Approfondimento sulle modifiche al Codice dei Contratti previste dal “Dl Infrastrutture”
ANCI – 29 maggio 2025
Il conflitto di interessi anche potenziale nella nomina della commissione di concorso travolge l’intera procedura
Servizi Comunali Procedimenti amministrativi Procedure selettiveApprofondimento di Vincenzo Giannotti
Il conflitto di interessi anche potenziale nella nomina della commissione di concorso travolge l’intera procedura.
Vincenzo Giannotti
Il Consiglio di Stato (sentenza n.4622/2020) affronta la delicata questione del conflitto di interessi nei concorsi pubblici, non esistendo una norma specifica in materia di astensione, risultando quindi applicabili i principi generali in materia di azione amministrativa. Il caso specifico ha riguardato la competenza, di un dirigente a contratto, nella nomina della commissione esaminatrice di una procedura di mobilità volontaria terminata con esito negativo, potendosi il medesimo giovare, in questo caso di ambire a ricoprire successivamente il posto vacante, con un nuovo contratto a tempo determinato. A differenza dei giudici amministrativi di primo grado, e dei giudici penali che non hanno considerato alcun conflitto di interesse, avendo agito il dirigente secondo le competenze proprie del ruolo dirigenziale rivestito, i giudici amministrativi di appello hanno, invece, dimostrato che tale conflitto esistesse, anche se solo potenziale, con conseguente annullamento dell’intera procedura di mobilità espletata.
La vicenda
Un segretario iscritto all’Albo ha partecipato ad una procedura di mobilità volontaria indetta da una Provincia per la copertura di sei posti dirigenziali nei ruoli amministrativi. Alla procedura hanno partecipato in totale otto candidati, tutti risultati non idonei, dando la possibilità all’ente di attivare rimedi alternativi alla copertura dei posti dirigenziali rimasti vacanti.
Avverso la determinazione di esito negativo il Segretario ha presentato ricorso e, tra le varie motivazioni, quella centrale ha riguardato un potenziale conflitto di interessi da parte del dirigente a contratto alle risorse umane che ha disposto la nomina della Commissione di esaminatrice per il concorso di mobilità volontaria. A dire, infatti, del Segretario il dirigente a contratto aveva un interesse specifico che il concorso fallisse (come in effetti è avvenuto) avendo nel frattempo lo stesso dirigente a contratto presentato la sua domanda di partecipazione alla selezione per le assunzioni a tempo determinato, assunzione che presupponeva proprio l’assenza di vincitori al concorso oggetto della presente procedura per cui è giudizio. In questo caso, ha sostenuto il Segretario ricorrente che ambiva al posto di dirigente della Provincia, si sarebbe in presenza di incompatibilità del dirigente a contratto che lo avrebbe dovuto condurre ad un dovere di astensione con la conseguenza che, non avrebbe potuto procedere alla nomina della Commissione, con necessaria caducazione dell’intero procedimento selettivo.
I giudici amministrativi di primo grado hanno considerato inammissibile ed infondata la censura relativa ad un presunto conflitto di interessi relativamente alla posizione del controinteressato dirigente a contratto, atteso che lo stesso ha partecipato alla medesima procedura concorsuale ed è stato a sua volta giudicato non idoneo, tenuto peraltro conto che l’Amministrazione provinciale avrebbe ben potuto conferire direttamente l’incarico a tempo determinato al dirigente, di cui se ne predica il conflitto di interessi, prescindendo del tutto dalla procedura di mobilità, che è configurata dalla legge come meramente facoltativa.
Il segretario estromesso, e giudicato inidoneo alla procedura di mobilità volontaria, ha impugnato davanti il Consiglio di Stato la sentenza di primo grado, dichiarandone l’erroneità e sostenendo i medesimi motivi contenuti nel ricorso di primo grado.
La riforma della sentenza
Nonostante la procedura sia finita nel giudizio penale risoltosi con l’assoluzione disposta dalla Corte d’appello, l’Alto Consesso amministrativo, investito del ricorso, lo ha giudicato fondato, dichiarando illegittima la nomina della commissione esaminatrice del concorso di mobilità esterna in quanto, il dirigente a contratto aveva un interesse specifico che il concorso fallisse (come in effetti è avvenuto) avendo nel frattempo lo stesso presentato la sua domanda di partecipazione alla selezione per le assunzioni a tempo determinato, assunzione che presupponeva proprio l’assenza di vincitori al concorso oggetto della procedura oggetto di impugnazione.
I giudici amministrativi di appello hanno evidenziato, in via preliminare, come non sussiste in materia di pubblici concorsi una norma specifica in materia di astensione/ricusazione, risultando quindi applicabili i principi generali in materia di azione amministrativa e, per analogia, le norme settoriali vigenti. Per i primi assumono rilievo diretto i principi costituzionali (di cui principalmente all’art. 97) recepiti e sviluppati nella L. n. 241-1990 (soprattutto all’art. 1 e, poi, anche all’art. 6-bis introdotto dalla legge anticorruzione n. 190-2012, che ha normato il principio in materia di conflitto di interessi). Per i secondi occorre richiamare l’art. 51, commi 1 e 2, e 52 c.p.c., specificamente dettati per i giudici, in regime processuale. In merito a questi ultimi l’evoluzione giurisprudenziale ha identificato limiti ulteriori estendendo il principio di astensione tutte le volte che possa manifestarsi un sospetto, consistente, di violazione dei principi di imparzialità, di trasparenza e di parità di trattamento, (comunque inquadrabile nell’art. 51, comma 2, c.p.c.). In altri termini, secondo Il Consiglio di Stato, tutte le volte che sia ipotizzabile un potenziale conflitto di interessi, il soggetto giudicante si deve astenere, in caso contrario riverberandosi la mancata astensione sulla legittimità del provvedimento adottato. E’ stato, infatti, precisato come vi sia conflitto di interessi non solo in termini di grave inimicizia (caso espressamente previsto dall’art. 51, comma 3, c.p.c.) nei confronti di un candidato, ma anche in tutte le ipotesi di peculiare amicizia o assiduità nei rapporti (personali, scientifici, lavorativi, di studio), rispetto ad un altro concorrente, in misura tale che possa determinare anche solo il dubbio di un sostanziale turbamento o offuscamento del principio di imparzialità (caso non previsto dall’art. 51, comma 3, c.p.c.).
In materia di concorsi pubblici il dovere di astensione riguarda anche chi è chiamato ad espletare compiti di natura gestionale, ex art. 6-bis L. n. 241-1990, aggiunto dall’art. 1, comma 41, l. 6 novembre 2012, n. 190 (c.d. legge anticorruzione). Al fine di poter identificare anche solo un potenziale conflitto di interessi, si deve essere in presenza di atti aventi natura discrezionale e non vincolati. Nel caso di specie l’atto di nomina della Commissione di concorso rientra a pieno titolo negli atti aventi natura discrezionale, dovendo il dirigente effettuare apprezzamenti soggettivi che ben possono, anche solo in astratto, essere condizionati dal fatto che chi concorre all’adozione dell’atto versa nella vicenda con un interesse personale. In altre parole, lo stesso riferimento al conflitto, anche solo potenziale, vale a dimostrare un’esplicita volontà̀ del legislatore di impedire ab origine il verificarsi di situazioni di interferenza, rendendo assoluto il vincolo dell’astensione, a fronte di qualsiasi posizione che possa, anche in astratto, pregiudicare il principio di imparzialità. In definitiva, secondo i giudici amministrativi di appello, l’obbligo di astensione non ammette deroghe ed opera per il solo fatto che il dipendente pubblico risulti portatore di interessi personali che lo pongano inequivocabilmente in conflitto con quello generale affidato all’Amministrazione di appartenenza.
Nel caso di specie, non vi può essere alcun dubbio che il dirigente a contratto fosse inequivocabilmente portatore di un interesse contrario al buon esito della procedura selettiva oggetto del presente giudizio (che, infatti, si è conclusa senza alcun vincitore) con la conseguenza che, sul piano amministrativo, aveva l’obbligo di astenersi dal compiere atti discrezionali incidenti sul procedimento selettivo, stesso, quale la nomina di una commissione di concorso.
A differenza di quanto statuito dal tribunale amministrativo di primo grado, il dirigente a contratto non ha partecipato al concorso di mobilità volontaria al quale hanno partecipato il ricorrente e gli altri concorrenti, tutti dichiarati inidonei; ha partecipato invece, e con successo, alla selezione per assunzioni triennali ex art. 110 TUEL indetta contemporaneamente per l’eventualità che avesse avuto esito negativo il predetto concorso di mobilità volontaria.
Sulla nomina della Commissione
Una importante annotazione, in merito alla nomina della commissione di concorso, è stata indicata dal Consiglio di Stato. E’ stato, infatti, stigmatizzato come il provvedimento di nomina della commissione di concorso, sia un provvedimento delicato sul piano delle scelte da effettuare e fondamentale per l’andamento del concorso, attesa la nota giurisprudenza amministrativa che nega la sindacabilità delle valutazioni finali delle commissioni di concorso (salvo che ricorrano profili macroscopici), il che rende evidente la necessità di sceglierne i membri in modo che sembri imparziale e scongiuri ogni rischio di parzialità, a prescindere dalla dimostrazione concreta che la scelta sia stata effettivamente parziale e volta a pilotare l’esito del concorso (che spetta, invece, alla giurisdizione penale eventualmente accertare).
Conclusioni
Per il Consiglio di Stato, pertanto, il ricorso deve essere accolto in ragione del conflitto di interessi con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati.
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Presentata dalla dott.ssa Grazia Benini e da Gioele Dilevrano
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