Approfondimento di Vincenzo Giannotti

L’autorizzazione postuma non evita la sanzione al privato pari al doppio dei compensi corrisposti al dipendente pubblico

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di Giannotti Vincenzo
09 Novembre 2020

Approfondimento di Vincenzo Giannotti                                                                                      

L’autorizzazione postuma non evita la sanzione al privato pari al doppio dei compensi corrisposti al dipendente pubblico.

Vincenzo Giannotti

Nessun esimente al soggetto privato per il conferimento di un incarico extraistituzionale ad un dipendente pubblico, a nulla rilevando l’eventuale autorizzazione a quest’ultimo rilasciata successivamente dall’amministrazione con la formula sanante “ora per allora”. Infatti, a differenza dei procedimenti amministrativi, dove l’amministrazione pubblica ha la possibilità di far retroagire gli effetti giuridici sanando “ora per allora” gli atti amministrativi, non è possibile invece sanare ex post la mancata autorizzazione preventiva dell’ente necessaria per lo svolgimento di incarichi extra istituzionali dei dipendenti pubblici. A tali conclusioni è giunta la Cassazione (sentenza n.18206/2020) che, in riforma della sentenza dei giudici di appello, ha precisato che il disposto dell'art. 53, comma 9, d.lgs. 165/01, risulta diretto a sanzionare una violazione di carattere "formale", integrata cioè dal semplice fatto di un privato che abbia conferito un incarico a un dipendente pubblico senza avere ottenuto preventivamente l'autorizzazione dell'Amministrazione presso cui il medesimo presti servizio. Detto illecito non può, dunque, essere sanato da un'autorizzazione intervenuta successivamente (con effetti anche "ora per allora") al conferimento dell'incarico.

La vicenda

L’Agenzia delle Entrate, con ordinanza ingiunzione, ha sanzionato un soggetto privato per aver conferito un incarico legale ad un dipendente pubblico (professore universitario) senza la preventiva autorizzazione dell’amministrazione di appartenenza. Avverso l’ordinanza ingiunzione ha proposto opposizione il privato, rilevandone l’illegittimità in quanto il dipendente pubblico aveva ottenuto, dall’amministrazione di appartenenza, l'autorizzazione "ora per allora" per lo svolgimento dell'incarico legale conferito, chiedendo in via subordinata l’esimente per errore incolpevole sul fatto, non risultando la qualità di dipendente pubblico dell'avvocato, professore universitario, non avendo quest'ultimo mai comunicato tale sua qualità. Il giudice di pace adito e, successivamente il Tribunale in sede di appello, hanno riconosciuto valida l’autorizzazione rilasciata “ora per allora” con annullamento dell’ordinanza ingiunzione. Secondo i giudici di appello, l’autorizzazione rilasciata “ora per allora” non sarebbe una autorizzazione postuma che potrebbe far pensare a un'autorizzazione successiva al conferimento dell'incarico con efficacia ex nunc, bensì un'autorizzazione con formula "ora per allora" con effetti ex tunc equivalente a quella preventiva.

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo l’errore in cui sarebbero incorsi i giudici di appello, non consentendo la normativa una formula postuma di autorizzazione o formule sananti “ora per allora”.

La decisione della Cassazione

Va evidenziato in via preliminare come le disposizioni di cui all’art.53, comma 9, del Testo unico del pubblico impiego stabiliscono che “Gli enti pubblici economici e i soggetti privati non possono conferire incarichi retribuiti a dipendenti pubblici senza la previa autorizzazione dell'amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi.  Ai  fini dell'autorizzazione, l'amministrazione verifica l'insussistenza di situazioni, anche potenziali, di  conflitto di interessi. In caso di inosservanza si applica la disposizione dell'articolo 6, comma 1, del decreto legge 28  marzo  1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140,  e successive  modificazioni ed integrazioni (ndr ossia applicazione di una “sanzione pecuniaria pari al doppio degli emolumenti corrisposti sotto qualsiasi forma a dipendenti pubblici”). All'accertamento delle violazioni e all'irrogazione delle sanzioni provvede il Ministero delle finanze, avvalendosi della Guardia di finanza, secondo le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n.689, e successive modificazioni ed integrazioni. Le somme riscosse sono acquisite  alle entrate del Ministero delle finanze”.  Proprio a fronte di tali indicazioni normative, a seguito di riscontro della Guardia di Finanza, l’Agenzia delle Entrate ha emesso decreto ingiuntivo nei confronti del privato per il pagamento della sanzione prevista dalla normativa. Ora, secondo i giudici di Piazza Cavour, la normativa sugli impieghi pubblici non vieta l'espletamento di incarichi extraistituzionali retribuiti, ma li consente solo ove gli stessi siano conferiti dall'amministrazione di provenienza ovvero da questa "preventivamente autorizzati", rimettendo al datore di lavoro pubblico la valutazione della legittimità dell'incarico e della sua compatibilità, soggettiva e oggettiva, con i compiti propri dell'ufficio.

I giudici amministrativi, hanno da sempre escluso che possa essere concessa un'autorizzazione successiva con efficacia sanante (tra le tante Tar Emilia-Romagna Parma Sez. I, Sent., 17 luglio 2017, n. 263; Tar Emilia-Romagna Parma, Sez. I, 5 giugno 2017, n. 191; Tar. Calabria Reggio Calabria, sez. I, 14 marzo 2017, n. 195; Tar. Lombardia Milano, Sez. IV, 7 marzo 2013, n. 614). Infatti, se per gli atti amministrativi il legislatore non ha impedito che il momento di esercizio del potere amministrativo possa essere spostato in avanti in tutti i casi in cui sia ancora possibile effettuare le valutazioni che ne sono alla base (ad esempio autorizzazioni postume in relazione ad attività edilizie ovvero paesaggistiche), questo va escluso per gli incarichi extra-istituzionali dei dipendenti pubblici in quanto assolutamente incompatibile con la finalità dell'istituto della previa autorizzazione che, in base al disposto di cui all'art. 53, comma 7, d.lgs. n. 165 del 2001, è quella di verificare, necessariamente ex ante, l'insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi.

Nel caso di specie, le disposizioni di cui al citato comma 9 dell’art.53 sono tese a sanzionare una violazione di carattere "formale", integrata cioè dal semplice fatto di un privato che abbia conferito un incarico a un dipendente pubblico senza avere ottenuto preventivamente l'autorizzazione dell'Amministrazione presso cui il medesimo presti servizio. Detto illecito non può, dunque, essere sanato da un'autorizzazione intervenuta successivamente (con effetti anche "ora per allora") al conferimento dell'incarico. La Cassazione, giunge a tale conclusioni per due principali ragioni. La prima in quanto la norma fa esplicito riferimento ad una "previa autorizzazione" dell'incarico medesimo. La seconda ragione discende dal fatto che il potere sanzionatorio è attribuito all'Agenzia delle Entrate(in precedenza al Ministero delle Finanze) e non alla specifica Amministrazione cui appartenga il dipendente investito dell'incarico extra-istituzionale, altrimenti non si comprende come quale ragione la potestà punitiva sia affidata a un soggetto pubblico diverso da quello preposto a valutare la compatibilità tra l'incarico esterno e le normali funzioni istituzionali, in quanto titolare del potere di rilasciare l'autorizzazione.

Conclusioni

In accoglimento del ricorso dell’Agenzia delle Entrate e la causa deve essere rinviata ai giudici di appello, in diversa composizione, per la decisione in conformità ai principi di diritto sopra indicati.    

8 novembre 2020

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