Approfondimento di Luciano Catania

Corte dei Conti Sezione Autonomie: niente baratto amministrativo per i canoni

Servizi Comunali Contratti pubblici
di Catania Luciano
15 Febbraio 2020

Approfondimento di Luciano Catania                                                                                                      

CORTE DEI CONTI SEZIONE AUTONOMIE: NIENTE BARATTO AMMINISTRATIVO PER I CANONI

Luciano Catania

 

Il baratto amministrativo non può essere applicato oltre i casi e i tempi in esso considerati, vale a dire al di fuori delle fattispecie qualificabili come “riduzioni o esenzioni di tributi”.

Lo ha sancito la Sezione Autonomie della Corte dei Conti con la deliberazione 29 gennaio 2020, n. 2/SEZAUT/2020/QMIG.

Il baratto amministrativo è stato previsto dapprima, in maniera criptica, dall’art. 11, comma 2, lett. f) del D.Lgs. 14 marzo 2011 n. 23 e, successivamente, in maniera più chiara, dall’art.24 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, nella Legge 11 novembre 2014, n. 164.

Ha, poi, trovato nuova disciplina nell’art. 190 del codice degli appalti (D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50).

Il baratto, in effetti, è uno strumento per potenziare e promuovere l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli o associati, per lo svolgimento di attività d’interesse generale.

La prima vera norma di riferimento del baratto amministrativo, relativamente alla fiscalità locale è stata, quindi, l’art. 24 della D.L. n. 133/2014, cosiddetto “Sblocca Italia” che definisce le misure di agevolazione della partecipazione delle comunità locali in materia di tutela e valorizzazione del territorio. Successivamente la norma è stata, in qualche modo, assorbita dall’art. 190 del Codice degli appalti.

L’art. 24 del D.L. n. 133/2014 (Misure di agevolazione della partecipazione delle comunità locali in materia di tutela e valorizzazione del territorio) prevede che: I comuni possono definire con apposita delibera i criteri e le condizioni per la realizzazione di interventi su progetti presentati da cittadini singoli o associati, purché individuati in relazione al territorio da riqualificare, mentre l’art. 190 del D.Lgs. n. 50/2016 (Nuovo codice appalti) trattando del baratto amministrativo ed interventi di sussidiarietà orizzontale, recita: Gli enti territoriali definiscono con apposita delibera i criteri e le condizioni per la realizzazione di contratti di partenariato sociale, sulla base di progetti presentati da cittadini singoli o associati, purché individuati in relazione ad un preciso ambito territoriale.

I Comuni possono stabilire i criteri e le condizioni per la realizzazione d’interventi su progetti presentati da cittadini singoli e associati, purché individuati in relazione al territorio da riqualificare.

La norma è abbastanza scarna ed, in effetti, la disciplina di questo istituto è stata definita in gran parte da diversi interventi della Corte dei Conti.

Una delle questioni sulle quali la magistratura contabile si è dovuta pronunciare riguarda la possibilità che l’ente locale, in sede di esercizio della propria potestà regolamentare, applichi l’istituto anche ai crediti di natura extra-tributaria, connessi all’erogazione di servizi pubblici o prestazioni a domanda individuale, oppure tra le entrate classificabili come “canoni”.

Secondo il Comune che aveva richiesto un parere alla Sezione lombarda della Corte dei Conti, la disposizione normativa sarebbe suscettibile di applicazione analogica, “stante la natura sinallagmatica che contraddistingue tipicamente i canoni (trattandosi di corrispettivi che l’utente deve versare a fronte di uno specifico servizio/concessione prestata dall’ente locale, diversamente dalla generalità che caratterizza i tributi locali da versarsi a fronte della prestazione di servizi c.d. indivisibili) nonché stante il diverso rango dell’entrata pubblica relativa, di natura meramente patrimoniale”.

La Sezione regionale di controllo per la Lombardia, con un primo parere (deliberazione n. 357/2019/QMIG), ha affermato la necessità di “distinguere fra le ipotesi in cui gli enti locali possono accordare agevolazioni tributarie, da quelle in cui le agevolazioni riguardano il pagamento di debiti di natura extra tributaria”.

Conformandosi ad un precedente parere della Sezione regionale di controllo per l’Emilia-Romagna (deliberazione n. 27/2016/PAR del 23 marzo 2016), è stata esclusa, altresì, la possibilità di consentire che l’adempimento di tributi locali, anche di esercizi finanziari passati confluiti nella massa dei residui attivi dell’ente medesimo, possa avvenire attraverso una sorta di datio in solutum ex art. 1197 c.c. da parte del cittadino debitore che, invece di effettuare il pagamento del tributo dovuto, ponga in essere una delle attività previste dalla norma e relative alla cura e/o valorizzazione del territorio comunale.

La Sezione ha ritenuto che tale ipotesi non solo non rientrerebbe nell’ambito di applicazione della norma in quanto difetterebbe il requisito dell’inerenza tra agevolazione tributaria e tipologia di attività svolta dai soggetti amministrati, elementi che, peraltro, devono essere preventivamente individuati nell’atto regolamentare del comune, ma potrebbe determinare effetti pregiudizievoli sugli equilibri di bilancio considerato che i debiti tributari del cittadino sono iscritti tra i residui attivi dell’ente.

Con riferimento ai crediti di natura extra tributaria, la Sezione di controllo per la Lombardia ha evidenziato l’assenza di una norma specifica di divieto ed il fatto che, contrariamente alle entrate di natura tributaria, non vige un principio di indisponibilità ed irrinunciabilità delle entrate patrimoniali.

La gestione delle entrate extra tributarie soggiace, al pari delle altre entrate, ai principi in tema di equilibri e di vincoli di bilancio, affinché sia scongiurato il rischio di diminuzione di entrate derivante da politiche espansive sul baratto amministrativo, il quale deve essere concepito quale strumento sussidiario e complementare per assicurare forme di partenariato sociale, nel rispetto della salvaguardia dei vincoli e degli equilibri finanziari dell’ente locale.

Con il secondo parere (deliberazione n. 225/2016/PAR), la Sezione regionale di controllo per la Lombardia, ha posto in evidenza che il baratto amministrativo, così come disciplinato dalla recente legislazione, “opera su un piano diverso dagli istituti del codice civile della datio in solutum e della transazione”.

La Sezione regionale di controllo per il Veneto (deliberazione n. 357/2019/QMIG) ha, invece, escluso l’applicabilità dell’istituto in esame alle entrate extratributarie “alla luce del chiaro dettato della norma”.

La difformità di orientamento tra le due Sezioni di controllo, ha indotto, dunque, la Sezione regionale per la Lombardia a ravvisare l’esistenza dei presupposti per la rimettere gli atti alla Sezione Autonomie, chiedendo “se in sede di esercizio della potestà regolamentare prevista dall’art. 190 d.lgs. n. 50/16 l’ente locale possa prevedere l’applicabilità dell’istituto del c.d. baratto amministrativo per la riduzione e/o estinzione di crediti di natura extra tributaria, connessi all’erogazione di servizi pubblici o di prestazioni a domanda individuale”.

Il d.lgs. n. 50/2016 ha riassunto negli articoli 189 e 190 del nuovo Codice dei contratti pubblici (rubricati, rispettivamente, “Interventi di sussidiarietà orizzontale” e “Baratto amministrativo”) i principali aspetti che contraddistinguono le espressioni della sussidiarietà orizzontale e della partecipazione attiva dei cittadini nella gestione di aree e beni immobili di uso collettivo.

La previsione di una riduzione degli obblighi tributari a fronte della prestazione del privato è sufficiente a qualificare l’accordo raggiunto fra le parti come un contratto a titolo oneroso, in quanto capace di coprire i costi della prestazione con i ricavi derivanti dal beneficio fiscale.

La ragione determinante del baratto amministrativo (la sua causa tipica) consiste nel regolare le ipotesi e le condizioni in cui i contribuenti possono offrire spontaneamente il loro impegno a svolgere, in via sussidiaria e complementare, attività o servizi a carattere indivisibile a fronte di una riduzione o di una esenzione tributaria.

La materia tributaria, come sancito dall’art. 23 della Costituzione, è coperta da riserva di legge, da intendersi come riserva “relativa”, nel senso che opera per le norme impositive in senso stretto (quelle che regolano l’an e il quantum della prestazione), potendo la legge ordinaria assegnare a fonti di rango inferiore l’integrazione di aspetti secondari della disciplina.

Nell’esercizio della funzione regolamentare e attuativa dei rapporti tributari occorre assicurare, chiarisce la Sezione Autonomia, anche la concreta applicazione del più generale principio di eguaglianza, che in tale ambito è espressione dei principi di capacità contributiva (art. 53, primo comma, Cost.) e di imparzialità nell’azione della Pubblica amministrazione (art. 97, secondo comma, Cost.).

La necessaria previsione dell'obbligazione tributaria in disposizioni imperative di legge, vincolanti sia per i soggetti passivi del tributo che per l'ente impositore, comporta l’obbligo, da parte di quest'ultimo, di esercitare i poteri conferitigli senza alcun potere discrezionale.

Il principio dell'indisponibilità dell'obbligazione tributaria risulta derogabile, nel nostro ordinamento, soltanto in forza di disposizioni di legge eccezionali (come tali da interpretarsi restrittivamente) che, nel rispetto del principio di legalità e operando un bilanciamento fra esigenze contrastanti, sacrificano gli interessi tutelati dagli articoli 53 e 97 della Costituzione, in favore di altri interessi, costituzionalmente garantiti, di rango pari o superiore.

Il baratto amministrativo non si limita ad introdurre una modalità alternativa di adempimento dell’obbligazione tributaria, ma determina una vera e propria deroga al principio della indisponibilità del credito tributario. Tale deroga è resa possibile dal fatto che, operando il bilanciamento di interessi, il Legislatore si è espresso in favore delle esigenze costituzionalmente garantite dal principio di sussidiarietà orizzontale, consentendo all’ente di rinunciare alla potestà impositiva prevista dalla legge in funzione del recupero del valore sociale della partecipazione dei cittadini alla comunità di riferimento.

Il baratto amministrativo, secondo la sezione Autonomie, non solo si pone in contrasto con alcuni dei principi che governano la generalità degli istituti di partenariato, ma interrompe anche la conseguenzialità logica e teleologica sottesa a gran parte delle norme di evidenza pubblica stabilite dal Codice dei contratti. Il baratto amministrativo, così come disegnato dall’art. 190 del codice degli appalti, si connota di caratteristiche ed esigenze peculiari che necessitano di una deroga ai principi generali in materia di partenariato.

La disciplina dell’istituto del baratto amministrativo, prevista dall’art 190 del d.lgs. n. 50/2016, non è suscettibile di interpretazione analogica e può essere applicata alle sole ipotesi di riduzione e/o estinzione di crediti di natura tributaria. Nella disciplina regolamentare deve essere, comunque, assicurato il rispetto sia dei principi di legalità, trasparenza, imparzialità e buon andamento, sia delle regole di contabilità pubblica e di salvaguardia dei vincoli e degli equilibri finanziari

È compito dell’ente locale - conclude la sezione Autonomie - “favorire l’autonoma iniziativa dei cittadini prevista dal quarto comma dell’art. 118 della Costituzione, anche attraverso la predeterminazione di fattispecie convenzionali tipizzate dirette allo svolgimento di attività socialmente utili nella gestione di aree e beni immobili, da compensare con la riduzione o l’estinzione di crediti extratributari disponibili. Qualora i crediti vantati dall’ente traggano origine da prestazioni patrimoniali imposte ex art. 23 della Costituzione, l’esercizio di detto potere discrezionale può espletarsi entro gli spazi che la norma primaria rimette alla determinazione degli enti in sede attuativa”.

11 febbraio 2020

 

Sulla materia vedi “Il baratto amministrativo e la potestà regolamentare dei comuni in materia tributaria”, dello stesso autore, edito da Halley Informatica S.r.l.

                                                                                         

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