Approfondimento di Amedeo Di Filippo

Emergenza Covid-19 - La gestione dei “buoni spesa” da parte dei Comuni

Servizi Comunali Lotta alla povertà e inclusione sociale Provvedimenti conseguenti a calamità naturali
di Di Filippo Amedeo
01 Aprile 2020

Approfondimento di Amedeo Di Filippo                                                                                         

Emergenza Covid-19 - La gestione dei “buoni spesa” da parte dei Comuni

Amedeo Di Filippo

 

È ormai nota l’Ordinanza n. 658 del 29 marzo con cui la Protezione Civile, ravvisata la necessità di supportare i Comuni interessati dall’emergenza epidemiologica da Covid-19 mediante un primo incremento del fondo di solidarietà comunale, ha messo a disposizione 400 milioni di euro da destinare all’acquisto di buoni spesa e generi alimentari o prodotti di prima necessità.

Dopo un primo momento di approfondimento, vista l’urgenza di provvedere e la fretta che i cittadini stanno mettendo ai Sindaci nel fornire risposte immediate ad un problema che si sta gradualmente ingigantendo, proponiamo un contributo di riflessione corredato da alcuni modelli operativi utili a dare immediato avvio alla misura.

Le risorse

L’art. 1 dell’Ordinanza n. 658/2020 dispone, in via di anticipazione nelle more del successivo reintegro, il pagamento di 400 milioni di euro in favore dei Comuni, con imputazione sullo stato di previsione del Ministero dell’Interno, da contabilizzare nei bilanci degli enti a titolo di misure urgenti di solidarietà alimentare.

Dispone inoltre la non applicazione alle spettanze per l’anno 2020 delle sanzioni previste per la mancata restituzione alla SOSE delle informazioni funzionali a raccogliere i dati necessari per il calcolo dei fabbisogni standard, che consiste nella sospensione, sino all'adempimento dell'obbligo di invio, dei trasferimenti a qualunque titolo erogati e la pubblicazione dell'ente inadempiente nel sito del Ministero dell'interno.

Così anche delle sanzioni previste dall’art. 161, comma 4, del Tuel, che sanziona con la sospensione dei pagamenti delle risorse finanziarie a qualsiasi titolo dovute dal Ministero dell'Interno, ivi comprese quelle a titolo di fondo di solidarietà comunale, l’invio dei relativi dati alla banca dati delle amministrazioni pubbliche decorsi trenta giorni dal termine previsto per l'approvazione dei bilanci di previsione, dei rendiconti e del bilancio consolidato.

L’altra indicazione è che, qualora sia in corso l’esercizio provvisorio, ai fini dell’utilizzazione delle risorse sono autorizzate variazioni di bilancio con delibera di Giunta.

Il riparto

L’art. 2 detta i criteri di riparto delle risorse per la solidarietà alimentare:

  1. l’80% (320 milioni) in proporzione alla popolazione residente di ciascun Comune;
  2. il 20% (80 milioni) in base alla distanza tra il valore del reddito pro capite di ciascun Comune e il valore medio nazionale, ponderata per la rispettiva popolazione. I valori reddituali comunali sono quelli relativi all’anno d’imposta 2017.

Il contributo minimo spettante a ciascun comune non può in ogni caso risultare inferiore a 600 euro. Al fine di tenere conto del più lungo periodo di attivazione delle misure di contrasto dell’emergenza epidemiologica viene raddoppiato (€ 1.200,00) il contributo assegnato ai Comuni di cui all’allegato 1 del Dpcm 1° marzo 2020, quelli del primo focolaio. La quota di cui al punto a) relativa ai Comuni con popolazione maggiore di 100 mila abitanti è decurtata, proporzionalmente, dell’importo necessario ad assicurare il rispetto di tali criteri.

I Comuni possono destinare alle misure urgenti di solidarietà alimentare eventuali donazioni, autorizzando l’apertura di appositi conti correnti bancari presso il proprio tesoriere o conti correnti postali onde fare confluire le citate donazioni.

Si applicano in questo caso le disposizioni di cui all’art. 66 del D.L. n. 18/2020, per cui per le erogazioni liberali in denaro e in natura spetta una detrazione dall'imposta lorda ai fini dell'imposta sul reddito pari al 30%, per un importo non superiore a 30.000 euro. Quelle effettuate dai soggetti titolari di reddito d'impresa sono deducibili dal reddito d'impresa ai fini delle relative imposte; i beni ceduti gratuitamente non si considerano destinati a finalità estranee all'esercizio dell'impresa; i trasferimenti dei beni non sono soggetti all'imposta sulle donazioni; le donazioni sono deducibili ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive.

La destinazione

Le risorse assegnate dallo Stato e quelle raccolte tramite le donazioni sono utilizzate da ciascun Comune per l’acquisizione, in deroga al Codice dei contratti, di:

  1. buoni spesa utilizzabili per l’acquisto di generi alimentari presso gli esercizi commerciali contenuti nell’elenco pubblicato nel sito istituzionale;
  2. generi alimentari o prodotti di prima necessità.

La destinazione delle risorse è dunque vincolata, con connessa necessità di rendicontazione al termine della misura. Per questo è bene che gli enti tengano debita traccia di tutti i pagamenti e delle operazioni connesse, onde consentire al Ministero dell’Interno (qualora lo richiedesse), al responsabile del servizio finanziario e ai revisori dei conti di poter verificare le spese effettuate e le connesse causali.

Diversa opinione ha espresso l’ANCI nella prima nota di indirizzo, secondo cui non è previsto un termine per l’utilizzo delle risorse in capo ai Comuni né obbligo di rendicontazione a terzi di quanto  speso. 

Ai fini dell’acquisto e della distribuzione dei beni i Comuni possono avvalersi degli enti del Terzo Settore, con riferimento quindi ai soggetti indicati all’art. 4 del Codice approvato col D.Lgs. n. 117/2017: organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale, enti filantropici, imprese sociali, cooperative sociali, reti associative, società di mutuo soccorso, associazioni riconosciute o non riconosciute, fondazioni e altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento, in via esclusiva o principale, di una o più attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi.

La condizione prevista dal Codice è che siano iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo settore, ma l’art. 101 dispone che fino all'operatività di tale Registro continuano ad applicarsi le norme previgenti ai fini e per gli effetti derivanti dall'iscrizione degli enti nei Registri Onlus, organizzazioni di volontariato, associazioni di promozione sociale.

Non sono enti del Terzo settore le amministrazioni pubbliche, le formazioni e le associazioni politiche, i sindacati, le associazioni professionali e di rappresentanza di categorie economiche, le associazioni di datori di lavoro, gli enti sottoposti a direzione e coordinamento o controllati dai suddetti enti, ad esclusione dei soggetti operanti nel settore della protezione civile, le associazioni o fondazioni di diritto privato ex Ipab.

Nell’individuazione dei fabbisogni alimentari e nella distribuzione dei beni, i Comuni possono anche coordinarsi con gli enti attivi nella distribuzione alimentare realizzate nell’ambito del Programma operativo del Fondo di aiuti europei agli indigenti (FEAD). Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali rende disponibile l’elenco delle organizzazioni partner del citato Programma operativo.

Il Programma Operativo relativo al Fondo di aiuti europei agli indigenti (FEAD) stanzia per il periodo 2014-2020 circa 789 milioni di euro per attuare sul territorio nazionale una serie di interventi a favore di persone in condizioni di grave deprivazione materiale. In Italia il FEAD finanzia principalmente l'acquisto e distribuzione di beni alimentari ma anche la fornitura di materiale scolastico a ragazzi appartenenti a famiglie disagiate, l'attivazione di mense scolastiche in aree territoriali con forte disagio socio-economico, aiuti a favore delle persone senza dimora e in condizioni di marginalità estrema.

Gli interventi sono attuati attraverso una rete di organizzazioni partner costituite da amministrazioni pubbliche e associazioni non profit. L'acquisto e la distribuzione alimentare sono attuati per mezzo dell'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA), in qualità di organismo intermedio, con cui il Ministero ha stipulato un'apposita convenzione.

Col D.M. n. 212 del 15 luglio 2016 è stato approvato il paniere di prodotti alimentari da distribuire. Il 4 settembre 2017 sono state emanate le istruzioni operative che dettano, per le organizzazioni partner capofila già accreditate presso AGEA, le modalità di adesione al Programma.

Per le attività connesse alla distribuzione alimentare non sono disposte restrizioni agli spostamenti del personale degli enti del Terzo settore e dei volontari coinvolti. Quindi diviene una ulteriore deroga da segnalare nel modulo di autodichiarazione.

Le procedure di acquisto

La premessa è dettata dal comma 3 dell’art. 1, in base al quale, in caso di esercizio provvisorio, al fine di utilizzare le risorse autorizza “variazioni di bilancio con delibera di giunta”. Si tratta di un atto necessario che è bene venga approvato in tempi rapidi onde consentire gli impegni di spesa.

I Comuni che abbiano già approvato i documenti di bilancio hanno la possibiità di adottare la variazione in via d’urgenza con delibera di Giunta, da sottoporre a ratifica del Consiglio entro sessanta giorni a norma dell’art. 175, comma 4, del Tuel.

Quindi seguiamo quanto detta l’art. 2, che autorizza il Comune all’acquisizione:

  1. di buoni spesa utilizzabili per l’acquisto di generi alimentari presso gli esercizi commerciali contenuti nell’elenco pubblicato nel sito istituzionale;
  2. di generi alimentari o prodotti di prima necessità.

A voler essere precisi, la lett. a) consente l’acquisto di buoni spesa per i soli “generi alimentari”, mentre l’acquisto diretto di cui alla lett. b) può essere disposto non solo per questi ma anche per “prodotti di prima necessità”.

Nell’un caso come nell’altro i Comuni possono avvalersi degli enti del Terzo Settore “per l’acquisto e per la distribuzione dei beni”. Per la distribuzione, ma anche per l’individuazione dei fabbisogni alimentari, possono coordinarsi con gli enti attivi nella distribuzione alimentare realizzate nell’ambito del FEAD, per il quale il Ministero del lavoro renderà disponibile l’elenco delle organizzazioni partner.

Nel caso della lett. a), dunque, il Comune deve individuare e pubblicare sul sito istituzionale gli esercizi commerciali disponibili ad accettare i buoni spesa utilizzabili per l’acquisto di generi alimentari. Essendo tutte le procedure in deroga al Codice dei contratti, le modalità possono essere diverse, ma quella più funzionale e immediatamente operativa può essere quella di aprire una manifestazione di interesse (call on line) tramite cui chiedere in tempi rapidi la disponibilità dei singoli esercenti, che la esplicitano attraverso l’iscrizione on line ovvero con l’invio tramite PEC di apposita autodichiarazione di disponibilità.

Possono utilizzarsi titoli legittimanti all’acquisto già in uso presso l’ente, quali ad esempio per i voucher sociali e buoni pasto utilizzati per il servizio sostitutivo di mensa, ovvero esternalizzare – senza necessità di procedura ad evidenza pubblica – tale attività a terzi soggetti idonei alla realizzazione e distribuzione dei titoli legittimanti all’acquisto per i beneficiari.

Per gli enti di minori dimensioni, vista l’esiguità degli esercizi commerciali, la call on line di interesse può essere sostituita con l’inserimento d’ufficio degli stessi all’interno dell’elenco da pubblicare sul sito. Si ritiene possibile – posto che l’ordinanza specifica in tal senso – inserire e/o considerare nell’elenco anche esercizi situati fuori del territorio comunale, ad esempio quando non ne esistono ovvero si tratta di centri commerciali o rivendite più attrezzate o ancora qualora il negozio “sotto casa” abbia esaurito i prodotti di cui si necessita.

Nel caso della lett. b) è il Comune ad acquistare i generi alimentari e i prodotti di prima necessità e può farlo sia direttamente che avvalendosi dei soggetti del Terzo settore. Nel primo caso può ricorrere agli esercenti di cui avrà sondato la disponibilità con la call on line, che così diventa funzionale ad entrambe le misure. Ovviamente non c’è una regola per la scelta dei venditori, ma sarebbe buona norma attuare una sorta di rotazione, sia per quantità di merce che per entità di spesa.

Può inoltre rivolgersi agli eventuali gestori del servizio di refezione scolastica e/o ai fornitori di derrate da destinare ai servizi educativi per la prima infanzia gestiti direttamente, con i quali contrattare una “estensione qualitativa” dell’appalto da sostenere con le risorse originariamente appostate in bilancio e non spese per la sospensione dei servizi educativi e scolastici.

Nel secondo caso si tratta di attivare un accordo con i soggetti del Terzo settore ai quali si mettono a disposizione le risorse finalizzate all’acquisto e alla distribuzione dei beni.

La scelta dei beneficiari

L’altra questione delicata è posta dal comma 6 dell’art. 2, che impegna direttamente l’ufficio dei servizi sociali di ciascun Comune ad individuare sia la platea dei beneficiari che il relativo contributo nell’ambito di queste due fasce:

  • nuclei familiari più esposti agli effetti economici derivanti dall’emergenza epidemiologica
  • soggetti in stato di bisogno

con questa priorità: nuclei e soggetti non già assegnatari di sostegno pubblico

e questa finalità: soddisfare le necessità più urgenti ed essenziali.

Secondo l’ANCI, occorre dare priorità ai nuclei non assegnatari di sostegno pubblico (RdC, Rei, Naspi, indennità di mobilità, cassa integrazione guadagni, altre forme di sostegno previste a livello locale o regionale). Ma ciò non non esclude che le risorse possano essere attribuite anche a percettori di altre forme di sostegno pubblico al reddito, purché nell’attribuzione del contributo si dia priorità a chi tale sostegno non lo riceve.

Non è percorribile in questa fase, dato il carattere di estrema urgenza, affidarsi ai consolidati criteri tramite i quali i servizi sociali gestiscono misure di sostegno. Né è immaginabile una selezione affidata all’ISEE, i cui valori sono riferiti ad annualità distanti e che per questo non sono in grado di percepire ed esprimere il disagio sofferto a seguito dell’epidemia. Nemmeno è possibile – né utile, vista la transitorietà del momento – imporre ai beneficiari di rinnovare la DSU in tempi super rapidi, considerato anche il divieto di spostamento e le difficoltà per larga parte della popolazione ad utilizzare strumenti info-telematici.

Vi è anche evidenza di quanti, pur disponendo di una casa di proprietà o altri beni, dai quali però non riescono a ricavare reddito, non godonio delle entrate da un’attività lavorativa chiusa o persa e per questo si trova in una condizione di bisogno.

D’altro canto, le “necessità più urgenti ed essenziali” di cui parla l’Ordinanza devono essere in questo momento decontestualizzate da qualsiasi precedente modello ordinario e distolto dai rodati schemi operativi in uso presso i servizi sociali:

  • per la peculiarità della misura, innanzi tutto, che presenta un carattere molto “grezzo” rispetto a quelle attivate negli ultimi anni;
  • per l’estrema urgenza di capitalizzare le risorse messe a disposizione dal Governo e metterle materialmente nelle tasche delle persone;
  • per le fasce della popolazione coinvolte, che non sono più e solo quelle storicamente assistite dai servizi sociali ma in questo frangente annoverano nuclei e persone che si trovano in condizione di bisogno a causa dell’epidemia e che mai avrebbero avuto necessità di un sussidio (si pensi a chi ha perso lavoro e non ha ammortizzatori sociali, ai lavoratori “in nero”, ai disoccupati che potevano contare sull’apporto di famiglie e reti parentali ora non più disponibili).

È del tutto evidente che la situazione di emergenza non dissolve i problemi degli assistiti “storici” dei servizi sociali, che anzi rischiano di vedere aggravare le condizioni faticosamente acquisite. Questi, però, sono nuclei e soggetti già conosciuti, la cui eventuale situazione di necessità può essere direttamente gestita dal servizio.

Per il resto è necessario affidarsi alle autodichiarazioni dei nucei e dei singoli, tenendo conto delle situazioni a maggior rischio quali quelle in cui siano presenti anziani, disabili, immunodepressi, soggetti in quarantena o contagiati.

La priorità dovrà essere data ai non assegnatari di sostegno pubblico, che secondo l’ANCI sono: il Reddito di cittadinanza, il Reddito di inclusione, il Naspi, l’indennità di mobilità, la cassa integrazione guadagni, le altre forme di sostegno previste a livello locale o regionale. Ma questo non esclude che le risorse possano essere attribuite anche a percettori di altre forme di sostegno pubblico al reddito, in caso di disponibilità di risorse e purché si dia priorità a chi tale sostegno non lo riceve.

Gli atti

Dal punto di vista procedurale, l’Ordinanza n. 658/2020 nulla dispone e lascia all’autonomia organizzativa dei singoli Comune. Si ritiene debba esserci un provvedimento di avvio del servizio che, vista anche l’urgenza, non può che essere del Sindaco, il quale prende atto del finanziamento disposto dall’ordinanza – che ha destinazione vincolata – e di eventuali altre risorse di bilancio o derivanti da donazioni e profila l’impostazione di massima del servizio, dando mandato al responsabile del servizio di provvedere all’attivazione.

Il Sindaco potrebbe eventualmente disporre una suddivisione della somma assegnata in relazione alle due finalità stabilite dall’Ordinanza (acquisto dei buoni spesa e acquisto di generi alimentari e prodotti di prima necessità) e/o individuare in quale delle due impegnare preferibilmente gli enti del Terzo settore.

Per il resto deve dare mandato alla struttura organizzativa di attivare tutto quanto necessario per dare avvio immediato alla misura, con particolare riferimento alle seguenti attività:

  1. individuare la tipologia dei buoni spesa utilizzabili per l’acquisto di generi alimentari;
  2. stabilire le modalità per individuare gli esercizi commerciali da inserire nell’elenco pubblicato sul sito del Comune;
  3. regolare l’acquisto di generi alimentari e prodotti di prima necessità;
  4. regolare i rapporti con gli enti del Terzo Settore chiamati ad impegnarsi nell’attuazione della misura e le forme di coordinamento con gli enti attivi nella distribuzione alimentare realizzate nell’ambito del Programma operativo del Fondo di aiuti europei agli indigenti (FEAD) nella distribuzione dei beni, allorché il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ne avrà reso disponibile l’elenco ai sensi dell’art. 2, comma 5, dell’Ordinanza n. 658/2020;
  5. individuare i beneficiari della misura ed elaborare un modello semplificato di autocertificazione;
  6. impostare procedure e modalità di verifica e controllo, anche a campione, delle autodichiarazioni presentate dai beneficiari nonché le modalità di rendicontazione della misura.

È conveniente individuare un unico responsabile della misura, vista l’urgenza e la connessa necessità di garantire una “catena di comando” ben delineata, nello spirito proprio delle operazioni di protezione civile, che potrebbe essere direttamente il dirigente dell’ufficio dei servizi sociali, spesso gestito in convenzione a livello di Ambito territoriale, quindi con una conduzione comune che può rivelarsi oltremodo funzionale nei piccoli Comuni.

Il provvedimento dirigenziale assume le vesti di determina “a contrattare” di cui all’art. 192 del Tuel, sia nei confronti degli esercizi commerciali che degli enti del Terzo settore.

I modelli

Al fine di fornire un contributo operativo ai Comuni, in allegato alla presente nota proponiamo le bozze di:

  1. ordinanza sindacale con cui si dà avvio alla misura
  2. determinazione dirigenziale di approvazione della manifestazione di interesse nei confronti degli esercizi commerciali interessati all’inserimento nell’elenco comunale
  3. manifestazione di interesse
  4. domanda di adesione

che rappresentano le operazioni da mettere immediatamente in campo per dare avvio alla misura. Nei prossimi contributi provvederemo a fornire una bozza dell’avviso pubblico per la richiesta da parte dei nuclei familiari dei buoni spesa, dello schema di domanda, dell’accordo con gli enti del Terzo settore.

31 marzo 2020

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