Approfondimento sulle modifiche al Codice dei Contratti previste dal “Dl Infrastrutture”
ANCI – 29 maggio 2025
Estensione della carreggiata stradale: gli effetti sulle occupazioni di suolo pubblico
Servizi Comunali Codice della strada Tassa occupazione spazi e aree pubbliche - TOSAPApprofondimento di Michele Deodati
Estensione della carreggiata stradale: gli effetti sulle occupazioni di suolo pubblico
Michele Deodati
Un Comune ha negato ad una società attiva nella somministrazione di alimenti e bevande, il permesso di occupazione di area pubblica, e il T.A.R., adito dalla richiedente, ha annullato il provvedimento ritenendolo illegittimo. Di qui l’appello al Consiglio di Stato da parte del Comune, che con la sentenza n. 3672 del 9 giugno 2020, lo ha accolto. Il diniego ha trovato il suo fondamento nella circostanza, rilevata a più riprese dalla Polizia municipale, per cui la piattaforma lignea di pertinenza del locale ad uso degli avventori occupava la carreggiata. La società, dal canto suo, ha ribattuto affermando che dalla documentazione fotografica si evince come la pedana sia posta in uno slargo separato dalla carreggiata.
La nozione di carreggiata e sua delimitazione
Il Collegio d’appello è partito dalla ricostruzione del dato normativo, al fine di risolvere la controversia focalizzandosi sul punto centrale, che è la nozione di “carreggiata” e la catalogazione come tale o meno della porzione di suolo pubblico su cui insiste il manufatto. In base all’art. 20 del d. lgs. 30 aprile 1992 n. 285, “Sulle strade di tipo A), B), C) e D) è vietata ogni tipo di occupazione della sede stradale, ivi compresi fiere e mercati, con veicoli, baracche, tende e simili; sulle strade di tipo E) ed F) l'occupazione della carreggiata può essere autorizzata a condizione che venga predisposto un itinerario alternativo per il traffico ovvero, nelle zone di rilevanza storico-ambientale, a condizione che essa non determini intralcio alla circolazione” (comma 1).
La norma – secondo il Giudice d’appello – esclude la possibile coesistenza tra una viabilità “aperta” e il mantenimento di occupazioni di suolo pubblico, giusta la comprensibile pericolosità che ne deriverebbe per l’una e per le altre. Fuori da ogni contestazione è invece l’ingombro del marciapiede, anche parziale, ai fini di valutare possibili ricadute sul transito pedonale, in quanto la pedana si colloca oltre il marciapiede. Ancora sul fronte normativo, rileviamo che l’art. 3 del Codice della strada, contenente le definizioni stradali e di traffico, al n. 7 si occupa della “carreggiata” declinata come la «parte della strada destinata allo scorrimento dei veicoli; essa è composta da una o più corsie di marcia ed, in genere, è pavimentata e delimitata da strisce di margine». A contrario, la corsia di marcia fa parte della carreggiata ed è normalmente delimitata da segnaletica orizzontale.
Per il Tribunale, è stata ritenuta sufficiente la presenza di barriere di tipo new jersey, posizionate per separare fisicamente e in sicurezza la pedana dalla corsia. Ma il Consiglio di Stato non ha condiviso queste conclusioni, ritenendo che proprio la visualizzazione del contesto confermi inequivocabilmente l’ubicazione della piattaforma sulla carreggiata, ovvero in area ove ciò non è consentito, salvo l’avvenuta creazione di itinerari alternativi per il traffico, come tipicamente avviene mediante l’istituzione di un’area pedonale urbana. In mancanza di interventi strutturali e anche segnaletici, la pedana oggetto di controversia costituisce un vero e proprio ostacolo fisico alla circolazione, in quanto ricavata da una fetta di strada protetta dai veicoli con una barriera di cemento.
Misure per ridurre le dimensioni della carreggiata: no alla temporaneità
Al contrario, ove l’Amministrazione avesse voluto ridurre le dimensioni della carreggiata, avrebbe dovuto farlo in maniera simmetrica, e non frammentata, provvedendo con interventi strutturali, o anche segnaletici, purché supportati da atti formali recanti la relativa disciplina, di cui i secondi costituiscono la mera pubblicizzazione. È evidente che tale finalità non poteva essere conseguita in fatto prolungando l’area interdetta al transito con un’ambigua striscia di colore giallo, di difficile decifrabilità dagli stessi utenti della strada. A sostegno di quest’ultimo assunto, il Collegio richiama la disciplina contenuta nell’art. 141 del Regolamento di esecuzione del Codice della strada, a mente del quale sono descritte le caratteristiche della segnaletica orizzontale volta a delimitare il margine della carreggiata, disciplinandone nel dettaglio le dimensioni e, soprattutto, il colore, che deve essere inderogabilmente bianco; egualmente di colore bianco deve essere la striscia trasversale di arresto, che deve collegare il margine della carreggiata con la striscia longitudinale di separazione dei sensi di marcia ovvero, nei sensi unici, con l'altro margine della carreggiata (art. 144 del medesimo regolamento). Per contro, l’utilizzo del colore giallo è utilizzabile solo per la segnaletica di cantiere, allo scopo di segnalarne la temporaneità. Così infatti l’art. 35, che stabilisce il colore giallo per i segnali orizzontali temporanei.
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Presentata dalla dott.ssa Grazia Benini e da Gioele Dilevrano
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