Consiglio di Stato, sezione Quarta, sentenza 31 ottobre 2017, n. 5022

Servizi Comunali Attività edilizia Attività edilizia
di Alberici Debora
21 Novembre 2017

massima

 

In tema di edilizia e urbanistica, va evidenziato che le opere di privati, eseguite in totale difformità od in assenza della concessione edilizia debbono essere demolite, a cura e spese del proprietario medesimo, ed entro il termine fissato con ordinanza. In mancanza, le predette opere sono gratuitamente acquisite, con l'area su cui insistono, al patrimonio indisponibile del comune che le utilizza a fini pubblici, compresi quelli di edilizia residenziale pubblica.

 

Pubblicato il 31/10/2017

N. 05022/2017REG.PROV.COLL.

                                   N. 05978/2008 REG.RIC

 

                                                 REPUBBLICA ITALIANA

                                           IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

                                                     Il Consiglio di Stato

                                     in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

                                                      SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5978 del 2008, proposto da: 
Comune di Napoli, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Edoardo Barone, Giuseppe Tarallo, Fabio Maria Ferrari, Anna Pulcini, Bruno Crimaldi, Antonio Andreottola, con domicilio eletto presso lo studio Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 18;

contro

P. G. , rappresentato e difeso dall'avvocato Giovanni Leone, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Principessa Clotilde, n. 2; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI, SEZIONE IV, n. 5814/2007, resa tra le parti, concernente diniego permesso di costruire in sanatoria.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di P. G. ;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 settembre 2017 il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino e uditi per le parti gli avvocati T. D'Amora su delega di B. Crimaldi, G. Leone;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso proposto dinanzi al TAR per la Campania l’odierno appellato invocava l’annullamento del provvedimento di diniego del permesso di costruzione in sanatoria del 3 marzo 2006, nonché delle note del 9 novembre 2004 e del 30 novembre 1999 con le quali l’immobile in questione veniva destinato e utilizzato per fini pubblici.

2. Il primo giudice riteneva fondati il primo ed il quarto motivo dell’originario ricorso con i quali si contestava il nucleo centrale della motivazione dell'impugnato provvedimento di diniego, secondo cui l'immobile in questione sarebbe stato destinato a fini pubblici entro la data del 1° dicembre 1994 e non sarebbe quindi condonabile ai sensi dell'articolo 39, comma 19, della legge 23 dicembre 1994, n. 724.

Lo stesso TAR valutava, invece, come infondate le altre doglianze.

3. Avverso la pronuncia indicata in epigrafe propone appello l’amministrazione comunale, lamentando che: I) Il TAR avrebbe innanzi tutto dovuto dichiarare il ricorso inammissibile per carenza di interesse. Infatti, poiché sarebbe già stato pronunciato un diniego di condono, mai impugnato, l'accoglimento del ricorso di primo grado non consentirebbe comunque agli interessati di acquisire l'immobile di cui trattasi; II) già nel 1983, subito dopo la formale acquisizione con ordinanza sindacale n. 576 del 27.4.1983, emessa nei confronti degli stessi Sigg.ri P. G. , G. e A., il Comune avrebbe comunicato agli inquilini del precedente proprietario quanto avvenuto, preannunciando l'invito alla stipula del contratto e, quindi, prendendo in sostanziale gestione (la quale implica la destinazione a fini pubblici) il fabbricato.

Le vicende successive, tra cui quelle relative alla staticità del fabbricato, sarebbero del tutto ultronee rispetto alla destinazione a fini pubblici dello stesso, in quanto atterrebbero all'esame del merito tecnico e ai successivi rapporti giuridici connessi alla gestione concreta. Del resto già la sentenza del TAR Campania, n. 307/1989, nel respingere il ricorso avverso l’ordinanza sindacale citata, avrebbe dato atto della destinazione a fini pubblici, escludendo la presenza di alcun eccesso di potere nella utilizzazione come edilizia residenziale pubblica. La risalente volontà dell'Amministrazione di destinare a fini pubblici l'immobile acquisito, pertanto, sarebbe stata sempre ribadita ed assicurata agli occupanti e comunicata anche agli ex proprietari. Né rileverebbe il mancato raccordo degli uffici circa la data di effettiva destinazione a fini pubblici degli immobili di via …......................................, trattandosi in ogni caso di data antecedente al 1° dicembre 1994.

4. Costituitosi in giudizio l’originario ricorrente, eccepisce l’inammissibilità del primo motivo di appello avanzato dall'Amministrazione comunale, poiché sarebbe essenzialmente diverso dalla eccezione di inammissibilità sollevata in primo grado e respinta dalla sentenza gravata, che non avrebbe avuto ad oggetto l’istanza di condono sulla quale si sarebbe formato un diniego non impugnato, ma l’incensurabilità della destinazione a fini pubblici dell'immobile, coperta dal giudicato della sentenza n. 307/1989.

In ogni caso il motivo sarebbe infondato anche nel merito dal momento che il diniego ex l. 47/1985, non precluderebbe la presentazione di una nuova istanza ex l. 724/1994. Né il secondo diniego poggerebbe come motivazione su di una simile circostanza.

Quanto al secondo motivo di appello il procedimento di acquisizione dell'immobile al patrimonio indisponibile del Comune di Napoli e di destinazione a fini pubblici non si sarebbe mai perfezionato. Il provvedimento del 1983 di acquisizione del bene al patrimonio comunale non sarebbe stato seguito dai successivi atti relativi all'effettiva destinazione dell'immobile a scopi di interesse pubblico. Collaudo e declaratoria di agibilità – abitabilità sarebbero elementi indispensabili preordinati alla destinazione ad attività di pubblica utilità, in quanto non sarebbe ipotizzabile l'utilizzazione pubblica di un appartamento (ad edilizia residenziale o meno), in mancanza del previo collaudo dell'opera; ragione per cui l'Ufficio Patrimonio del Comune di Napoli si sarebbe sempre rifiutato di "regolarizzare" le occupazioni. L’interpretazione dell’art. 39, comma 19, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, secondo la quale il detto articolo non si applicherebbe al caso di specie per il sol fatto che l'acquisizione degli immobili è avvenuta in base alla legge n. 10 del 1977 che prevedeva come effetto automatico, in alternativa alla demolizione, "l'acquisizione gratuita delle predette opere, con l'area su cui insistevano, al patrimonio indisponibile del Comune", non sarebbe condivisibile.

Infatti, sarebbe in palese contrasto con la ratio della norma e determina un'inconcepibile disparità di trattamento tra i titolari delle opere acquisite ex art. 15 della legge n. 10/77.

In definitiva, l’appellante non riuscirebbe a dimostrare l’effettiva destinazione degli immobili in questione ad uso pubblico.

Da ultimo, l’originario ricorrente propone appello incidentale, dal momento che il TAR avrebbe dovuto rilevare che occorrerebbe una specifica delibera del Consiglio Comunale per la declaratoria dell'esistenza di prevalenti interessi pubblici, che impongono la conservazione dell'immobile abusivo acquisito e, unitamente alla manifestazione di volontà di conservare l'immobile, che il Consiglio Comunale esprima o dichiari di voler destinare l'immobile acquisito ad uno specifico fine pubblico.

Ancora il primo giudice avrebbe errato nel non rilevare la contraddittorietà tra la nota del 3 marzo 2006 della Direzione Centrale VI, che avrebbe attestato la destinazione dell’immobile entro il 1 dicembre 1994, e la nota n. 4932 del 9 novembre 2004 con la quale il Servizio patrimonio assumeva che la destinazione dell’immobile sarebbe avvenuta prima del 31 dicembre 1993.

Inoltre, il Tar avrebbe dovuto rilevare la necessità di acquisire il parere della commissione edilizia.

5. Nelle successive difese entrambe le parti insistono nelle proprie argomentazioni.

6. L’appello principale è fondato e deve essere accolto.

Impregiudicata, infatti, la questione relativa all’omessa impugnazione del diniego di condono edilizio adottato all’indomani dell’entrata in vigore della l. 47/1985, deve rilevarsi che non può essere condivisa la lettura del primo giudice secondo la quale la pronuncia dello stesso TAR n. 307/1989 non aveva già all’epoca rilevato l’utilizzazione per fini pubblici del bene acquisito dall’amministrazione.

Al riguardo, deve rilevarsi che l’ordinanza sindacale risulta essere stata ritenuta, con pronuncia passata in giudicato, immune da censure e non può oggi a distanza di quasi trent’anni essere rimessa in discussione dall’originario ricorrente.

Merita di essere rammentato come il testo del comma 3 dell’art. 15 della l. 10/1977, ratione temporis vigente, dispone che: “Le opere eseguite in totale difformità o in assenza della concessione debbono essere demolite, a cura e spese del proprietario, entro il termine fissato dal sindaco con ordinanza. In mancanza, le predette opere sono gratuitamente acquisite, con l'area su cui insistono, al patrimonio indisponibile del comune che le utilizza a fini pubblici, compresi quelli di edilizia residenziale pubblica”.

La norma in questione dispone l’acquisizione alla mano pubblica delle opere abusive in alternativa alla demolizione a patto che le stesse siano utilizzate a fini pubblici.

Un simile utilizzo è accertato dalla sentenza n. n. 307/1989, che, nel respingere la censura di sviamento di potere, si è pronunciata in concreto sul vizio dedotto dal ricorrente e non, invece, come sostiene il primo giudice, in astratto, ossia sulla mera fattispecie giuridica.

Infatti, la giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. ex plurimis, Cons. St., Sez. IV, 16-02-1987, n. 89) ha, da sempre, chiarito che nel procedimento inteso all'acquisizione gratuita di opere edilizie abusive al patrimonio indisponibile del comune, ai sensi dell' art. 15 l. 28 gennaio 1977, n. 10, la verifica della mancanza di contrasto dell'opera con gli interessi urbanistici o ambientali e della utilizzabilità per fini pubblici dell'opera abusiva costituisce momento prioritario rispetto all'acquisizione e, in mancanza di tale condizione, dovrà procedersi alla demolizione del manufatto a spese del suo costruttore.

Il carattere prioritario dell’accertamento dell’utilizzo per fini pubblici rispetto all’adozione dell’ordinanza sindacale di acquisizione del bene e l’inoppugnabilità della stessa in ragione della pronuncia definitiva adottata dal TAR sullo specifico vizio in questione escludono la possibilità di sindacare ulteriormente che il bene sia stato utilizzato per fini pubblici.

Sotto questo profilo risulta del tutto irrilevante la contestazione dell’originario ricorrente in ordine all’assenza di una destinazione a fini pubblici del bene da parte dell’amministrazione, dal momento che il profilo dell’utilizzo per fini pubblici si è consolidato una volta per tutte a seguito del detto accertamento giurisdizionale e non può essere a distanza di quasi trent’anni essere rimesso in discussione dall’odierno appellato.

A ciò deve aggiungersi in ogni caso che le opere in questione sono stata effettivamente destinate a fini pubblici, dal momento che le dette abitazioni sono rimaste nella disponibilità degli inquilini che le abitavano, ossia hanno mantenuto quella destinazione ad edilizia residenziale pubblica che era già stata individuata quale utilizzo delle stesse da parte del TAR per la Campania con la pronuncia del 1989.

Da ciò discende, conseguentemente, l’infondatezza delle censure contenute nell’appello incidentale. Infatti, la circostanza che l’utilizzo per fini di edilizia residenziale pubblica accertata dalla sentenza n. 307/1989 del TAR e che la destinazione del bene a tali fini debba precedere l’ordinanza di acquisizione che ha superato indenne il vaglio giurisdizionale impediscono di rimettere in discussione la detta vicenda in occasione della controversia avente ad oggetto il diniego dell’istanza di condono edilizio in omaggio al principio del ne bis in idem.

Per la stessa ragione risulta irrilevante la questione relativa alla lamentata contraddittorietà tra la nota n. 675 del 3 marzo 2006 della Direzione Centrale VI, che attestava la destinazione dell’immobile entro il 1 dicembre 1994 e la nota n. 4932 del 9 novembre 2004 con la quale il Servizio patrimonio assumeva che la destinazione dell’immobile sarebbe avvenuta prima del 31 dicembre 1993. Peraltro, deve notarsi che dalla prima, come correttamente notato dal primo giudice, non potrebbe comunque trarsi un argomento a favore dell’appellante.

Venendo, infine, all’ultima doglianza è evidente che se il bene risultava destinato ed utilizzato a fini pubblici non rileva in alcun modo la questione relativa alla mancata assunzione del parere della commissione edilizia all’interno del procedimento di condono, poiché la stessa andava comunque respinta per difetto del presupposto fondamentale della destinazione del bene a fini pubblici.

7. L’appello principale deve, in definitiva, essere accolto, mentre va respinto l’appello incidentale, con ciò che ne consegue in termini di riforma della sentenza impugnata e di reiezione del ricorso di primo grado. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, accoglie l’appello principale, respinge l’appello incidentale e per l’effetto in parziale riforma della sentenza di primo grado, respinge il ricorso principale.

Condanna P. G.  al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio in favore del Comune di Napoli, che liquida in euro 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 settembre 2017 con l'intervento dei magistrati:

Filippo Patroni Griffi, Presidente

Fabio Taormina, Consigliere

Oberdan Forlenza, Consigliere

Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere, Estensore

Leonardo Spagnoletti, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

Luigi Massimiliano Tarantino

 

Filippo Patroni Griffi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL SEGRETARIO

 

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