Approfondimento di Cosimo Damiano Zacà

All’opposizione, ma nel gruppo del Sindaco. La decisione del giudice.

Servizi Comunali Amministratori locali
di Zacà Cosimo Damiano
27 Novembre 2020

Approfondimento di Cosimo Damiano Zacà                                                                                                     

All’opposizione, ma nel gruppo del Sindaco. La decisione del giudice.

Cosimo Damiano Zacà

 

Il fatto

Un consigliere, risultato unico eletto in una lista la cui dicitura interna al logo riportava il nome del candidato alla carica di Sindaco, poi risultato eletto, a fine ciclo amministrativo, “abbandona” la maggioranza per passare nelle fila dell’opposizione continuando, però, a usare il nome del simbolo anche dopo il suo “passaggio”, formalizzato con apposita comunicazione regolarmente protocollata negli Uffici del Comune.

Un’anomalia politica che ha aperto anche un contenzioso a distanza tra il primo cittadino e il capogruppo della “sua” lista ormai in netto disaccordo con l’operato della compagine del governo cittadino.

(Il consigliere, più volte, è stato invitato a fare il cambio del gruppo consiliare, ma a questo ”invito” non ha ritenuto opportuno ottemperare).

Al Sindaco non va bene questa situazione e propone ricorso al giudice del Tribunale civile con i propri avvocati.

 

Accoglimento del ricorso

Il giudice della prima sezione civile del Tribunale, accoglie il ricorso ex art. 700 del c.p.c. del sindaco contro l’utilizzo del suo nome e della lista da parte del consigliere comunale e si riserva la decisione di merito rispetto al risarcimento del danno chiesto dal primo cittadino.

Sulla scorta di tale ordinanza, il consigliere non può più utilizzare il nome del Sindaco e della lista per contraddistinguere la sua attività politica e viene, altresì, condannato al pagamento delle spese di lite.

 

Motivazioni del giudice

Il provvedimento del giudice, partendo da una recente ordinanza della Cassazione (ordinanza n. 11635, depositata il 16 giugno 2020), evidenzia come, in relazione ai partiti politici, “la tutela dell’identità, riassunta nella denominazione e nei segni distintivi, rinviene il suo fondamento negli articoli 2, 21 e 49 della Costituzione ed esprime l’esigenza di evitare, proprio in relazione al dibattito pubblico, confusioni, quanto agli elementi che li caratterizzano come centri autonomi di espressione di idee e di azioni”.

Chiarisce il giudice, che il consigliere, con la sua esplicita dissociazione dalla maggioranza, ha generato nella collettività “confusione circa la riconducibilità al sindaco di affermazioni, determinazioni o posizioni politiche assunte dal resistente quale capo e unico componente del gruppo “Lista (nome del Sindaco) Sindaco”, ma in opposizione al primo cittadino originariamente sostenuto.

Poi, aggiunge, che la richiesta del ricorrente è fondata anche perché, il consigliere in questione non ha dimostrato “l’impossibilità giuridica – statutaria o regolamentare, di formalizzare il suo passaggio all’opposizione assumendo una diversa identità consiliare, onde salvaguardare la funzione identificativa del nome altrui, evocativa di ideali e iniziative politiche non più condivise”.

Per questi motivi, conclude il giudice è “indebito l’utilizzo da parte del consigliere, a partire dalla comunicazione relativa al passaggio all’opposizione, del nome e della lista del sindaco”.

In attesa della discussione nel merito al consigliere in questione, per continuare a difendere le proprie ragioni, non rimane altro che proporre reclamo al collegio nel termine perentorio di dieci giorni, decorrente dalla comunicazione dell’ordinanza medesima. 

25 Novembre 2020                   

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