Approfondimento sulle modifiche al Codice dei Contratti previste dal “Dl Infrastrutture”
ANCI – 29 maggio 2025
Pasto da casa a scuola, nuove istruzioni del Miur
Servizi Comunali Refezione scolasticaApprofondimento di Amedeo Di Filippo
Pasto da casa a scuola, nuove istruzioni del Miur
Amedeo Di Filippo
Continua ad avere strascichi operativi la sentenza n. 20504 del 30 luglio scorso con cui le sezioni unite della Corte di Cassazione hanno escluso che ci possa essere un diritto soggettivo perfetto all’autorefezione individuale, ossia la possibilità per gli alunni di portarsi il pasto da casa e non fruire del servizio di refezione scolastica. Con la nota prot. 2270 del 9 dicembre (nel file allegato) il Capo Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione del Miur fornisce ai dirigenti scolastici alcune indicazioni per la consumazione del pasto a scuola, utili anche per i gestori del servizio di refezione.
Le posizioni dei giudici
La Cassazione ha negato l’esistenza del diritto all’autorefezione in quanto le istituzioni scolastiche sono libere di decidere se istituire o meno il servizio di refezione scolastica; perché è incongruente sistemare gli alunni al di fuori del refettorio per consumare il “pasto in solitario”; l’obbligo per la scuola di garantire la presenza degli alunni nel refettorio col pasto portato da casa a fianco degli altri con pasto fornito dal servizio mensa comporta una impropria ingerenza dei privati nella gestione di un servizio del tutto volontario che peraltro non prevede la vigilanza del personale docente.
Diversa la posizione assunta dalla quinta sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 5156 del 3 settembre 2018, che invece ha riconosciuto la libera scelta alimentare; così quella del Tar Lazio con l’ordinanza n. 6011 del 13 settembre 2019, che ha accolto la sospensiva dei provvedimenti con cui un istituto scolastico ha negato l’accesso al refettorio di studenti con pasti di preparazione domestica.
Due posizioni in apparenza inconciliabili ma che trovano una base comune nel fatto che la Cassazione nega il diritto soggettivo ma non per questo vieta il pasto domestico a scuola, demandando così alle singole autonomie scolastiche, e per conseguenza agli enti gestori e ai Comuni, l’accettazione e la gestione delle eventuali richieste da parte delle famiglie.
Il tempo mensa
Un contributo per sbrogliare la matassa viene ora dal Miur con la nota citata, che evidenzia la parte della sentenza con cui la Cassazione mette in rilievo che il servizio mensa è compreso nel tempo scuola, in quanto condivide le finalità educative proprie del progetto formativo di cui esso è parte. Questo comporta, per il Ministero, che il tempo curricolare comprende, unitamente alle attività disciplinari, le attività – considerate anch’esse “formative” – dedicate alla consumazione del pasto. Il tempo dedicato alla refezione scolastica, in quanto ricondotto dalla Cassazione nell’alveo del tempo scuola, deve dunque essere considerato “a tutti gli effetti parte integrante, e caratterizzante, della proposta formativa”.
Consegue che le singole istituzioni scolastiche devono includere il tempo mensa nel Ptof come qualsiasi altra attività didattico educativa, esplicitando gli aspetti connessi all’educazione alimentare, la concreta organizzazione della consumazione conviviale del pasto, gli spazi e i tempi ad esso dedicati e, per quanto possibile, le condizioni di consumo mirate a soddisfare specifiche esigenze.
Le raccomandazioni
Due le raccomandazioni fornite dal Miur ai dirigenti scolastici:
Oltre all’impegno degli Uffici scolastici regionali, obbligati a fornire il supporto alle istituzioni scolastiche nell’esercizio della loro autonoma programmazione didattica ed organizzativa, la nota infine raccomanda la condivisione delle scelte in merito alla gestione della mensa scolastica con gli altri soggetti istituzionali coinvolti, con particolare riferimento:
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