Approfondimento sulle modifiche al Codice dei Contratti previste dal “Dl Infrastrutture”
ANCI – 29 maggio 2025
Candidato giudicato inidoneo all’accertamento della lingua o agli strumenti informatici. Va escluso dal concorso.
Servizi Comunali Procedure selettiveApprofondimento di Vincenzo Giannotti
Candidato giudicato inidoneo all’accertamento della lingua o agli strumenti informatici. Va escluso dal concorso.
Vincenzo Giannotti
Sono da considerare di particolare interesse le motivazioni del Consiglio di Stato (sentenza n.3975/2020 - nel file allegato -), sulla conferma dell’esclusione del candidato da un concorso pubblico, a seguito della dichiarazione di inidoneità sulla conoscenza della lingua o sull’uso degli strumenti informatici più diffusi, quali requisiti di ammissione a verifica differita, cioè nel corso della prova orale. L’interesse della sentenza, infatti, è relativo al fatto che tutti i concorsi pubblici contengono obbligatoriamente l’accertamento delle citate idoneità senza, tuttavia, chiarire come e in che modo, la verifica della mancata conoscenza da parte di un candidato, possa avere implicazioni sul giudizio finale della commissione di concorso, oltre a verificare anche i principi cui la commissione di concorso deve conformarsi, in presenza di un giudizio di inidoneità di un candidato.
Il caso
Una candidata risultata prima in graduatoria, per un posto di dirigente di un ente locale, avendo riportato i voti più alti alle prove scritte e a quelle orali, è stata esclusa in quanto giudicata non idonea alla “conoscenza” dei più diffusi strumenti informatici quale requisito di ammissione a verifica differita, cioè accertamento disposto nel corso della prova orale, seppur estraneo alla prova orale stessa. La candidata ha impugnato la determina di esclusione per inidoneità sostenendo una serie di illegittimità, a suo dire, riscontrate nelle operazioni da parte della commissione di concorso. In particolare, ha riscontrato le seguenti irregolarità:
a) la “conoscenza delle più diffuse applicazioni informatiche”, se prevista come requisito di partecipazione, doveva allora essere posseduta alla data di presentazione della domanda ed essere accertata preliminarmente e documentalmente (non già, come avvenuto, in sede di prova orale) ai fini della stessa ammissibilità della domanda di partecipazione;
b) il bando di concorso, a differenza della prova di lingua, non aveva comminato con la sanzione dell’esclusione la mancata conoscenza del requisito informatico;
c) detta “conoscenza”, non potendosi in realtà qualificare, ai sensi del bando, come requisito di partecipazione, poteva al più avere un valore residuale in seno alla prova orale, che la candidata aveva comunque superato;
d) lo svolgimento della prova di conoscenza informatica doveva essere oggetto di apposita statuizione della commissione e non essere rimessa (diversamente dalla prova di conoscenza linguistica) al giudizio discrezionale ed insindacabile di un solo membro;
e) la nomina del componente aggregato, per la materia informatica, era avvenuta con provvedimento “innominato, privo di data e non reso pubblico” né tale componente aveva partecipato a tutti i lavori della commissione.
Il giudizio del TAR
I giudici amministrativi di primo grado, con sentenza breve, hanno statuito la legittimità dell’esclusione della candidata, ai sensi dell’art.37 del d.lgs. 165/01. Infatti, nel testo unico del pubblico impiego è espressamente stabilito che i bandi di concorso, per l’accesso all’impiego nelle pubbliche amministrazioni, devono prevedere l’accertamento, fra l’altro, della conoscenza dell’uso delle apparecchiature ed applicazioni informatiche più diffuse. La mancanza di disposizioni regolamentari, attuative della norma primaria, non impediva che i bandi disponessero direttamente le modalità di accertamento e i livelli delle occorrenti conoscenze, potendo essi stabilire, alternativamente, che le conoscenze informatiche potessero essere accertate nella forma di una delle prove di esame ovvero valessero quale requisito di ammissione ad un concorso. Nel caso di specie il Comune ha optato, in modo del tutto legittimo, per la seconda soluzione, ossia rinviando l’accertamento della sussistenza del requisito alla fase della prova orale. In merito alle determinazioni della Commissione, i giudici amministrativi hanno chiarito che, all’accertamento della conoscenza informatica non sarebbero stati applicabili i principi generali in materia di predisposizione delle domande di esame”, né quelli in tema di verbalizzazione della provata (o meno) conoscenza informatica. Inoltre, il membro aggregato alla commissione, per effettuare il predetto accertamento, era stato nominato “con un provvedimento amministrativo” ma, attesone il ruolo, “non avrebbe dovuto partecipare a tutti i lavori della Commissione di concorso, ma intervenire, nella qualità di esperto, solo in sede di accertamento delle conoscenze informatiche”. In conclusione, la sentenza ha preso atto della non contestata conoscenza degli strumenti informatici più diffusi, giudicando legittima, pertanto, l’esclusione della candidata dalla prova di esame per inidoneità.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso la candidata, in Consiglio di Stato, confutando le conclusioni cui è pervenuto il Tribunale amministrativo di primo grado. In particolare, a suo dire, il TAR avrebbe disatteso la tesi della riconducibilità dell’accertamento alla prova d’esame (orale), per mancata determinazione dei “criteri e delle modalità di valutazione delle prove concorsuali, da formalizzare nei relativi verbali, al fine di assegnare i punteggi attribuiti alle singole prove”, nonché di affidamento del giudizio al solo commissario aggregato. In definitiva, a dire della candidata, gli errori della commissione giudicatrice hanno condotto al paradossale risultato che l’appellante, pur qualificatasi prima all’esito delle prove d‟esame, è stata poi addirittura esclusa dalla procedura selettiva.
La conferma del Consiglio di Stato
I giudici amministrativi di appello hanno considerato il ricorso infondato. Infatti, sono da considerare infondati i profili di censura volti a contestare la scelta del Comune di configurare, nel bando di concorso, la conoscenza degli strumenti informatici come requisito di ammissione. Depone in tal senso l’art. 37 del d.lgs. n. 165/2001 che ha autorizzato, le pubbliche amministrazioni, a qualificare nei propri concorsi la conoscenza informatica (come pure quella della lingua straniera) come elemento di valutazione al pari delle altre materie di esame ovvero come requisito di partecipazione alla procedura concorsuale. In tale cornice di riferimento non può essere accolta la doglianza dell’appellante sulla circostanza che, il bando di concorso prevedesse espressamente l’esclusione del candidato che non avesse dimostrato di possedere la conoscenza della lingua inglese mentre un’analoga previsione, sulla conoscenza informatica, non sia stata altrettanto chiara, in seno al bando, nel prevedere espressamente l’esclusione in caso di inidoneità del candidato. Secondo il Consesso amministrativo di appello, una previsione di esclusione del candidato dalla procedura selettiva è di fatto implicita (essendone in pratica coessenziale) nella qualificazione della conoscenza dell’informatica quale requisito di ammissione alla procedura stessa.
I giudici amministrativi di appello, inoltre, hanno disatteso le ulteriori censure dell’appellante. In particolare, non è da considerarsi illegittima la scelta di riscontrare l’effettiva conoscenza (la cui mancanza, detto incidentalmente, parte appellante non ha mai negato) degli strumenti informatici in occasione e durante la fase di prova orale, da cui poi la conseguenza di un‟eventuale esclusione del candidato (privo di detta conoscenza) all’esito di questa stessa prova. Trattandosi, inoltre, di un requisito di qualificazione e non di materia di esame, del tutto legittimo è anche il fatto che, nella fattispecie, non siano stati predeterminati i “quesiti” da porre ai candidati a differenza per le prove di esame. Infine, non vi è stata alcuna illegittimità o irregolarità quanto alla nomina dei membri aggregati, né nel fatto che essi non abbiano partecipato alla commissione d’esame sin dall’inizio ma abbiano piuttosto partecipato solo alle sedute nelle quali il loro apporto si rendeva necessario.
In conclusione il ricorso è stato rigettato e, l’appellante soccombente, è stata anche condannata al pagamento delle spese di lite.
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Presentata dalla dott.ssa Grazia Benini e da Gioele Dilevrano
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