Provvedimenti in materia di inclusione sociale e di accesso al mondo del lavoro
Comunicato stampa del Consiglio dei Ministri n. 32 del 1 maggio 2023
Accordo transattivo con il dipendente pubblico annullabile se in violazione di legge
Servizi Comunali Rapporto di lavoroApprofondimento di Vincenzo Giannotti
Accordo transattivo con il dipendente pubblico annullabile se in violazione di legge.
Vincenzo Giannotti
Nessun automatismo nel passaggio del personale degli enti locali nella categoria superiore, in mancanza di procedure selettive, né in caso di violazione del tale principio è possibile individuare, nella transazione tra la PA e il dipendente, il superamento della norma imperativa che impone il concorso pubblico o la selezione. Pertanto, in presenza di una transazione con il dipendente, ben può l’ente ricorrere contro il passaggio illegittimo e chiedere l’annullabilità dell’atto di disposizione. Sono queste le conclusioni cui è giunta la Cassazione (sentenza 20913/2020) che ha respinto le doglianze del dipendente sull’asserita immutabilità della transazione a suo tempo conclusa con l’ente locale.
La vicenda
Un dipendente appartenente all’area della vigilanza, ricorreva innanzi al giudice del lavoro al fine di vedersi riconoscere il passaggio alla categoria contrattuale superiore (dalla categoria C a quella giuridica D) a far data dall'entrata in vigore del nuovo CCNL di settore, avendo il medesimo dimostrato di essere in possesso dei requisiti previsti dall'art. 29 della preintesa siglata in data 7/7/2000 tra ARAN e sindacati, con relativa condanna del Comune al pagamento di tutte le spettanze economiche. In attesa della decisione del Tribunale le parti concludevano una transazione riconoscendo l’ente al dipendente l’inquadramento giuridico richiesto e la retribuzione corrispondente al nuovo inquadramento, con la rinuncia da parte del dipendente al 50% delle differenze retributive connesse al superiore inquadramento maturate nel periodo, sottoscrivendo il relativo verbale di conciliazione. Avverso la decisione l’ente locale ha presentato ricorso al giudice del lavoro al fine di far dichiarare l’illegittimità di tutti gli atti amministrativi presupposti della transazione di cui al verbale di conciliazione, ivi compresa la deliberazione di Giunta comunale che ha autorizzato la transazione. La decisione dell’impugnazione della transazione conclusa è discesa anche dallo specifico rilievo dei revisori dei conti, secondo i quali si nutrivano forti perplessità sulla legittimità della transazione in questione e che, in ragione di detto parere, il segretario Generale del Comune aveva invitato il Sindaco ad impartire direttive al fine di un provvedimento in autotutela. Il Sindaco, a sua volta, ha attribuito al Segretario generale la competenza ad adottare gli atti necessari al fine di dare esecuzione alla transazione (comprese le determinazioni relative alle corrispondenti assunzioni di spesa), atti che erano stati emanati e che avevano portato alla corresponsione al dipendente delle somme come determinate in sede di transazione. Ricevute le retribuzioni stabilite nell’atto di transazione, il dipendente ha presentato ricorso al giudice amministrativo in mancanza dell’esecuzione del passaggio alla categoria superiore D. Il TAR adito, ha dichiarato l’ottemperanza alla transazione con nomina del commissario ad acta che ha disposto non solo il superiore inquadramento ma anche il passaggio del dipendente alla categoria D3 a fronte delle progressioni di carriera medio tempore intervenute. Il Consiglio di Stato, adito dal Comune, ha riformato la sentenza dei giudici di primo grado, giudicando il ricorso del dipendente inammissibile per non avere la transazione giudiziale natura giurisdizionale per la cui esecuzione fosse possibile il giudizio di ottemperanza. La Corte di Appello, in riforma della sentenza del Tribunale di primo grado, precisando che: a) transazione giudiziale fosse assoggettabile come qualsiasi altro negozio giuridico alle azioni di nullità; b) alla stessa non poteva attribuirsi, pertanto, gli effetti di una sentenza passata in giudicato; c) nullità del riconosciuto inquadramento derivava dal limite imposto dall'art. 97 Cost. e dall'art. 35 del d.lgs. n. 165/2001 e dalle norme imperative che presiedono al reclutamento del personale ed anche dalla regola del concorso pubblico che vale anche per i passaggi alle categorie e fasce funzionali superiori. A fronte della nullità dichiarata dai giudici di appello ha presentato ricorso in Cassazione il dipendente, precisando che l’attribuzione della categoria superiore discendeva in via diretta dalla corretta applicazione della normativa contrattuale, avendo a tal fine il dipendente i requisiti necessari per il passaggio categoria D previsto, infatti, a seguito del nuovo CCNL "per il personale al quale con atti formali da parte dell'Amministrazione di appartenenza siano attribuite le funzioni di responsabile del servizio complessivo dell'intera area di vigilanza".
Passaggio alla categoria superiore secondo la Cassazione
I giudici di piazza Cavour rilevano in via preliminare come non esistere né può essere disciplinato in via contrattuale la sussistenza di un automatismo contrattualmente nell'attribuzione del livello D1. Proprio con riferimento alla corretta applicazione dell’art.29 del CCNL, il giudice di legittimità ha avuto modo di precisare che la disciplina legale del lavoro, alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, non consente inquadramenti automatici del personale, neppure in base al profilo professionale posseduto o alle mansioni svolte ed è stato, altresì, precisato che nel caso di passaggio da un'area di inquadramento ad altra superiore (come nella specie, da C a D), è richiesta, di norma, una procedura concorsuale pubblica con garanzia di adeguato accesso dall'esterno. Nel caso di specie, l'indicata disposizione contrattuale non si pone in contrasto con i richiamati principi e regole inderogabili, siccome si limita a disporre che le amministrazioni devono assumere le iniziative necessarie per realizzare il passaggio alla categoria D, posizione economica D1, del personale dell'area di vigilanza dell'ex 6a q.f., nel caso in cui, per il suddetto personale, ricorrano le condizioni individuate nelle medesime disposizioni contrattuali. In altri termini, la norma contrattuale demanda all'amministrazione l'assunzione delle "iniziative necessarie" per realizzare il suddetto passaggio di categoria, nonché l'istituzione nella dotazione organica dei corrispondenti posti della categoria superiore. Si tratta, quindi, di attività discrezionale dell’ente, il quale dovrà assumere tali iniziative al fine di attuare una “verifica selettiva” del personale interessato, previsione, quest'ultima, che non avrebbe ragion d'essere laddove il mero possesso del requisito previsto dall'accordo sindacale comportasse il diritto soggettivo al transito nella categoria superiore. Sul punto, d’altra parte, il ricorrente non ha censurato la sentenza impugnata per aver ritenuto non precluso al giudice, in presenza di una transazione giudiziale, l'accertamento della violazione di disposizioni inderogabili di legge.
Il valore della transazione giudiziale
Pertanto, se da un lato la transazione contenuta nella conciliazione giudiziale che ha posto fine alla lite a suo tempo promossa dal ricorrente, è sottratta, in quanto perfezionatasi in giudizio, al regime della impugnabilità di cui all'art. 2113 cod. civ. dall’altra parte rimangono esperibili le normali azioni di nullità e di annullamento dei contratti, rispetto alle quali l'intervento del giudice non può esplicare alcuna efficacia sanante o impeditiva. Nel caso di specie, quindi, il negozio dispositivo integra una mera rinuncia o transazione riguardo ai diritti già maturati, rispetto alle quali la dipendenza del diritto da norme inderogabili comporta appunto, in forza dell'art. 2113 cod. civ., l'eventuale mera annullabilità dell'atto di disposizione, ma non la sua nullità. In ragione, invece, dei diritti non sorti maturati che la preventiva disposizione può comportare la nullità dell'atto, poiché esso è diretto a regolamentare gli effetti del rapporto di lavoro in maniera diversa da quella fissata dalle norme di legge o di contratto collettivo.
Pertanto, gli effetti attribuiti al verbale di conciliazione giudiziale non possono, del resto, equipararsi a quelli di una sentenza passata in giudicato, bensì a quelli di un titolo contrattuale esecutivo, con la conseguenza che esso resta soggetto alle ordinarie sanzioni di nullità.
30 settembre 2020
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