Approfondimento di Mario Petrulli

Le rettifiche degli oneri concessori

Servizi Comunali Oneri concessori
di Petrulli Mario
12 Febbraio 2020

Approfondimento di Mario Petrulli                                                                                                     

LE RETTIFICHE DEGLI ONERI CONCESSORI

Mario Petrulli

 

Come è noto, l’art. 16 comma 1 del Testo Unico Edilizia[1] dispone che il rilascio del permesso di costruire comporta la corresponsione di un contributo commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione.

Uno degli aspetti più delicati sul contributo in questione riguarda l’individuazione del momento in cui lo stesso debba essere determinato e la possibilità di procedere ad eventuali rettifiche.

Con riferimento al primo aspetto, due sono le norme rilevanti:

  • l’art. 16 comma 2 del Testo Unico Edilizia, secondo cui gli oneri di urbanizzazione devono essere corrisposti all’atto del rilascio del titolo;
  • l’art. 16 comma 3 del medesimo Testo Unico, secondo cui la quota di contributo relativa al costo di costruzione è determinata all'atto del rilascio ed è corrisposta in corso d'opera, con le modalità e le garanzie stabilite dal Comune, non oltre sessanta giorni dalla ultimazione della costruzione.
    Dall’esegesi delle richiamate norme, è agevole desumere che gli oneri concessori, nelle due componenti degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione, devono essere quantificati durante l’istruttoria finalizzata al rilascio del titolo e comunicati all’interessato al momento del rilascio del titolo.
    Il secondo aspetto rilevante riguarda, invece, la possibilità delle rettifiche agli importi determinati dall’ufficio. Su tale aspetto, di intuibile rilevanza pratica, la giurisprudenza[2] ha avuto modo di precisare che le rettifiche sono ammissibili in alcune ipotesi ben precise.
    La prima riguarda il caso in cui il permesso di costruire sia stato utilizzato solo parzialmente: in detta circostanza, deve essere rideterminato il contributo, in proporzione all’opera effettivamente realizzata. Secondo la giurisprudenza[3], in tal caso sorge in capo al titolare un diritto di credito alla restituzione di quanto maggiormente pagato. Ovviamente, tale diritto di credito sorge anche quando il permesso di costruire rimane totalmente inutilizzato: in questo caso, però, non c’è alcuna rideterminazione del contributo ma la presa d’atto, da parte dell’ufficio tecnico comunale, del non utilizzo del titolo e del conseguente obbligo alla restituzione all’interessato di quanto già pagato a titolo di oneri concessori.
    La seconda ipotesi riguarda il rinnovo del permesso di costruire, eventualmente necessario per il completamento dei lavori rimasti ineseguiti: in tal caso bisognerà rideterminare il contributo, applicando le tabelle aggiornate e vigenti in quel momento (e non più quelle utilizzate in occasione del rilascio dell’originario titolo edilizio[4]) e detraendo quanto già pagato dall’interessato in occasione del precedente permesso di costruire.
    La terza ipotesi riguarda la richiesta, in corso di realizzazione dell’opera e di efficacia del permesso di costruire, di una variante che determina un aggravio del carico urbanistico[5]: anche in questo caso si dovrà tenere conto delle tabelle eventualmente aggiornate e di quanto già pagato dall’interessato in fase di prima richiesta.
    La quarta ipotesi riguarda la richiesta, in corso di realizzazione dell’opera, di una variante che determina una diminuzione del carico urbanistico: anche in questo caso si dovrà procedere a ricalcolare gli oneri, tenendo conto delle tabelle eventualmente aggiornate e di quanto già pagato dall’interessato in fase di prima richiesta, con la differenza che, di norma, si concretizzerà una somma a favore del richiedente, che il Comune dovrà ovviamente restituire.
    La quinta ipotesi si ha nel caso di errore di calcolo del contributo rispetto alla situazione di fatto e/o alla disciplina vigente al momento del rilascio del titolo[6]. Si tratta di un’ipotesi che può determinare:
  • una maggiore somma dovuta: in tal caso il Comune dovrà provvedere a richiedere la differenza all’interessato;
  • una minor somma dovuta: in tal caso il Comune dovrà provvedere alla conseguente restituzione di detta differenza.
    Il diritto di credito si prescrive nell’ordinario termine decennale, ex art. 2946 c.c.[7]
    10 febbraio 2020
 

[1] DPR n. 380/2001.

[2] Cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 12 giugno 2017, n. 2821; TAR Puglia, Lecce, sez. III, sent. 4 febbraio 2020, n. 140.

[3] TAR Lombardia, Milano, sez. II, sent. 24 marzo 2010, n. 728, secondo cui il diritto alla restituzione sorge ove il permesso di costruire sia stato utilizzato soltanto parzialmente, tenuto conto che sia la quota degli oneri di urbanizzazione che la quota relativa al costo di costruzione sono correlati, sia pure sotto profili differenti, all'oggetto della costruzione. L'avvalimento solo parziale delle facoltà edificatorie consentite da un permesso di costruire comporta, dunque, il sorgere, in capo al titolare, del diritto alla rideterminazione del contributo ed alla restituzione della quota di esso che è stata calcolata con riferimento alla porzione non realizzata.

[4] Anche in applicazione del principio tempus regit actum, per ciascun titolo concessorio gli oneri dovuti siano calcolati applicando la normativa e i parametri vigenti al momento in cui esso è rilasciato, esclusa quindi ogni ultrattività della disciplina in vigore all’epoca del rilascio del titolo originario: così il Consiglio di Stato, sez. IV, nella sent. 27 aprile 2012, n. 2471.

[5] Il ricalcolo “è legittimo nella sola ipotesi in cui le opere assentite col secondo permesso comportino un mutamento di destinazione d’uso ovvero una variazione essenziale del manufatto con passaggio da una categoria urbanistica ad altra funzionalmente autonoma, in tale caso giustificandosi col maggior carico urbanistico conseguente il ricalcolo degli oneri dovuto”: così il Consiglio di Stato, sez. IV, nella sent. 27 aprile 2012, n. 2471.

[6] Cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 27 settembre 2017, n. 4515, secondo cui:

  • la natura paritetica dell'atto di determinazione consente che l'Amministrazione possa apportarvi rettifiche (sia in favore del privato che in senso contrario), purché ciò avvenga nei limiti della prescrizione del relativo diritto di credito” e ciò in quanto “il computo degli oneri di urbanizzazione non è attività autoritativa e la contestazione sulla relativa corresponsione è proponibile nel termine di prescrizione decennale a prescindere dall'impugnazione dei provvedimenti adottati o dal sollecito a provvedere in via di autotutela. Trattasi infatti, nel caso di specie, di una determinazione che "obbedisce" a prescrizioni desumibili da tabelle, in ordine alla quale l'amministrazione comunale si limita ad applicare i detti parametri, (conseguentemente per la stessa rivestenti natura cogente) laddove è esclusa qualsivoglia discrezionalità applicativa”;
  • la pariteticità dell'atto e l'assenza di discrezionalità ne legittima o addirittura ne impone la revisione ove affetta da errore, con il solo limite della maturata prescrizione del credito). La originaria determinazione, pertanto, può essere sempre rivisitata, ove la si assuma affetta da errore (e fermo restando la necessità che detta originaria erroneità della determinazione iniziale sussista effettivamente), e ciò sia laddove essa abbia indicato un importo inferiore al dovuto, che laddove abbia quantificato un importo superiore e, pertanto, non dovuto”.

[7] Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, sent. 30 agosto 2018, n. 12.

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