Approfondimento sulle modifiche al Codice dei Contratti previste dal “Dl Infrastrutture”
ANCI – 29 maggio 2025
Il conflitto d’interessi
Servizi Comunali Codice disciplinare Incompatibilità Incompatibilità InconferibilitàApprofondimento di Enrica Daniela Lo Piccolo
Il conflitto d’interessi
Enrica Daniela Lo Piccolo
1 – PREMESSA
Il tema del conflitto di interessi non è definito dal legislatore in maniera compiuta, ma è descritto come quell’interesse personale che il soggetto che opera per conto della Pubblica Amministrazione ha interferendo nelle procedure per perseguire interessi privati.
Il tema del conflitto d’interessi viene affrontata per la prima volta dal nostro legislatore, in maniera chiara e decisa, con la legge Legge 6 novembre 2012, n. 190, recante “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione”, il cui articolo 1, comma 41, introduce nel corpus normativo della Legge sul procedimento amministrativo, ossia la legge 8 agosto 1990 n.241, il comma 6-bis , che testualmente recita :” Il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale”. Il legislatore ha voluto focalizzare l’attenzione sul fatto che la norma trova applicazione non nei confronti di tutti i dipendenti, ma solo al responsabile del procedimento ed ai titolari degli uffici, che hanno un potere dispositivo, responsabilità e che esplicitano la loro funzione attraverso le mansioni che hanno rilevanza esterna e che usufruiscono, in qualche modo, di un potere discrezionale. Si evidenzia che “adottare” non vuol dire prestare un’attività qualsiasi, ma che attraverso quell’attività svolta possa essere possibile modificare lo status di qualche cosa, che è un provvedimento.
La situazione di conflitto di interessi si configura laddove la cura dell’ interesse pubblico cui è preposto il funzionario potrebbe essere deviata per favorire il soddisfacimento di interessi contrapposti di cui sia titolare il medesimo funzionario direttamente o indirettamente. Si tratta, dunque, di una condizione che determina il rischio di comportamenti dannosi per l’amministrazione, a prescindere che ad essa segua o meno una condotta impropria ed indica, pertanto, una condizione in cui un soggetto al quale viene affidata una forte responsabilità decisionale è al tempo stesso titolare di interessi, siano essi di natura personale o professionale, che rischiano di compromettere l'imparzialità che invece lo stesso è tenuto a garantire.
In altri termini, il conflitto di interessi indica una condizione in cui un soggetto al quale viene affidata una forte responsabilità decisionale è al tempo stesso titolare di interessi, siano essi di natura personale o professionale, che rischiano di compromettere l'imparzialità che invece lo stesso è tenuto a garantire. Il conflitto di interessi reale (o attuale) è, quindi, quello che si presenta nel momento in cui l’agente deve esprimere un giudizio o manifestare la sua volontà.
La valutazione va fatta ex ante, prima di qualunque fase procedurale e va reiterata costantemente, pur non formalizzando nulla in un atto o documento scritto ed è nella fase iniziale che occorre la dichiarazione di assenza di conflitto da parte del dipendente cui viene affidato un determinato procedimento.
L’articolo 6 bis della legge n.241 del 1990 rubricato “conflitto di interessi” impone il dovere di segnalazione della situazione di conflitto di interessi, anche potenziale, a carico dei soggetti che vi si trovano. La finalità di prevenzione si attua mediante l’astensione dalla partecipazione alla decisione o atto endoprocedimentale del titolare dell’interesse che potrebbe porsi in conflitto con l’interesse perseguito mediante l’esercizio della funzione e/o con l’interesse di cui sono portatori il destinatario del provvedimento, gli altri interessati e contro interessati. Prevede per il dipendente l’obbligo di comunicare al dirigente, all’atto di assegnazione all’ufficio, rapporti intercorsi negli ultimi tre anni con soggetti privati in qualunque modo retribuiti. La comunicazione del dipendente riguarda anche i rapporti intercorsi o attuali tra parenti o affini entro il secondo grado, il coniuge o il convivente e soggetti privati. Il dipendente è tenuto a specificare, altresì, se i soggetti privati abbiano interessi in attività o decisioni inerenti all’ufficio, con riferimento alle pratiche a lui affidate. Ed ancora, l’art. 6 stabilisce per il dipendente l’obbligo di astensione dallo svolgimento di attività in situazioni di conflitto, anche potenziale, di interessi con interessi personali, del coniuge, di conviventi, di parenti, di affini entro il secondo grado. Si tratta di una norma che contiene una tipizzazione delle relazioni personali o professionali sintomatiche del possibile conflitto di interessi e una norma di chiusura di carattere generale riguardante le “gravi ragioni di convenienza” che comportano l’obbligo di astensione, in sintonia con quanto disposto per l’astensione del giudice all’art. 51 c.p.c. La valutazione circa l’esistenza di un conflitto di interessi va fatta ex ante, prima di qualunque fase procedurale e vanno fatte costantemente, anche se non formalizzate con documenti e atti scritti; solo nella fase iniziale deve esserci la dichiarazione di assenza di conflitto, poi, durante tutto l’iter occorrerà monitorare se vi sia un conflitto di interessi sopravvenuto (vedi allegato “A” di seguito riportato contenente “Schema/ modello dichiarazione insussistenza conflitto di interessi “.[1]
2- CONFLITTO D’INTERESSE ED ATTIVITA’ DI MONITORAGGIO
Al fine di prevenire o rilevare il conflitto d’interessi, il piano di cui all’articolo 9, comma 5, della Legge 190 del 2012, prevede che s’intende rispondere all’esigenza di monitorare i rapporti tra l’amministrazione ed i soggetti che con la stesa stipulano contrati o che sono interessati a procedimenti di autorizzazione, concessione o erogazione di vantaggi e benefici economici di qualunque genere, anche verificando eventuali relazioni di parentela o affinità tra i titolari, gli amministratori, i soci ed i dipendenti degli stessi ed i dirigenti e dipendenti dell’amministrazione.
L’articolo 1, comma 9, lett.e), della legge n.190 del 2012 prescrive che nel Piano Anticorruzione vi sia un’attività importante, quella del monitoraggio dei rapporti tra l’amministrazione ed i soggetti che beneficiano degli atti dell’amministrazione (autorizzazioni, concessioni, vantaggi economici e di qualunque genere). Monitoraggio vuol dire indagine preliminare orientata a conoscere se esistono rapporti di parentela, affinità tra l’amministrazione ed i soggetti beneficiari, al fine di prevenire gli stessi.
Va rilevato come l’Anac, con l’orientamento n.64 del 29 luglio 2014, in materia di “Anticorruzione – art. 1, comma 9, lett. e) della legge n. 190/2012 – obbligo di verifica di eventuali relazioni parentela o affinità – dirigenti e dipendenti – sussistenza” abbia deciso e confermato che il monitoraggio trova applicazione tra i dirigenti e dipendenti e non tra i politici, statuendo che “Il monitoraggio di cui all’art. 1, comma 9, lettera e) e le relative verifiche di eventuali relazioni di parentela o affinità trovano applicazione nei confronti dei dipendenti e dei dirigenti dell’amministrazione”.
Il conflitto d’interessi viene trattato in maniera ancora più approfondita con il d.P.R. 16 aprile 2013, n. 62.
Nel Codice di comportamento dei dipendenti della Pubblica amministrazione, che nasce per espressa previsione della legge n.190 del 2012 e con la convinzione che l’anticorruzione sia qualcosa da combattere non con le prescrizioni, ma agendo sui comportamenti, che descrive all’articolo 4 come “doveri costituzionali” ( diligenza, lealtà, imparzialità, terzietà….), arriva all’esigenza di presidiare gli stessi.
L’articolo 5 introduce un altro tema assai interessante, poiché stabilisce che “ il dipendente comunica tempestivamente al responsabile dell’ufficio di appartenenza la propria adesione o appartenenza ad associazioni od organizzazioni, a prescindere dal loro carattere riservato o meno, i cui ambiti di interessi possano interferire con lo svolgimento dell’attività d’ufficio. Non vi è un divieto ad associarsi, ma l’obbligo di comunicare tempestivamente al responsabile dell’ufficio di appartenenza, quindi, alla persona di diretta responsabilità, l’adesione (cioè, la condivisione di principi, la partecipazione, che si può anche non tradurre in una manifestazione esplicita formale) e l’appartenenza sta ad indicare che il soggetto ne è incardinato e ne fa proprio parte, la rappresenta e la esprime. Occorre, poi distinguere tra associazione ed organizzazione: la prima ha uno statuto con finalità da condividere, la seconda può rappresentare qualsiasi cosa che in cui il soggetto si trova incardinato, ne fa parte, la rappresenta e la esprime.
Ed allora, a titolo esemplificativo, qualora ad esempio un dipendente pubblico part time che si occupa di servizi sociali avanzi richiesta di autorizzazione per svolgere attività lavorativa presso un CAF, questa deve essere rigettata, poiché costui potrebbe occuparsi del disbrigo di pratiche inerenti le materie di cui si occupa per il proprio lavoro nell’ente e, pertanto, è da ritenere che non ci sia solo un conflitto d’interessi potenziale, ma va ad accendersi un faro enorme in merito all’anticorruzione, perché potrebbe utilizzare ed interferire con il suo ruolo per indirizzare i cittadini al CAF dove va a prestare la sua attività lavorativa.
Il dipendente deve sempre astenersi dal far parte di associazioni od organizzazioni che possano interferire con l’attività dell’ente in cui lavora. Ed anche l’Anac nel PNA 2019 enuclea diversi aspetti della tutela dell’imparzialità, tra cui quello l’astensione del dipendente in caso di conflitto di interessi, le ipotesi di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso enti privati in controllo pubblico, disciplinate dal d.lgs. 8 aprile 2013, n. 39, il divieto di pantouflage, l’autorizzazione a svolgere incarichi extra istituzionali e l’affidamento di incarichi a soggetti esterni in qualità di consulenti ai sensi dell’art. 53 del d.lgs. n. 165 del 2001.
L’articolo 6, comma 1, del d.P.R. 62 del 2013, rubricato “ Comunicazione degli interessi finanziari e conflitti di interesse”, tratta proprio dell’obbligo di astensione da parte dei dipendenti, che hanno l’obbligo di informare per iscritto tutti i suoi rapporti, diretti o indiretti, di collaborazione e di lavoro con soggetti privati in qualunque modo retribuiti , negli ultimi tre anni, precisando:
- se i prima persona o i suoi parenti o affini entro il secondo grado, il coniuge o il convivente abbiano ancora rapporti finanziari con il soggetto con cui ha avuto i predetti rapporti di collaborazione;
- se tali rapporti siano intercorsi o intercorrano con soggetti che abbiano interessi in attività o decisioni inerenti all’ufficio, limitatamente alle pratiche a lui affidate. L’articolo 6, comma 2, dice ufficialmente che il dipendente che viene a trovarsi in una situazione di conflitto ha l’obbligo di astenersi dal prendere decisioni o svolgere attività inerenti alle sue mansioni in situazione di conflitto, anche potenziale, di interessi con interessi personali, del coniuge, di conviventi, di parenti ed affini entro il secondo grado, pena il licenziamento in caso di violazione della suddetta norma, ai sensi dell’articolo 16 del d.P.R. 62 del 2013. Il conflitto può riguardare interessi di qualsiasi natura, anche non patrimoniali, come quelli derivanti dall’intento di voler assicurare pressioni politiche, sindacali o dei superiori gerarchici.
L’articolo 7 del Codice di Comportamento dei dipendenti pubblici, rubricato “Obbligo di astensione”, dice che il dipendente si astiene a partecipare all’adozione di decisioni o di attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero dei suoi parenti o affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente. Ed ancora, continua la norma, dicendo che il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistono gravi ragioni di convenienza. Sull’astensione decide il responsabile dell’ufficio di competenza.
22 dicembre 2019
[1] Vedi allegato “A”
ANCI – 29 maggio 2025
Garante per la protezione dei dati personali – 3 aprile 2025
Risposta del Dott. Massimo Monteverdi
Albo nazionale dei Segretari Comunali e Provinciali – 18 novembre 2024
Ricevi via email i nuovi contenuti pubblicati nel portale
In collaborazione con: