Approfondimento di Mario Petrulli

L’operatività del silenzio-assenso nel caso di permesso di costruire convenzionato

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di Petrulli Mario
27 Agosto 2020

Approfondimento di Mario Petrulli                                                                      

L’OPERATIVITÀ DEL SILENZIO-ASSENSO NEL CASO DI PERMESSO DI COSTRUIRE CONVENZIONATO

Mario Petrulli

 

Poiché il permesso di costruire convenzionato richiede un intervento discrezionale da parte del Consiglio Comunale, si potrebbe trarre la conclusione che per il rilascio del titolo edilizio non sia applicabile la disciplina del silenzio-assenso ma sia necessario un provvedimento espresso adottato dal responsabile dell’ufficio tecnico comunale; in realtà, come avremo modo di chiarire, non è così e l’istituto del silenzio-assenso può operare comunque, sia pur con un limite (o, per meglio dire, un presupposto) ben preciso.

L’art. 28 bis comma 6 del Testo Unico Edilizia[1] stabilisce che “il procedimento di formazione del permesso di costruire convenzionato è quello previsto dal capo II del Titolo II della presente parte”, con ciò richiamando espressamente l’applicazione della disciplina prevista dall’art. 20 del medesimo Testo Unico, che regolamenta il procedimento per il rilascio del permesso di costruire; detta disposizione, in particolare, prevede al comma 8 che “decorso inutilmente il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo, ove il dirigente o il responsabile dell’ufficio non abbia opposto motivato diniego, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio-assenso, fatti salvi i casi in cui sussistano vincoli relativi all’assetto idrogeologico, ambientali, paesaggistici o culturali”.

Anche se il succitato art. 28 bis sembra avere prima facie una portata generale attraverso il richiamo secco alla disciplina del Testo Unico relativa al procedimento di formazione del permesso di costruire, senza alcun limite di compatibilità, in realtà la norma distingue i due momenti del convenzionamento e della formazione del titolo edilizio, che sono soggetti, stante anche la loro diversità funzionale, ad una disciplina differenziata; il comma 2 di detta disposizione, infatti, prevede che “la convenzione, approvata con delibera del consiglio comunale, salva diversa previsione regionale, specifica gli obblighi, funzionali al soddisfacimento di un interesse pubblico, che il soggetto attuatore si assume” e, quindi, che ciò avviene “ai fini di poter conseguire il rilascio del titolo edilizio, il quale resta la fonte di regolamento degli interessi”.

Da un lato, pertanto, la norma in esame contempla la convenzione edilizia quale momento consensuale propedeutico alla formazione del titolo edilizio, che consente la strutturazione di un rapporto giuridico tra la parte privata (il richiedente il titolo edilizio) e l’amministrazione pubblica (l’ufficio tecnico comunale, nella persona del responsabile) relativamente a profili collaterali al contenuto abilitativo del permesso di costruire[2].

Si tratta di un atto che, a prescindere dalla natura giuridica che gli si voglia riconoscere, è soggetto alla preliminare approvazione da parte del Consiglio Comunale e alla stipula nelle forme proprie del negozio giuridico privatistico (art. 28 bis, comma 3), costituendo esso, a termini di legge, il presupposto necessario al fine di poter conseguire il rilascio del permesso di costruire a favore del richiedente.

Dall’altro lato, vi è invece la fase propriamente procedimentale rappresentata dalla formazione, anche per silentium, del titolo abilitativo vero e proprio, che segue la disciplina generale di cui all’art. 20 del Testo Unico, ed è finalizzata alla verifica della compatibilità dell’opera da insediare con le scelte operate dalla pianificazione dell’ente locale e con le regole edilizie che governano le attività di trasformazione del territorio.

La disposizione esaminata, pertanto, coordina, nell’ambito della definizione di un istituto complesso qual è il permesso di costruire convenzionato, due strumenti giuridici differenti tanto nella funzione che nella natura (atto consensuale v. atto provvedimentale), rispetto ai quali, nonostante la genericità del rimando normativo operato dal citato art. 28 bis del Testo Unico, non può postularsi una disciplina omogenea.

Da ciò deriva, quindi, come efficacemente evidenziato dalla recente giurisprudenza[3], che l’istituto propriamente acceleratorio del silenzio-assenso possa trovare applicazione solo con riguardo al “momento provvedimentale” successivo alla stipula della convenzione, relativo all’emanazione del titolo edilizio (ossia, il permesso di costruire) sulla base delle regole generali che presiedono alla sua formazione: solo con riferimento a tale fase, e non anche a quella convenzionale, può ritenersi operante il richiamo alla disciplina dell’art. 20 del Testo Unico e postularne l’applicazione in termini generali, con riferimento sia all’emanazione espressa del permesso di costruire, sia alla sua formazione tramite silenzio assenso. Ne consegue che quest’ultimo potrebbe operare soltanto una volta che la convenzione (rectius, il suo schema) sia stata preliminarmente approvata dall’organo consiliare e poi stipulata nelle forme proprie dell’atto negoziale, ma non quando detti adempimenti non siano stati effettuati.

Se la convenzione non è stata sottoscritta, la medesima non esiste e non può produrre alcun effetto giuridico, né tantomeno quello di porre obbligazioni a carico del privato funzionali al soddisfacimento di un interesse pubblico: in assenza di tale necessario presupposto, quindi, non è possibile procedere all’emanazione del titolo edilizio né a maggior ragione prospettarsi la sua formazione per silentium.

25 agosto 2020

 

[1] DPR n. 380/2001.

[2] TAR Piemonte, sez. II, sent. 26 settembre 2016, n. 1165, secondo cui “il permesso di costruire convenzionato ha la funzione di assicurare una disciplina accessoria del permesso di costruire, andando oltre la dimensione provvedimentale e consentendo di strutturare e regolare un rapporto di durata che rende più articolata la relazione giuridica tra il richiedente e l’amministrazione comunale, nonché risolvendo i problemi di disciplina che nella prassi erano inadeguatamente risolti mediante clausole unilaterali atipiche apposte al titolo edilizio”.

[3] TAR Piemonte, sez. II, sent. 22 agosto 2020, n. 514.

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