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Ministro per la Pubblica Amministrazione – 23 maggio 2023
Preclusa ai regolamenti la disciplina del lavoro agile
Servizi Comunali Telelavoro - Lavoro agileApprofondimento di Luigi Oliveri
Preclusa ai regolamenti la disciplina del lavoro agile
Luigi Oliveri
Il suggerimento dato dall’articolo pubblicato su NT plus del 14.9.2020 dal titolo “Smart working, necessario un regolamento con e senza piano organizzativo” a firma di Consuelo Ziggiotto e Davide d'Alfonso, cioè “normare” con un regolamento lo smart working è da rigettare.
L’articolo promuove l’adozione di un regolamento, connesso al POLA (piano organizzativo del lavoro agile), sostanzialmente diviso in due parti. Una prima, connessa alla definizione delle attività compatibili con lo smart working ed ai criteri per accogliere le domande degli interessati, nonché per stabilire le modalità di rotazione tra essi. Una seconda, che disciplini dalla “gestione del rapporto di lavoro individuale, alla regolazione delle fasce di contattabilità, all'individuazione degli istituti contrattuali applicabili, all'eventuale disciplina del buono pasto”.
Ebbene, se di qualcosa si può essere certi è che sicuramente queste materie non sono e non debbono essere oggetto di alcun regolamento.
La dottrina appare molte volte contagiata dalla malattia della “regolamentite”, che affligge da sempre le amministrazioni locali, inclini ad approvare regolamenti su tutto lo scibile, con l’effetto, spesso, di duplicare norme primarie, incrementare il già incommensurabile plafond delle norme vigenti, complicare la gestione, spesso anche contraddire le norme primarie, ingerirsi in materie del tutto estranee.
Con riferimento al lavoro agile, il giuslavorista Pietro Ichino ha messo, argutamente, in guardia dal pericolo di un eccesso di normazione, che già si avverte dagli intenti enunciati dal Governo, la cui mira è estendere alquanto le disposizioni contenute dalla legge 81/2017.
L’effetto deleterio sarebbe trasformare un istituto il cui scopo è dettare linee generali per la sottoscrizione di accordi contrattuali individuali tra datore e lavoratore, finalizzati a conciliare nuovi metodi organizzativi e misurabilità dell’attività, con più ampia flessibilità oraria, delle mansioni e dematerializzazione del luogo di lavoro. Più regole specifiche si dettano, meno, ovviamente, si coglie l’obiettivo primario dello smart working: la flessibilità adattativa alle esigenze reciproche di datore e lavoratore.
In particolare, non si deve dimenticare che trattandosi di una disciplina volta a dettare regole generali sull’organizzazione e sulle modalità di effettuazione della prestazione, essa nulla ha a che vedere con la funzione di regolazione.
Il regolamento vale per la macro organizzazione. Lo smart working è, invece, attività di gestione mi micro organizzazione, anzi di diretta disciplina del rapporto di lavoro.
Si debbono, allora, ricordare le previsioni dell’articolo 2 del d.lgs 165/2001. Il cui comma 2, dispone: “I rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, fatte salve le diverse disposizioni contenute nel presente decreto, che costituiscono disposizioni a carattere imperativo”; e il comma 3 chiarisce: “I rapporti individuali di lavoro di cui al comma 2 sono regolati contrattualmente”.
Il POLA è l’atto di organizzazione col quale indicare quali siano le attività lavorative compatibili col lavoro agile, alla luce dell’analisi dei mezzi di realizzazione e delle fasi necessarie; ed è l’atto col quale indicare l’obiettivo percentuale possibile, nonché i criteri perché i lavoratori accedano al lavoro agile. Per quanto sia un documento di carattere generale, che accede, negli enti locali al Dup, esso ha carattere tecnico ed è di matrice integralmente datoriale, tanto è vero che è assoggettato dall’articolo 14, comma 1, novellato, della legge 124/2015, alla relazione sindacale innominata della consultazione (le amministrazioni redigono il POLA, infatti, “sentite le organizzazioni sindacali”. E’, quindi, escluso qualsiasi spazio ad un regolamento.
Meno ancora è sostenibile che sia un regolamento a poter intervenire proprio nella gestione del rapporto di lavoro individuale, disciplinando le fasce di contattabilità, l'individuazione degli istituti contrattuali applicabili, l'eventuale disciplina del buono pasto.
La gestione del rapporto individuale è riservata dalla legge ai contratti, come visto prima. E, nel caso del lavoro agile, tale riserva è ribadita dalla legge 81/2017: la fonte della disciplina del lavoro agile nella PA, a partire dall’1.1.2021, tornerà ad essere l’accordo individuale, non certo un regolamento.
Infine, un regolamento nulla può e deve dire in merito alla questione del buono pasto, posto che si tratta di questione affrontata già dalla contrattazione nazionale collettiva, che individua la facoltà di attivarli come decisione unilaterale di tipo datoriale: il che esclude l’esercizio delle funzioni di programmazione politico-amministrativa proprie degli organi di governo, delle quali la potestà regolamentare è espressione tipica.
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