Approfondimento sulle modifiche al Codice dei Contratti previste dal “Dl Infrastrutture”
ANCI – 29 maggio 2025
Verifica amministrativa requisiti, prima dell’ammissione in gara degli operatori economici.
Servizi Comunali GareApprofondimento di Luca Leccisotti
VERIFICA AMMINISTRATIVA REQUISITI, PRIMA DELL’AMMISSIONE IN GARA DEGLI OPERATORI ECONOMICI.
Luca Leccisotti
Da quando è entrato in vigore il Nuovo Codice dei Contratti pubblici, il D.Lgs 50/2016 e ss.mm.ii, la questione della verifica amministrativa alle ditte, prima dell’ammissione in gara e successiva apertura delle buste tecniche ed economiche, è quasi sempre omessa e al più delle volte è fatta in modo sbagliato.
Quali sono gli errori più frequenti:
Facciamo un passo indietro. Il vecchio codice dei contratti D.lgs 163/2006 all’articolo n.48 prevedeva:
Le stazioni appaltanti prima di procedere all'apertura delle buste delle offerte presentate, richiedono ad un numero di offerenti non inferiore al 10 per cento delle offerte presentate, arrotondato all'unità superiore, scelti con sorteggio pubblico, di comprovare, entro dieci giorni dalla data della richiesta medesima, il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, eventualmente richiesti nel bando di gara, presentando la documentazione indicata in detto bando o nella lettera di invito.
Nel nuovo Codice, i tecnici luminari che hanno collaborato nella stesura del poderoso nuovo impianto normativo, si sono dimenticati di prevedere qualcosa in merito. Si, avete capito bene, se ne sono dimenticati, nonostante alcuni passaggi del codice appaiono riesumare questa fantomatica “verifica amministrativa”. Proviamo a capire. L’articolo 76 del Nuovo Codice prevede, al comma 5:
Le stazioni appaltanti comunicano d'ufficio immediatamente e comunque entro un termine non superiore a cinque giorni:
a) l'aggiudicazione, all'aggiudicatario, al concorrente che segue nella graduatoria, a tutti i candidati [rectius: a tutti gli offerenti] che hanno presentato un'offerta ammessa in gara, a coloro la cui candidatura o offerta siano state escluse se hanno proposto impugnazione avverso l'esclusione o sono in termini per presentare impugnazione, nonché a coloro che hanno impugnato il bando o la lettera di invito, se tali impugnazioni non siano state respinte con pronuncia giurisdizionale definitiva;
b) l'esclusione ai candidati e agli offerenti esclusi;
c) la decisione di non aggiudicare un appalto ovvero di non concludere un accordo quadro, a tutti i candidati;
d) la data di avvenuta stipulazione del contratto con l'aggiudicatario, ai soggetti di cui alla lettera a) del presente comma.
Rimaniamo sulla lett. b): l’esclusione ai candidati.
Proseguiamo con la lettura dell’articolo 76 che al comma 2bis recita:
Nei termini stabiliti al comma 5 è dato avviso ai candidati e ai concorrenti, con le modalità di cui all'articolo 5-bis del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, o strumento analogo negli altri Stati membri, del provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all’esito della verifica della documentazione attestante l'assenza dei motivi di esclusione di cui all'articolo 80, nonché la sussistenza dei requisiti economico-finanziari e tecnico-professionali, indicando l'ufficio o il collegamento informatico ad accesso riservato dove sono disponibili i relativi atti.
Eccoci qua, si parla del “provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all’esito della verifica della documentazione…omissis”
Perfetto, cosa deduciamo da questa lettura dell’articolo? Allora:
Solo Cantone, ex Presidente ANAC, nella comunicazione ANAC del 08/11/2017 si accorse del vuoto normativo che stava creando infiniti problemi alle fasi di gara, diramò delle “Indicazioni alle stazioni appaltanti e agli operatori economici sulla definizione dell’ambito soggettivo dell’art. 80 del d.lgs. 50/2016 e sullo svolgimento delle verifiche sulle dichiarazioni sostitutive rese dai concorrenti ai sensi del d.p.r. 445/2000 mediante utilizzo del modello di DGUE.”
Al punto 4 di questo comunicato c’era scritto:
In assenza di specifiche indicazioni del Codice in ordine ai tempi e alle modalità delle verifiche sulle dichiarazioni sostitutive rese dai concorrenti sul possesso dei requisiti di partecipazione, è possibile ricavare indicazioni operative dal disposto dell’art. 85, comma 5, del Codice e dell’art. 71 del d.p.r. 445/2000 (richiamato dal DGUE). Può affermarsi, quindi, che, ferma restando l’obbligatorietà del controllo sul primo classificato da effettuarsi prima dell’aggiudicazione dell’appalto, nelle precedenti fasi della procedura, le stazioni appaltanti sono tenute a verificare i requisiti generali e speciali, anche ai sensi dell’art.83, comma 8, del Codice, sulla base delle autodichiarazioni presentate dai concorrenti, di cui è verificata la completezza e conformità a quanto prescritto dal bando. Le stazioni appaltanti possono procedere al controllo della veridicità e sostanza di tali autodichiarazioni anche a campione e in tutti i casi in cui ciò si rendesse necessario per assicurare la correttezza della procedura, ivi compresa l’ipotesi in cui sorgano dubbi sulla veridicità delle stesse.
Come vedete ferma restando l’obbligatorietà del controllo sul primo classificato da effettuarsi prima dell’aggiudicazione dell’appalto, nelle precedenti fasi della procedura, le stazioni appaltanti sono tenute a verificare i requisiti generali e speciali, anche ai sensi dell’art.83, comma 8, del Codice, sulla base delle autodichiarazioni presentate dai concorrenti, di cui è verificata la completezza e conformità a quanto prescritto dal bando.
Quindi occorre, prima di ammettere le ditte in gara, fare una verifica anche a campione. Non si possono far passare tutte le dichiarazioni per buone senza un’istruttoria di controllo.
Oltre alle norme del Codice degli appalti altamente lacunose sul tema, ci si mette anche la giurisprudenza amministrativa a creare il caos più totale.
Leggevo la sentenza del TAR Lecce n. 1601/2019: discutibile tutto l’impianto decisorio e assolutamente avulso dalla normativa attuale. Studiamola: …omissis…”E’ stato impugnato l’atto con cui è stata disposta l’esclusione della ditta XXXX dalla procedura aperta “per mancanza del possesso del requisito di cui al punto 7.3 lett. g) del disciplinare”.
La ditta fu esclusa perché il bando oltre a prevedere una dichiarazione nel DGUE, prevedeva anche un atto notorio che attestava con più dovizia di particolari il requisito richiesto. La ditta non presentò questa ulteriore dichiarazione (lo autocertificò solo nel DGUE). In assenza di questa ulteriore dichiarazione, la ditta fu esclusa.
La lettura che ne da il TAR è veramente non condivisibile: Sul punto, premette il Collegio che, per condivisa giurisprudenza amministrativa, “L’art. 32, comma 7, d.lgs. n. 50 del 2016 rimanda la verifica del possesso dei requisiti alla fase successiva all’aggiudicazione, quale condizione integrativa dell’efficacia di quest’ultima, con la conseguenza che quanto dichiarato dagli operatori economici concorrenti nella domanda di partecipazione alla gara e nel documento di gara unico europeo costituisce prova documentale sufficiente del possesso dei requisiti dichiarati, dovendo essere basata su tali dichiarazioni la relativa valutazione ai fini dell’ammissione e della partecipazione alla gara, che spetta alla commissione di gara.
Secondo il TAR:
Dopo aver letto quanto sopra, siete in grado autonomamente di smontare punto per punto la tesi dei giudici pugliesi.
Un unico errore, se così si può chiamare, addebiterei alla stazione appaltante che ha escluso la ditta: avrebbe dovuto attivare il soccorso istruttorio per integrazione documentale.
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