinte da autonome autorizzazioni all’apertura, si configurano come un unico progetto commerciale”.

 

Ciò detto, la soluzione al quesito proposto, anche alla luce della vaga perimetrazione del concetto di centro commerciale, non appare semplice per cui è necessario far riferimento ai parametri individuati dalla giurisprudenza amministrativa sul tema.

 

Ebbene, con la sentenza n. 451 del 29/01/2014, il Consiglio di Stato si è espresso in merito alla differenza tra centro commerciale e aggregazione di medie strutture di vendita insediate nel medesimo contesto, ribaltando la decisione del giudice di primo grado e mantenendosi in linea con altri precedenti di analogo contenuto (cfr. Cons. St., Sez. V, 29/10/2009, n. 6686; Sez. IV, 6/5/2013, n. 2446). Nel caso all’esame del supremo Collegio, alcune imprese concorrenti avevano presentato ricorso davanti al TAR Sardegna impugnando la concessione edilizia rilasciata dal Comune, le due conseguenti autorizzazioni amministrative per l’apertura di due medie strutture di vendita per il settore alimentare e non alimentare, della superficie complessiva di mq. 1.730 e mq. 610. Secondo la tesi prospettata dalle ricorrenti, le illegittimità procedurali sarebbero riconducibili alla previsione, in luogo di due medie strutture di vendita separate e distinte, di un’unica struttura, realizzata su un unico lotto di proprietà del medesimo soggetto, in base ad un unico progetto edilizio, con elementi strutturali comuni, tali da configurare i collegamenti materiali e funzionali che caratterizzano il centro commerciale, con il conseguente obbligo di assoggettare la procedura di autorizzazione al ben più complesso iter della Conferenza di servizi. Questa interpretazione ha convinto il giudice di primo grado ma non il giudice d’appello che ha ritenuto il complesso commerciale riconducibile a due medie strutture separate e del tutto indipendenti. Elemento determinante – secondo il Consiglio di Stato – ai fini di stabilire la presenza di una struttura unitaria, risiede nel “contenuto del progetto” e non “nell’unitarietà dello “strumento” della progettazione e dell’autorizzazione alla realizzazione”. Tali caratteristiche di unitarietà progettuale non si evincono né dal Piano attuativo del comparto interessato, né dalla concessione edilizia, ove l’unico elemento di unificazione delle due medie strutture di vendita è dato dalla loro allocazione in uno stesso fabbricato, presentando per il resto, una totale autonomia nelle aree di carico/scarico, nei parcheggi e negli ingressi. Neppure l’attivazione di un gruppo elettrogeno comune assume rilievo sotto il profilo del collegamento materiale, dato che la messa in comune della fonte energetica è prassi frequente in ogni tipo di condominio di edifici. Anche dal punto di vista gestionale le cose non cambiamo: malgrado la titolarità delle due strutture faccia capo allo stesso gruppo societario, a seguito di un subingresso, non è ancora dimostrata l’unicità della gestione. Tale aspetto assume una valenza solo presuntiva, in quanto “non avvalorato da alcuna pratica commerciale comune (ad esempio, pubblicitaria) né da elementi materiali di collegamento a fini commerciali (quali la presenza di gallerie, di ingressi o di altre infrastrutture comuni), né da una gestione unitaria mirante ad economie di scala (ad esempio, nell’assunzione di personale o nella gestione comune di ordinativi, di contratti di somministrazione o di fornitura, di servizi di qualunque genere) da cui desumere un collegamento funzionale tra le due strutture”.

 

In conclusione, si ricorda il tenore dell’art. 21 nonies, prima comma, della legge n° 241/90 che sconsiglia, ratione temporis, di intervenire sul provvedimento primigenio a meno che non si appalesino chiari, precisi e concordanti indizi di profilo penale.

 

Art. 21-nonies. (Annullamento d'ufficio)


(si veda anche l'articolo 1, comma 136, della legge n. 311 del 2004)

1. Il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell'articolo 21-octies, esclusi i casi di cui al medesimo articolo 21-octies, comma 2, può essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole, comunque non superiore a diciotto mesi dal momento dell'adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato ai sensi dell'articolo 20, e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall'organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge. Rimangono ferme le responsabilità connesse all'adozione e al mancato annullamento del provvedimento illegittimo.

11 febbraio 2021                 Elena Conte

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