Posizione assicurativa dipendente e sospensione cautelare procedimento penale, con sentenza di assoluzione
Risposta del Dott. Giancarlo Menghini
massima
In materia di enti pubblici, va detto che il Comune in veste di P.a., ha per motivi di pubblico interesse, di ordine pubblico e sicurezza o di igiene e sanità pubblica, la facoltà di trasferire o modificare l'assetto del mercato, posteggi fuori mercato e fiere. Al riguardo il Comune consulta le organizzazioni e le associazioni interessate e definisce congrui termini per le nuove collocazioni.
Pubblicato il 19/04/2017
N. 01817/2017REG.PROV.COLL.
N. 08022/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8022 del 2014, proposto da:
(OMISSIS), rappresentati e difesi dagli avvocati Paolo Sanchini e Stefano Viti, con domicilio eletto presso lo studio Stefano Viti in Roma, piazza della Libertà, 20
contro
Comune di Firenze, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Debora Pacini e Andrea Sansoni, con domicilio eletto presso lo studio G. Lepore in Roma, via Polibio, 15;
Ministero per i beni e le attività culturali e il turismo – Soprintendenza per i beni architettonici, paesaggistici, storici, artistici ed etnoantropologici per le province di Firenze, Pistoia e Prato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Ministero dell'interno non costituito in giudizio
nei confronti di
Società A. s.p.a., Società A. L. s.c.a r.l., Società A. G. s.r.l.;
F. A.;
G. S. non costituiti in giudizio
per la riforma della sentenza del T.A.R. della Toscana, Sezione II, n. 222/2014
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Firenze e del Ministero per i beni e le attività culturali e il turismo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 febbraio 2017 il Cons. Claudio Contessa e uditi per le parti gli avvocati Paolo Sanchini e Andrea Sansoni.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue
FATTO
Gli appellanti signori (OMISSIS) riferiscono di essere in parte titolari di concessione di posteggio, rilasciate dal Comune di Firenze per il commercio su aree pubbliche di generi non alimentari, ubicate nel cd. raggruppamento (............), fronte Basilica, e in parte di svolgervi detta attività in forza di contratti d’affitto d’azienda con i titolari delle autorizzazioni.
Con deliberazione del Consiglio comunale n. 68 del 22 dicembre 2011 si stabiliva di modificare l'area del mercato destinata al raggruppamento turistico di (............) e piazza (............), limitatamente all'area di mercato circoscritta alla zona di piazza (............), (............) e piazza (............), individuando in via preferenziale, quale aree mercatali ove realizzare il trasferimento, entro il 15 aprile 2012, la piazza del (............) e, in seconda istanza, la piazza (............), nonché di stabilire in tre mesi mezzo, decorrenti dal 1° gennaio 2012, il termine per il trasferimento, ai sensi dell'art. 40, comma 7, della legge regionale Toscana n. 28 del 2005.
In esecuzione della predetta deliberazione, i ricorrenti ricevevano la notifica della determinazione dirigenziale n. 12091 del 29 dicembre 2011 con cui si disponeva la durata fino al 15 aprile 2012 delle concessioni dei posteggi del raggruppamento turistico (............) numerate dall'1 al 57 e dal 224 al 251, ubicate in p.za (............) e (............), comprese le concessioni relative ai posteggi dei turni “fondini” e “imbonitori”, nonché le concessioni dei posteggi dall'1 al 5 del raggruppamento turistico in piazza (............).
Avverso tale atto proponevano ricorso chiedendone l'annullamento, previa sospensione, e deducendo plurimi motivi di doglianza.
In particolare, con il primo ricorso venivano impugnati:
- la deliberazione n. 2011/G/461 (proposta n. 2011/787), in data 22 dicembre 2011, pubblicata in data 28 gennaio 2012, emessa dal Consiglio Comunale del Comune di Firenze, recante ad oggetto: “Piano del commercio su area pubblica – Modifica di parte mercatale del Raggruppamento Turistico di (............)”;
- la deliberazione n. 2011/G/461 (proposta n. 2011/712), in data 22 novembre 2011, emessa dalla Giunta Comunale del Comune di Firenze, con cui è stata disposta l’intenzione di riqualificare le aree mercatali del Comune di Firenze, di recepire gli indirizzi per l’aggiornamento del Piano Comunale del commercio su area pubblica ed inoltre di consentire la proroga della validità delle concessioni per l’esercizio dell’attività di commercio su area pubblica fino a quanto la Conferenza Unificata non avrà proceduto all’individuazione dei criteri per il rilascio ed il rinnovo delle concessioni di posteggio;
- il provvedimento dirigenziale n. 2011/DD/12018, in data 23 dicembre 2011, emesso dalla Direzione Attività Economiche – Posizione Organizzativa (PO), Commercio su aree pubbliche e Mercati Coperti del Comune di Firenze, avente ad oggetto la proroga delle concessioni di posteggio per il commercio su area pubblica;
- del provvedimento dirigenziale 2011/DD/12091, di data 29 dicembre 2011, successivamente comunicato ai ricorrenti, emesso dalla Direzione Attività Economiche – Posizione Organizzativa (PO), Commercio su aree pubbliche e Mercati Coperti del Comune di Firenze, con cui è stata disposta la proroga delle concessioni di posteggio nel Raggruppamento turistico di (............) fino al 15 aprile 2012;
- la deliberazione n. 2009/G/464, in data 11 agosto 2009, emessa dalla Giunta Comunale del Comune di Firenze, mai comunicata ai ricorrenti e conosciuta perché richiamata nella mozione n. 2011/00659 approvata in data 02 febbraio 2012, recante “riconoscimento mercati storici e indirizzi per il nuovo regolamento” nella parte in cui non ha inserito i Raggruppamenti Turistici di (............) e di Piazza (............);
- dell’ordine del giorno n. 632/2011, approvato dal Consiglio Comunale nella seduta del 25 luglio 2011, avente ad oggetto “riqualificazione del quartiere di (............) e del relativo mercato – atto di indirizzo”, oltre alla nota della Direzione Nuove Infrastrutture e mobilità, prot. N. 0105376 del 14 novembre 2011, intesa quale diretto corollario della pedonalizzazione del Duomo e del nuovo assetto viario per rispondere alle esigenze di trasporto pubblico locale alla luce delle opere concernenti la Linea 2 della tramvia;
- delle note del 06 settembre 2011, prot. N. 0077373 del giorno 8 settembre 2011 e 23 settembre 2011 della Direzione Servizi Tecnici circa la possibilità di divenire aree mercatali delle Piazze (............), (............) e (…...);
- del Piano Comunale del Commercio su Area Pubblica e delle sue successive modifiche, nella parte in cui dovesse essere ritenuto lesivo degli interessi dei ricorrenti;
- in quanto occorrer possa ed ove ritenuta lesiva della nota del Sovrintendente ai beni Architettonici, Paesaggistici, Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Provincia di Firenze prot. N. 23898, del 11 novembre 2011;
- di tutti gli atti presupposti, necessari, connessi e conseguenti – ivi compresi quelli a carattere generale e di contenuto incognito – che possono aver dato luogo ai provvedimento impugnati, mai conosciuti e/o comunicati a chi ricorre.
Con atto di motivi aggiunti depositato in data 8 giugno 2012 gli odierni appellanti impugnavano:
- il provvedimento dirigenziale n. 2012/DD/04013 del 13 aprile 2012 del Comune di Firenze Direzione Attività Economiche, (Posizione Organizzativa) P.O. commercio su area pubblica e servizi, avente ad oggetto la proroga delle concessioni di posteggio nei Raggruppamenti Turistici di Piazza (............) e di (............), nonché dei turni Imbonitori e Fondini, in quest'ultimo compresi;
- il provvedimento emesso dalla Soprintendenza ai beni Architettonici, Paesaggistici Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Provincia di Firenze, prot. n. 5580 -13 marzo 2012, avente ad oggetto adempimenti di cui all’articolo 52 del decreto legislativo n. 42 del 2004 conosciuta nel corso dell'udienza per la discussione della sospensione in data 03 aprile 2012;
- tutti gli atti presupposti, necessari, connessi, conseguenti - ivi compresi quelli a carattere generale e di contenuto incognito - con riferimento agli atti di cui sopra impugnati con il presente ricorso per motivi aggiunti.
Con atto di motivi aggiunti depositato in data 10 dicembre 2012 essi impugnavano altresì:
- la deliberazione di Giunta n. 2012/G/00331 in data 14 settembre 2012, successivamente pubblicata, emessa dalla Direzione Area di Coordinamento Sviluppo Urbano, avente ad oggetto: “Miglioramento e implementazione dei servizi di Piazza del (............) nell'ambito della generale revisione del Piano del commercio su area pubblica. Approvazione della pianta di sistemazione di Piazza del (............) e indirizzi agli uffici”;
- la deliberazione di Giunta n. 2012/G/00330, di data 14 settembre 2012, pubblicata in data 24 settembre 2012, emessa dalla Direzione Servizi Tecnici, avente ad oggetto: “Mercati - lavori di manutenzione straordinaria per l'adeguamento alle norme di sicurezza degli impianti elettrici e speciali, finalizzato anche al trasferimento degli operatori commerciali per riordino dei mercati rionali CODICE OPERA N. 100479 CUP H18H12000000004 - GPV45453000 – 7”;
- la Direttiva 10 ottobre 2012, concernente l’esercizio di attività commerciali su aree pubbliche in forma ambulante, nella parte in cui avrebbe fornito indicazioni alla Soprintendenze e ad organi della stessa Amministrazione in contrasto con la normativa comunitaria nazionale e regionale;
- tutti gli atti presupposti, necessari, connessi e conseguenti - ivi compresi quelli a carattere generale e di contenuto incognito - con riferimento agli atti di cui sopra impugnati con il ricorso per motivi aggiunti.
Con atto di motivi aggiunti del 18 marzo 2013 essi impugnavano inoltre:
- il provvedimento dirigenziale n. 2013/DD/01392, in data 11 febbraio 2013, successivamente notificato, emesso dalla Direzione Attività economiche, Servizio Commercio Aree pubbliche, Occupazione suolo pubblico e taxi, del Comune di Firenze, avente ad oggetto “Approvazione elenco operatori coinvolti nella riorganizzazione dei Raggruppamenti Turistici di (............) e Piazza (............)”;
- la graduatoria definitiva, allegata al provvedimento di cui sopra, sia per la sua intrinseca ed autonoma illegittimità sia nella parte in cui ricomprende i nominativi dei ricorrenti;
- la comunicazione della Direzione Nuove Infrastrutture e Mobilità del Comune di Firenze, in data 11 gennaio 2013;
- tutti gli atti presupposti, necessari, connessi e conseguenti.
Con atto di motivi aggiunti depositati in data 28 giugno 2013 essi impugnavano poi:
- la nota prot. n. 20530, di data 4 giugno 2013, successivamente notificata a tutti i ricorrenti, emessa dalla Direzione Attività economiche, Servizio Commercio Aree pubbliche del Comune di Firenze, avente ad oggetto “convocazione per la scelta del posteggio nell’ambito della procedura di riorganizzazione dei Raggruppamenti turistici di (............) e di Piazza (............)”;
- tutti gli atti presupposti, necessari, connessi e conseguenti – ivi compresi quelli a carattere generale e di contenuto incognito – con riferimento agli atti impugnati con il presente ricorso per motivi aggiunti.
Con atto di motivi aggiunti depositati in data 23 novembre 2013 essi impugnavano inoltre:
- il parere prot. 13012 di data 1 luglio 2013 emessa dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici, Paesaggistici, Storici ed Artistici ed Etnoantropologici per le Province di Firenze, Pistoia e Prato, avente ad oggetto “Firenze- Piazza del (............) Area sottoposta alle disposizioni della Parte II del decreto legislativo n. 42 del 2004 e ss.mm.ii. ai sensi degli art. 10 e 12 e concernente la sistemazione della superficie di Piazza del Mercato”;
- la nota prot. n.99851 del 21 giugno 2013 insieme ai suoi allegati, di estremi ignoti cui fa riferimento il provvedimento sopra impugnato non conosciuti;
- la planimetria depositata in giudizio dal Comune di Firenze documento n.68, anch'essa conosciuta in data 30 luglio 2013;
- tutti gli atti presupposti, necessari, connessi e conseguenti.
Con la sentenza in epigrafe il Tribunale amministrativo della Toscana ha respinto il ricorso dichiarandolo infondato.
La sentenza in questione è stata impugnata in appello dai signori (OMISSIS) i quali ne hanno chiesto la riforma articolando sei complessi motivi.
Si è costituito in giudizio il Comune di Firenze il quale ha concluso nel senso della reiezione dell’appello.
Alla pubblica udienza del 9 febbraio 2017 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto da (OMISSIS), rappresentati e difesi dagli avvocati Paolo Sanchini e Stefano Viti, tutti operatori del settore del commercio ambulante (i quali hanno detenuto nel corso degli anni alcuni posteggi, siti – ai riguardi del Piano del commercio su area pubblica - nel c.d. raggruppamento turistico (............)) avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Toscana con cui è stato respinto il ricorso avverso atti del 2011 (e poi con i motivi aggiunti del 2012 e del 2013) con cui il Comune ha approvato il nuovo Piano del commercio su aree pubbliche e, in una con atti della Soprintendenza per i beni architettonici, paesaggistici storici, artistici ed etnoantropologici per le province di Firenze, Pistoia e Prato, ha disposto – con la serie di atti e provvedimenti impugnati in primo grado - il parziale spostamento di alcuni posteggi del mercato in altre aree del territorio comunale.
2. In primo luogo il Collegio deve stigmatizzare la violazione del canone della sinteticità di cui all’articolo 3 Cod. proc. amm. che gli appellanti hanno realizzato in sede di stesura del ricorso.
Non si dubita del rilievo che assume la vicenda sugli interessi dei diretti interessati e – più in generale – in relazione ai numerosi e delicati profili coinvolti; ma non emerge alcuna ragione perché i pur comprensibili motivi posti a fondamento dell’atto di appello non potessero essere rappresentati in coerenza con il richiamato canone.
3.1. Con il primo motivo i ricorrenti hanno lamentato la mancata rilevazione della violazione dell’articolo 97 della Costituzione, dei profili di eccesso di potere, di travisamento dei fatti ed illogicità che vizierebbero gli atti impugnati in primo grado.
Con il medesimo motivo gli appellanti hanno lamentato la mancata considerazione, da parte del primo giudice, dell’erronea valutazione dei presupposti in fatto e in diritto, della carenza di motivazione, della contraddittorietà manifesta, dell’ingiustizia, della perplessità e della carenza di motivazione che parimenti vizierebbero i medesimi atti.
3.1.2. Con il terzo motivo gli appellanti lamentano poi il mancato apprezzamento da parte del primo giudice della violazione del principio di imparzialità realizzata dal Comune di Firenze e dalle plurime violazioni di legge che ne avevano caratterizzato l’operato.
Il primo giudice avrebbe inoltre omesso di apprezzare i numerosi profili di illegittimità che viziavano gli atti impugnati in primo grado e in particolare il difetto di istruttoria, l’illogicità e la carenza di motivazione.
3.1.3. I due motivi sono infondati.
3.2. Si osserva qui in via generale che la sentenza ha indicato in modo chiaro, puntuale e condivisibile il complesso di ragioni che deponeva(no) nel senso dell’infondatezza delle censure fondate sull’asserita, mancata valorizzazione del rilevante interesse storico-artistico del mercato di (............).
In particolare, la sentenza bene ha rilevato:
- che nel corso degli anni l’evoluzione della fisionomia del mercato e la sua complessiva configurazione palesavano elementi di degrado, con la perdita di numerosi fra i caratteri tipici dell’originario mercato storico (sul punto si tornerà fra breve);
- che il trasferimento d’ufficio di circa ottanta fra i banchi costituenti il mercato in questione, lungi dal rappresentare una scelta inopinata e improvvisa, si inseriva invece in una più vasta iniziativa avviata da anni e volta alla complessiva riqualificazione dello storico quartiere fiorentino di (............) e, in primis, della Basilica (…....) (che costituisce, com’è dato di fatto, uno dei più importanti e centrali complessi monumentali di quella preminente città d’arte);
- che la generale disciplina in tema di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale (pur invocata dagli appellanti a sostegno delle proprie tesi) postula invece la legittimità delle determinazioni volte alla disciplina (e alla limitazione) dell’esercizio del commercio laddove – come nel caso in esame – l’indiscriminato esercizio nella sua attuale ed effettiva configurazione possa nuocere alla preservazione del contesto storico e culturale.
Bene è stato richiamato l’art. 52 (Esercizio del commercio in aree di valore culturale e nei locali storici tradizionali) del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), secondo cui, nel testo di un solo comma ancora vigente al tempo degli atti qui impugnati (i successivi commi – specificativi, ma non innovativi - vi sono stati introdotti solo a partire dal d.-l. 8 agosto 2013, n. 91, conv. dalla l. 7 ottobre 2013, n. 112), «con le deliberazioni previste dalla normativa in materia di riforma della disciplina relativa al settore del commercio, i comuni, sentito il soprintendente, individuano le aree pubbliche aventi valore archeologico, storico, artistico e paesaggistico nelle quali vietare o sottoporre a condizioni particolari l'esercizio del commercio». È un’importante previsione di preservazione del decoro urbano - finalità essenziale per la salvaguardia effettiva dei centri storici, delle città d’arte e dei complessi monumentali – che consente espressamente ai comuni di procedere fino all’estromissione, con eventuale delocalizzazione o rilocalizzazione, degli esercizi commerciali incongrui o divenuti incongrui con il contesto. Il che è quanto avvenuto nel caso in esame;
- che il complesso degli atti impugnati in primo grado non è in contrasto con i vincoli rinvenienti dalle Convenzioni UNESCO per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale e per la protezione delle diversità culturali (il centro storico di Firenze è bene paesaggistico e qualificato dall’UNESCO come sito del Patrimonio mondiale), nonché con le previsioni di cui al Piano di gestione del Comune di Firenze approvato nel corso del 2006 ai sensi dell’articolo 3 della l. 20 febbraio 2006, n. 77 (recante ‘Misure di tutela e fruizione a favore dei siti Unesco’): nessuna delle attività commerciali di cui si verte, infatti, trova qualificazione o sostegno in detta normativa, che anzi muove in senso opposto;
- che, contrariamente a quanto ritenuto dagli appellanti, l’intervento per cui è causa era stato conosciuto e condiviso dalla locale Soprintendenza per i beni architettonici, paesaggistici, storici, artistici ed etnoantropologici (i.e.: dell’articolazione locale del dicastero deputato alla tutela dei valori storici di cui gli appellanti lamentano la violazione) secondo la quale l’intervento in parola avrebbe consentito la piena fruibilità – e quindi la più ampia valorizzazione – di importanti aree del centro storico cittadino;
- che, più in generale, gli atti impugnati in primo grado sono in piena linea con le previsioni di cui alla direttiva (c.d. sul decoro urbano) dello stesso Ministero per i beni e le attività culturali del 10 ottobre 2012, che bene evidenzia il potenziale nocumento che l’ampia e diffusa possibilità di esercitare il commercio ambulante su aree pubbliche caratterizzate da particolare valore archeologico, storico, artistico e paesaggistico può arrecare alla corretta conservazione e protezione, nonché al decoro dei beni oggetto di tutela.
3.3. Per quanto riguarda il profilo del degrado che ha interessato sino a tempi recenti l’intera area per cui è causa, risultano in atti elementi che depongono nel senso del carattere proporzionato, congruo e ben motivato delle determinazioni comunali impugnate in primo grado.
In particolare, le premesse della delibera consiliare n. 68 del 2011 danno compiutamente atto (con deduzioni non sufficientemente confutate dagli appellanti) del complesso di ragioni sottese alla decisione di intervenire sulla perimetrazione del sedime mercatale.
Fra le ragioni in parola valgono qui in particolare:
- “le criticità rilevate in termini di degrado e sicurezza urbana, anche in ragione della stratificazione delle cessioni e affitti di azienda, di fatto e di diritto, e dell’attrattività dell’area per l’abusivismo commerciale, l’evasione tributaria e la vendita di prodotti con marchio contraffatto”;
- l’esigenza di eliminare le criticità connesse all’accessibilità dell’area ai mezzi di soccorso (esigenza a più ripresa invocata dalle autorità competenti), sì da eliminare la situazione di pericolo per la pubblica incolumità determinata dall’elevata concentrazione di concessioni di posteggio che caratterizzavano l’area;
- l’esigenza di recuperare alla fruizione dei fedeli e dei turisti la naturale piena accessibilità del sagrato della basilica di (............), “anche in ragione della scarsa visibilità conseguente alla presenza degli operatori su aree pubbliche, dell’accesso al complesso (…........)”;
- l’esigenza di massimizzare la fruibilità e l’accessibilità dell’area anche ai fini del miglioramento del servizio di trasporto pubblico locale, reso maggiormente difficoltoso dall’occupazione di parte del sedime stradale da parte dei banchi di vendita.
Si tratta di esigenze che, pur nell’eterogeneità delle relative ragioni ispiratrici, palesa nondimeno il carattere nell’insieme motivato e ragionevole del disposto spostamento in altra area del territorio comunale (peraltro, non lontana da quella di provenienza) di una parte delle attività commerciali, senza che ricorrano profili di abnormità e irragionevolezza tali da travolgere determinazioni che sono per loro natura caratterizzate da lata discrezionalità amministrativa.
3.4. Non si può quindi concordare con l’impostazione della questione offerta dagli appellanti, i quali sembrano affermare che la ragione principale (se non l’unica) del disposto spostamento sia consistita nella volontà del civico Ente di consentire la modifica del percorso di un autobus urbano.
E’ invece evidente dall’esame della documentazione in atti che tale volontà (comunque, di notevole rilievo) non esaurisse affatto il complesso delle motivazioni che avevano indotto ad adottare il complesso di interventi contestato in entrambi i gradi del presente giudizio.
3.5. Osserva inoltre il Collegio che l’illegittimità degli atti impugnati in primo grado neppure può essere affermata in base all’invocata inclusione del mercato di (............) fra i ‘mercati storici’ e fra le ‘espressioni di identità culturale e collettiva’ di cui alle Convenzioni UNESCO per la salvaguardia del c.d. patrimonio culturale immateriale e la promozione delle diversità culturali adottate a Parigi il 3 novembre 2003 e il 20 ottobre 2005: per meglio dire «espressioni di identità culturale collettiva», le quali, a norma dell’art. 7-bis del Codice dei beni culturali e del paesaggio, «sono assoggettabili alle disposizioni» di tutela e valorizzazione di quel Codice soltanto «qualora siano rappresentate da testimonianze materiali e sussistano i presupposti e le condizioni per l'applicabilità dell'articolo 10», cioè per la dichiarazione di bene culturale: il che qui non ricorre (è semmai il contesto monumentale ad avere tale qualifica, a muovere dalla basilica).
Il Comune appellato bene ha obiettato che la ratio della l. 20 febbraio 2006, n. 77 è la protezione dei siti di interesse culturale, paesaggistico e ambientale, inseriti nella «lista del patrimonio mondiale» dell'UNESCO, al fine di preservarne l’unicità in quanto elementi di rilievo mondiale del patrimonio italiano e della sua rappresentazione a livello internazionale.
Ma la sufficiente ragione giuridica dei richiamati interventi non necessita di una siffatta, aggiuntiva, qualificazione internazionale e – come indica l’art. 52 del Codice – si riferisce alla coerenza attuale del commercio con un contesto, qui particolarmente significativo, del patrimonio culturale italiano. La ratio dell’art. 52 non è quella di una mera conservazione della situazione esistente, ma quella di una valutazione in ragione delle trasformazioni che il commercio stesso, per sua natura, può presentare. Sicché non può ritenersi che l’operatività della norma debba limitarsi nella pura e semplice cristallizzazione (in modo – per così dire – ‘statico’) delle caratteristiche dei luoghi, specie quando per le dinamiche commerciali vengano a presentarsi evidenti e gravi profili di conseguito degrado, contrari alla conservazione dei valori da tutelare.
Al contrario, la salvaguardia dei siti in questione comporta interventi orientati al decoro urbano, cioè a preservare attivamente le caratteristiche essenziali dei luoghi.
Come già la giurisprudenza di questa Sezione ha precisato in un rilevante caso di postazioni di commercio ambulante nel centro storico di Roma, “il decoro urbano non è una materia o un’attività ma una finalità immateriale dell’azione amministrativa, che corrisponde al valore insito in un apprezzabile livello di qualità complessiva della tenuta degli spazi pubblici, armonico e coerente con il contesto storico, perseguita mediante la selezione delle apposizioni materiali (es. dehor) e delle utilizzazioni, specie commerciali (art. 52 del Codice) ma non solo. A seconda del profilo e dello strumento, può essere frutto vuoi di tutela (e valorizzazione) del patrimonio culturale, vuoi di disciplina urbanistica o del commercio, vuoi della politiche comunali di concessioni di suolo pubblico: comunque in ragione delle competenze di legge” (Cons. Stato, V, 23 agosto 2016, n. 3861). Un siffatto obiettivo può dalle amministrazioni competenti essere perseguito anche con riguardo alle trasformazioni negative che nel tempo subisce la dinamica, pur solo merceologica, del commercio ambulante, ove – ferme naturalmente le trasformazioni tecniche compatibili - giunga al punto da divenire incongrua con le concrete caratteristiche storico-artistiche e con la dignità culturale dei luoghi.
La previsione risponde a una finalità essenziale per la salvaguardia dei centri storici e delle città d’arte: la quale, per non restare claudicante perché incentrata sulla preservazione del solo elemento materiale, deve riguardare anche la dimensione immateriale e qualitativa. In questa si iscrivono appunto, per decoro urbano, la corrispondenza tra il contesto storico-artistico e la connotazione che nei fatti assume l’attività commerciale, su cui il provvedere, analiticamente o per congrue categorie, compete al Comune ex art. 52 cit. (mentre altre misure, di stretta tutela di beni culturali, competono senz’altro al solo Ministero: cfr. artt. 20, 12, 13 e 45 del Codice).
Alla luce di tali parametri, l’operato del Comune di Firenze (e con esso degli impugnati atti della Soprintendenza) risulta congruo, coerente e non viziato dai lamentati profili di abnormità ed irragionevolezza.
Il Comune ha rilevato che il Piano di gestione adottato ai sensi della l. n. 77 del 2006 ha previsto espresse misure di tutela per le tradizionali botteghe artigiane fiorentine, nonché per i negozi storici (cioè gli esercizi commerciali “che vantano una lunga tradizione di genere merceologico venduto nello stesso negozio o dell’attività ivi esercitata, ma anche la tipicità della produzione”).
Queste altre sono misure comunali volte a coniugare la salvaguardia di luoghi storici con la preservazione di attività economiche integrate da tempo immemorabile e che mantengono la corrispondente connotazione storica. Sicché la loro preservazione, lungi dal costituire un detrimento come nei casi cennati, continua ad esprimere un elemento delle caratteristiche tradizionali dell’apprezzabilità dei luoghi e del decoro urbano da attivamente perseguire.
In coerenza con l’art. 52 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, l’amministrazione comunale ha il compito non, riduttivamente, di attestarsi a una mera rilevazione economica; ma di vagliare l’attualità di un rapporto tra la realtà effettiva delle attività commerciali e il contesto di particolare pregio. Il fatto della presenza di attività commerciali risalenti non comporta la loro automatica congruenza con quel carattere dei luoghi: al contrario, occorre considerare la compatibilità – seppur con attenzione alla normale evoluzione tecnica – delle loro mutate caratteristiche rispetto a quello stesso ambiente.
Essendo questo il proporzionato e contestuale modo in cui inquadrare da parte del Comune la preservazione di attività economiche in àmbiti di carattere storico o monumentale, è evidente che tale salvaguardia non può favorire indistintamente qualunque attività economica, cioè anche quella che (ad es., per cessioni o per recente costituzione) si trovi ad operare in un sito storico offrendo ora in vendita merci che non hanno qualitativamente a vedere con la connotazione e il pregio storico del contesto.
Pertanto è congruo e giustificato l’operato selettivo del Comune appellato il quale, per salvaguardare le caratteristiche di pregio dei siti UNESCO e in attuazione del Piano di gestione del giugno 2006, ha disposto l’istituzione di un albo degli esercizi commerciali, artigianali e alberghieri e dei pubblici esercizi, anche per commercio su area pubblica, che svolgono attività di rilevante valore artistico, storico, ambientale e documentario.
Risulta in atti che nessuna delle attività gestite dagli appellanti sia iscritta nel richiamato Albo (e, in particolare, che non vi risulti iscritto l’esercente nei cui confronti è stata resa la sentenza di questo Consiglio di Stato, V, 23 febbraio 2015, n. 847).
3.6. Si osserva poi che il giudizio di non irragionevolezza e non incongruità delle determinazioni impugnate in primo grado non può essere superato neppure sulla base di quanto rappresentato a pagina 38 dell’atto di appello (i ricorrenti hanno esposto che l’eccesso di potere per sviamento risulterebbe provato dal fatto che, dopo lo sgombero delle attività degli appellanti, le medesime aree sarebbero divenute sostanzialmente appannaggio di numerosi venditori abusivi di merce contraffatta).
Non è infatti configurabile una sorta di irragionevolezza o sviamento secundum eventum (nel senso che un atto amministrativo ex se ritenuto non irragionevole o sviatorio nella situazione di fatto e di diritto esistente al momento della sua adozione, potrebbe invece palesare tali caratteri in un momento successivo e per effetto di eventi sopravvenuti).
Ad ogni modo, anche se un siffatto sviamento fosse nel caso in esame realizzato, esso potrebbe al più comportare l’illegittimità degli atti successivamente adottati dal Comune (che non risultano allo stato impugnati) e non certo una sorta di effetto viziante postumo e retroattivo nei confronti di atti di cui – per le ragioni sin qui esposte – non può affermarsi l’illegittimità.
3.7. Per ragioni del tutto connesse a quelle appena esposte, neppure può ritenersi che gli atti impugnati in primo grado si ponessero in contrasto con le pertinenti disposizioni della legge regionale toscana n. 28 del 2005 (Codice del commercio) il quale onera i Comuni a salvaguardare in massimo grado “ [le] esigenze di tutela e valorizzazione del patrimonio storico, artistico, culturale e ambientale”, ovvero con l’articolo 99 del medesimo Codice (il quale contempla specifici interventi di valorizzazione dei mercati di interesse storico).
3.7.1. Anche in questo caso, infatti, deve ritenersi:
- che le richiamate esigenze di salvaguardia non postulassero la pura e semplice invarianza dei luoghi e delle attività esistenti indipendentemente dal loro divenire;
- che gli atti impugnati in primo grado (e, in primis, la delibera consiliare n. 68 del 2011) individuassero un punto di equilibrio (forse opinabile, ma certamente non irragionevole) fra i diversi e delicati interessi pubblici e privati che nel caso in esame venivano in rilievo.
3.8. Ancora, per ragioni connesse a quelle dinanzi richiamate, neppure possono essere condivisi i numerosi assunti con cui gli appellanti lamentano – talvolta con deduzioni non specifiche – che gli atti impugnati in primo grado avrebbero alterato i caratteri essenziali di un nucleo centrale della storia cittadina (con la sostanziale distruzione dei valori di fondo di un luogo-chiave della tradizione culturale di Firenze).
Al contrario (e per le ragioni esposte), potrebbe invece sostenersi che gli atti impugnati in primo grado si incentrano sul non irragionevole obiettivo di impedire l’ulteriore aggravarsi dello stato di degrado che ormai interessava l’area, imponendo ai destinatari un sacrificio comparativamente non insostenibile e, in ultima analisi, rinvenendo un punto di equilibrio non irragionevole con le concomitanti e superiori esigenze di salvaguardia del decoro urbano.
4. Con il secondo motivo i signori (OMISSIS) lamentano che il primo giudice avrebbe omesso di rilevare i numerosi profili di violazione dell’articolo 40 della legge regionale n. 28 del 2015.
Allo stesso modo, la sentenza avrebbe omesso di censurare gli ulteriori profili di illegittimità che viziavano gli atti impugnati in primo grado e in particolare i numerosi profili di eccesso di potere, errore nei presupposti, difetto di motivazione, contraddittorietà, illogicità, perplessità e carenza di motivazione che li caratterizzava.
4.1. Il motivo è infondato.
Contrariamente a quanto ritenuto dagli appellanti, la sentenza ha condivisibilmente ritenuto che nel caso in esame ricorressero i presupposti per fare applicazione dell’articolo 40, comma 7, della legge regionale richiamata.
In particolare, la disposizione stabilisce: «Per motivi di pubblico interesse, di ordine pubblico e sicurezza o di igiene e sanità pubblica, resta salva la facoltà del comune di trasferire o modificare l'assetto del mercato, posteggi fuori mercato e fiere. Al riguardo il comune consulta le organizzazioni e le associazioni di cui al comma 3 e definisce congrui termini per le nuove collocazioni».
Dall’esame degli atti di causa emerge che la disposizione è applicabile al caso che qui ricorre in quanto: i) gli atti impugnati hanno determinato la sola modifica dell’assetto del mercato (e non il suo radicale ‘spostamento’); ii) gli atti in questione hanno interessato soltanto 83 banchi su circa 240, comportando uno spostamento massimo di circa duecento metri per gli operatori maggiormente incisi; iii) il Comune ha dato ampiamente atto delle ragioni di pubblico interesse che giustificavano la disposta modifica (sul punto si rinvia a quanto esposto in precedenza); iv) il termine assegnato per gli spostamenti (pari a tre mesi e mezzo circa) risultava certamente congruo se rapportato alla misura dello spostamento e alla rilevanza degli interessi coinvolti; v) risulta in atti che il Comune avesse previamente consultato le organizzazioni e le associazioni di cui al comma 3 (e che, ai sensi del richiamato comma 7 non fosse invece necessaria la previa ‘concertazione’ con le stesse).
4.1.1. Per quanto riguarda, poi, il motivo di censura relativo alla mancata, previa consultazione delle associazioni dei consumatori maggiormente rappresentative, già in punto di fatto risulta che il Comune ha documentato di aver trasmesso alle tre più importanti (Adiconsum, Codacons e Federconsumatori) le convocazioni per gli incontri preliminari all’adozione degli atti impugnati in primo grado, ma che le associazioni in questione non abbiano mai ritenuto di partecipare o di fornire riscontro alcuno.
Si ritiene, quindi, che il Comune abbia comunque adeguatamente dimostrato di avere coinvolto tali associazioni.
4.2. Non può inoltre essere condivisa la tesi degli appellanti secondo cui il termine di legge ragionevole per lo spostamento dei banchi non potrebbe essere inferiore a un anno.
Si osserva al riguardo che, a prescindere dalla perplessa formulazione dell’argomento (che vorrebbe indurre questo giudice ad integrare ex auctoritate sua il disposto normativo attraverso un sostanziale potere di integrazione, non ammesso dall’ordinamento), non può condividersi il presupposto concettuale da cui muove l’argomento (i.e.: la durata eccessivamente breve del termine assegnato dal Comune).
Si osserva in contrario che, nel complesso delle circostanze rilevanti, il termine assegnato (pur se non ampio) non risultava eccessivamente esiguo, anche in considerazione dell’obiettiva vicinitas che caratterizzava i luoghi da abbandonare e quelli di destinazione.
4.3. Ancora, non può trovare accoglimento il motivo con cui si è lamentata la sostanziale disparità del trattamento che gli organi comunali avrebbero realizzato, riconoscendo agli operatori del mercato di (............) un trattamento diverso e deteriore rispetto a quello riservato agli operatori del mercato dei Ciompi nell’agosto del 2009.
Al riguardo ci si limita ad osservare che, in base a un orientamento consolidato, la disparità di trattamento rileva soltanto in caso di assoluta identità di situazioni di fatto e di conseguente assoluta irragionevole diversità del trattamento riservato alle stesse (sul punto – ex multis -: Cons. Stato, VI, 1° ottobre 2014, n. 4868; id., VI, 4 novembre 2013, n. 5291; id., VI, 5 marzo 2013, n. 1323).
Ebbene, gli appellanti non hanno addotto alcun argomento (se non del tutto generico e sostanzialmente indimostrato) per convincere della sostanziale identità fra la situazione di proprio interesse e quella rispetto alla quale lamentano un trattamento ingiustificatamente difforme.
Ad ogni modo (e ai limitati fini che qui rilevano) non risulta che gli appellanti abbiano tempestivamente impugnato la delibera consiliare 11 agosto 2009, n. 464 (pubblicata nelle forme di legge) la quale – a loro dire in modo irragionevole e sviatorio – ha incluso nel novero dei mercati storici il mercato dei Ciompi e non anche il mercato di (............).
4.4. Il secondo motivo è dunque infondato.
5. Con il quarto motivo di ricorso gli appellanti lamentano che il primo giudice abbia erroneamente respinto il settimo motivo del ricorso di primo grado e che altrettanto erroneamente abbia omesso di rilevare la violazione da parte del Comune dell’articolo 14 della l. n. 241 del 1990 in tema di necessaria indizione di una conferenza di servizi.
Allo stesso modo la sentenza avrebbe omesso di rilevare gli ulteriori profili di illegittimità che viziavano gli atti impugnati sotto il profilo dell’eccesso di potere, dell’errore nei presupposti, della mancata applicazione del principio partecipativo, della contraddittorietà, della violazione del principio del giusto procedimento e della carenza di motivazione.
5.1. Il motivo è infondato.
In particolare, anche ad ammettere che il Piano di gestione del centro storico richiedesse l’indizione di una conferenza di servizi ai sensi degli articoli 14 e seguenti della l. n. 241 del 1990 al fine dell’esame contestuale dei diversi interessi coinvolti, il punto è che tale (peraltro non pacifica) violazione non avrebbe potuto comunque condurre ex se all’annullamento degli atti impugnati in primo grado.
Si osserva anche in questo caso che osta al richiesto annullamento la previsione dell’articolo 21-octies, comma 2, della l. n. 241 del 1990 la quale ascrive alla categoria delle cc.dd. ‘illegittimità non invalidanti’ la violazione delle regole sul procedimento (qual è la mancata indizione di una conferenza di servizi).
Si osserva anche in questo caso che, per le ragioni ampiamente esaminate in precedenza, risulta al di là di ogni ragionevole dubbio che il contenuto degli atti impugnati non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
6. Con il quinto motivo (in sostanza reiterativo dell’ottavo motivo del ricorso di primo grado, non accolto dalla sentenza) gli odierni appellanti lamentano che il Comune di Firenze abbia nel caso in esame violato la previsione di cui all’articolo 49 dello Statuto comunale (relativo alle funzioni e ai compiti dei consigli di quartiere).
In particolare la sentenza avrebbe erroneamente omesso di rilevare che, stante il notevole impatto delle proposte modifiche all’area mercatale in quanto tale, non si sarebbe potuto legittimamente prescindere dalla previa acquisizione del parere dei consigli di quartiere.
6.1. Il motivo è infondato.
Se si trattasse di questione urbanistica, vale a dire di gestione complessiva del territorio anziché di stretta salvaguardia del decoro urbano, si potrebbe convenire con gli appellanti nel ricordare che, ai sensi dell’articolo 49 dello Statuto comunale, le varianti urbanistiche che interessano il territorio di singoli quartieri non possono essere adottate se non previa acquisizione dei parere dei consigli di quartiere.
Ma il punto è che – per le ragioni già in precedenza esaminate – gli atti impugnati in primo grado non avevano natura urbanistica e comunque non hanno comportato il radicale trasferimento del mercato, bensì il solo spostamento – e per non più di duecento metri – di una parte degli esercizi esistenti.
Si osserva comunque che (come rilevato dal Comune di Firenze) la parziale ridefinizione del perimetro mercatale neppure avrebbe richiesto la modifica degli strumenti della programmazione urbanistica. Ciò, in quanto gli spazi per cui è causa non presentano una specifica destinazione urbanistica (in particolare: una destinazione puntuale alle attività mercatali) avendo invece una semplice destinazione a ‘viabilità esistente’.
7. Con il sesto motivo gli appellanti hanno in primo luogo lamentato il mancato accoglimento del primo dei motivi aggiunti articolati in primo grado (il motivo in parola censurava la proroga eccessivamente breve – pari ad appena due mesi e mezzo – che gli organi comunali avevano accordato agli interessati in vista del trasferimento di attività).
7.1. Il motivo non può essere accolto in primo luogo in quanto è fondato su un argomento (l’illegittimo, mancato coinvolgimento delle associazioni dei consumatori maggiormente rappresentative) che, per le ragioni dinanzi esposte, risulta infondato.
In secondo luogo la sentenza in epigrafe ha condivisibilmente stabilito che nessuna effettiva utilità sarebbe derivata agli appellanti dall’eventuale annullamento del solo atto comunale di proroga del trasferimento, atteso che risultavano invece meritevoli di conferma gli atti con cui il trasferimento era stato inizialmente disposto.
8. Gli appellanti hanno poi lamentato il mancato accoglimento del secondo dei motivi aggiunti (con il motivo in questione si era chiesto l’annullamento della delibera di Giunta in data 14 settembre 2012 con cui era stata approvata la pianta di sistemazione della Piazza del (............)).
8.1. In disparte i profili di originaria ammissibilità del secondo ricorso per motivi aggiunti, esso era comunque infondato.
Si osserva in primo luogo che l’impegno espresso dalla Giunta di addivenire al nuovo assetto della piazza previa “condivisione e confronto con le associazioni di categoria” non stava ad indicare la necessità di una procedura pienamente concertata, quanto – piuttosto – l’obbligo di informare adeguatamente tali associazioni delle determinazioni in fieri e di condividere con le stesse associazioni le relative informazioni: ma non anche la decisione amministrativa.
Si osserva in secondo luogo che risulta affetto da genericità il motivo con cui si era lamentato che lo spazio di destinazione era “angusto ed assolutamente inospitale”.
Del resto, la circostanza (riconosciuta dagli stessi appellanti) secondo cui il Comune aveva stanziato somme rilevanti per la risistemazione della Piazza in vista del disposto trasferimento sembra deporre in senso affatto contrario rispetto a quanto sostenuto dagli appellanti.
9. Gli appellanti hanno inoltre lamentato il mancato accoglimento del terzo dei motivi aggiunti (con cui si era chiesto l’annullamento degli atti con cui il Comune aveva approvato la nuova graduatoria degli operatori coinvolti nelle operazioni di trasferimento, includendovi – in modo asseritamente non paritario – i soli operatori dei banchi situati in Piazza (............) e (............)).
9.1. Il motivo è infondato in quanto – come condivisibilmente affermato dal primo giudice (e come in precedenza rilevato) gli atti impugnati in primo grado avevano comportato soltanto il trasferimento di un terzo circa dei banchi del raggruppamento mercatale e non anche una delocalizzazione dell’intero mercato.
Pertanto, non può essere condiviso il motivo con cui si è contestata la scelta di limitare la graduatoria in questione ai soli operatori di Piazza (............) e (............) (per un totale di ottantatre).
Difatti la scelta risultava congruamente limitata ai soli operatori interessati in concreto dalle operazioni di spostamento e – conformemente al generale principio di proporzionalità - non era stata estesa anche agli operatori i cui banchi erano ubicati in altri punti del complesso mercatale.
10. Gli appellanti hanno inoltre lamentato il mancato accoglimento del quarto motivo del quarto atto per motivi aggiunti (con il motivo in questione si era chiesto l’annullamento della nota dirigenziale in data 11 gennaio 2013 avente ad oggetto il ‘Progetto di sistemazione Banchi di (............)’).
Secondo gli appellanti, in particolare, il primo giudice avrebbe erroneamente dichiarato l’inammissibilità del motivo in questione, non avvedendosi del fatto che si trattava di un atto connotato da “una chiara valenza esterna”.
10.1. Il motivo non può essere condiviso in quanto deve essere confermata la statuizione (sinteticamente ma chiaramente svolta dalla sentenza) secondo cui la nota in questione presentava valenza meramente endoprocedimentale (aveva ad oggetto soltanto il ‘progetto’ di sistemazione dell’area), in quanto tale inidoneo a procurare un pregiudizio effettivo e concreto nella sfera giuridica degli appellanti.
Né a conclusioni diverse può giungersi in relazione al fatto che l’atto in questione presentasse “una chiara valenza esterna”.
Infatti, anche ad ammettere una siffatta valenza, ne resterebbe comunque confermato il dato del carattere non immediatamente lesivo dell’atto in questione.
10.2 Nemmeno può essere condivisa la tesi secondo cui la successiva nota di convocazione degli operatori interessati risultasse contro l’ordinanza di questo Consiglio di Stato n. 1715 del 2012 (ordinanza che, stando agli appellanti, avrebbe disposto la sospensione dell’intera serie degli atti impugnati in primo grado, a partire dalla delibera consiliare n. 68 del 2011).
Al contrario, dall’esame dell’ordinanza resa in appello emerge che l’accoglimento era limitato alla sola fissazione dell’udienza di merito in primo grado, atteso che tale misura risultava idonea a soddisfare in modo adeguato le esigenze cautelari rappresentate dai ricorrenti e che, per il resto, non sussisteva l’irreparabilità del pregiudizio dagli stessi paventata.
Anche per tale ragione il motivo in questione non può trovare accoglimento.
11. Dall’infondatezza del ricorso in appello deriva l’integrale conferma della sentenza in epigrafe, anche nella parte in cui non riconosce agli appellanti alcun ristoro di carattere risarcitorio ovvero indennitario, non sussistendone i presupposti in fatto e in diritto.
12. Per le ragioni esposte l’appello va respinto.
Il Collegio ritiene che sussistano giusti ed eccezionali motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 febbraio 2017 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini, Presidente
Claudio Contessa, Consigliere, Estensore
Raffaele Prosperi, Consigliere
Alessandro Maggio, Consigliere
Valerio Perotti, Consigliere
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
Claudio Contessa |
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Giuseppe Severini |
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IL SEGRETARIO
Risposta del Dott. Giancarlo Menghini
Ministero dell’Interno - Pubblicazione n.4 - Referendum popolari - Ed.2025
Ministero dell’Interno - Circolare DAIT n. 51 del 20 maggio 2025
Risposta del Dott. Massimo Monteverdi
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