Approfondimento di Vincenzo Giannotti

Il ritardo dell’assunzione del dipendente disoccupato va risarcito dalla PA con le differenze retributive

Servizi Comunali Trattamento economico
di Giannotti Vincenzo
08 Settembre 2020

Approfondimento di Vincenzo Giannotti                                                                                                

Il ritardo dell’assunzione del dipendente disoccupato va risarcito dalla PA con le differenze retributive.

Vincenzo Giannotti

La mancata immissione in ruolo di un dipendente pubblico, per provvedimento illegittimo della PA, non comporta il pagamento delle differenze retributive, per il periodo non riconosciuto nei successivi atti di assunzione, ma è oggetto di un danno risarcibile. Danno che può essere correttamente valutato dal giudice di merito nelle retribuzioni perse se, nel periodo di inadempimento, il dipendente leso non abbia percepito alcuna retribuzione. Sono queste le conclusioni cui è giunta la Cassazione con l’ordinanza n.16665/2020.

La vicenda

A fronte della disponibilità di nove cattedre di insegnamento, l’Ufficio scolastico ha proceduto alla convocazione di nove candidati, utilmente classificati nella graduatoria, per l’assunzione a tempo indeterminato. Tuttavia, in sede di nomina, l’Ufficio scolastico, erroneamente scomputando il personale già di ruolo per la copertura delle cattedre vacanti, ha nominato solo sette dei nove idonei. Una delle due candidate escluse ha presentato ricorso straordinario al Capo dello Stato, ricorso che è stato accolto mentre la ricorrente risultava già assunta nel 2004. Veniva, pertanto, disposta l’integrale retrodatazione degli effetti giuridici al 1.9.2001 e parzialmente di quelli economici al 1.9.2004. In ragione della perdita economica subita nel periodo 2001 al 2004, la dipendente ha presentato ricorso al giudice del lavoro. La Corte di appello, in riforma della sentenza di primo grado, ha quantificato il danno risarcibile pari alla differenza delle retribuzioni non ricevute senza detrarre le indennità di disoccupazione percepite nel frattempo trattandosi di somme da restituire all'istituto previdenziale.

Il MUIR con il ricorso in Cassazione ha evidenziando come, per costante giurisprudenza di legittimità ed amministrativa, in caso di tardiva assunzione non poteva ritenersi sussistente il diritto alla percezione delle retribuzioni nel periodo non lavorato.

La conferma della sentenza

I giudici di Piazza Cavour, in via preliminare, hanno precisato che, nel caso di specie, si è in presenza di una responsabilità contrattuale (ex art.1218 c.c.), poiché gli effetti che il Ministero era obbligato a realizzare, in favore della controparte (immissione in ruolo), non si sono realizzati quando dovevano esserlo. Ora, la costituzione del rapporto di lavoro, avvenuta solo successivamente, comporta che, prima di tale momento, il rapporto non possa dirsi esistente, se non per quegli effetti che il provvedimento o l'atto facciano espressamente retroagire. In tale ipotesi, il rimedio all'inadempimento, prima dell'effettivo sopravvenire della fattispecie costitutiva, non può che essere risarcitorio, perché la costituzione successiva di un rapporto non può essere paragonata all'esistenza sin dall’origine del medesimo rapporto di lavoro che all'epoca non esisteva ancora. Pertanto, rispetto agli effetti per i quali il menzionato provvedimento costitutivo non stabilisca esplicitamente la retroazione, non può ammettersi azione di adempimento, ma solo l’azione per il risarcimento del danno. Nel caso di specie, va accolto l’orientamento secondo cui «in materia di impiego pubblico contrattualizzato, in caso di tardiva assunzione con retrodatazione giuridica dovuta a provvedimento illegittimo della P.A., non sussiste il diritto del lavoratore al pagamento delle retribuzioni», ma solo al risarcimento del danno (tra le tante Cass. 13940/2017). Di conseguenza, se da un lato non esiste il diritto del lavoratore al pagamento delle differenze retributive, dall’altro esiste pur sempre un risarcimento del danno per equivalente. La quantificazione di quest’ultimo consiste nel pregiudizio sofferto dal lavoratore rimasto privo di occupazione con relativa perdita delle retribuzioni che avrebbe percepito ove fosse stato assunto dalla P.A. oppure, nel caso di una sua occupazione, alla differenza delle condizioni economiche meno favorevoli di quelle che si sarebbero avute se vi fosse stato adempimento all'obbligo di immissione in ruolo.

In conclusione, per la Cassazione, la Corte di appello ha correttamente valutato il danno risarcibile commisurandolo alle retribuzioni perse nel periodo di disoccupazione della ricorrente.

6 settembre 2020

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