Approfondimento di Alessandro Russo

L’azione di ripetizione dell’indebita retribuzione percepita dal pubblico dipendente si prescrive in 10 anni ed è autonoma rispetto al giudizio contabile

Servizi Comunali Trattamento economico
di Russo Alessandro
12 Dicembre 2019

Approfondimento di Alessandro Russo                                                                                             

L’azione di ripetizione dell’indebita retribuzione percepita dal pubblico dipendente si prescrive in 10 anni ed è autonoma rispetto al giudizio contabile

Alessandro Russo

 

Un dirigente di un Comune anconetano, diventato Direttore Generale nel 2001, si vedeva raddoppiata l’indennità ad personam sulla base di una – errata – lettura del suo decreto di nomina.

Contro di lui si attivava prima la Corte dei conti, con un giudizio di responsabilità conclusosi con la condanna del dirigente al pagamento di un importo pari al 20% del danno erariale, e successivamente lo stesso Comune presso il quale il lavoratore prestava servizio.

Il Tribunale prima e la Corte d’Appello poi avevano accolto le domande del Comune di ripetizione dell’indebito pagamento, condannando il dirigente alla restituzione della somma di quasi 33.000 euro.

Il lavoratore decideva allora di ricorrere in Cassazione, contestando innanzitutto la prescrizione, a sua detta quinquennale[1]. Egli sosteneva infatti che il rispetto dei principio di uguaglianza dovesse in questo caso essere declinato con l'esigenza di trattare in modo identico le due parti del rapporto: sia che si tratti di azione del lavoratore volta e recuperare quanto in meno erogatogli, sia che si tratti di azione di ripetizione del datore quanto erogato in più. Per entrambe le situazione avrebbe quindi dovuto essere riconosciuta la prescrizione quinquennale.

Con la sentenza n. 28436 del 5/11/2019 la sez. I civile della Corte di Cassazione ha respinto il ricorso.

Il Collegio afferma che la ripetizione di quanto indebitamente percepito dal lavoratore non può essere ricondotta all’art. 2948 n. 4: infatti, anche se di fatto le somme sono state erogate periodicamente: <<la causa del debito non imponeva affatto la necessità di pagamenti a cadenze temporali prefissate>>[2]. Così non resterebbe intercettata la fattispecie di cui all'art. 2948 n. 4 c.c. e, trattandosi di situazioni e dinamiche diverse, rientra nella discrezionalità del legislatore la loro differenziata disciplina, anche sotto il profilo della prescrizione.

Pertanto la Suprema Corte proclama: <<poiché per l'ipotesi della ripetizione di indebito non è prevista alcuna regola di prescrizione breve, va da sé l'applicazione ad essa della misura decennale>>[3].

Il ricorrente contestava anche un altro punto della decisione dell’Appello che, pur richiamando il giudizio per responsabilità contabile in cui era stato coinvolto per la stessa vicenda, non considerava che quel giudizio si era concluso con definizione agevolata ed il pagamento della somma pari al 20% del danno erariale contestatogli, ai sensi dell’art. 1 c. 231 ss Legge n. 266/2005[4].

Il Collegio respinge anche questa domanda, ritenendo così di non seguire la tesi del ricorrente che vorrebbe riconoscere alla definizione agevolata del giudizio contabile un efficacia “tombale”.

La Corte afferma infatti: <<un'efficacia definitiva di tale definizione, se può aversi rispetto a chi sia coinvolto nella vicenda solo quale funzionario che ha causato o contribuito a causare il danno erariale, non può invece esservi allorquando il funzionario sia anche il soggetto che si è avvantaggiato in relazione proprio alla vicenda per la quale fu instaurato il giudizio amministrativo di responsabilità>>[5]; poi continua: <<Nella norma dell'art. 1 c.  231 nulla consente di affermare che la definizione agevolata del giudizio per danno erariale sia ragione di consolidamento di benefici illegittimamente determinatisi, rispetto ai quali restano aperte le diverse ed ordinarie azioni giustificate dal titolo dell'indebita percezione>>[6].

L'azione di ripetizione resta dunque autonoma rispetto a quella di responsabilità erariale dispiegata contro il medesimo pubblico dipendente e definita nella forma agevolata, se non per il fatto che, quanto eventualmente ricevuto dalla P.A. come conseguenza della definizione in sede di giurisdizione amministrativa sul danno, opera in riduzione della pretesa esercitabile nel giudizio di indebito.

La Suprema Corte di cassazione conclude così rigettando integralmente il ricorso del lavoratore, condannandolo a tutte e spese del giudizio, compreso il versamento di un ulteriore contributo unificato, ai sensi dell’art. 13 c. 1-quater D.P.R. n. 115/2002

9 dicembre 2019

 

 

[1] Ai sensi dell’art. 2948 cc: <<Si prescrivono in cinque anni: 1) le annualità delle rendite perpetue o vitalizie; 1-bis) il capitale nominale dei titoli di Stato emessi al portatore; 2) le annualità delle pensioni alimentari; 3) le pigioni delle case, i fitti dei beni rustici e ogni altro corrispettivo di locazioni; 4) gli interessi e, in generale, tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi; 5) le indennità spettanti per la cessazione del rapporto di lavoro>>.

[2] Cfr. anche cass. nn. 14426/2019 e 21962/2018. Il principio di diritto che la Cassazione vuole ribadire è quello per cui la prescrizione quinquennale  opera con riguardo ai debiti che devono essere soddisfatti periodicamente ad anno, od in termini più brevi, mentre resta esclusa l’ipotesi di debito unico, rateizzato in più versamenti periodici. Vedi in questo senso Trib. Monza 30/11/2012.

[3] Cfr. cass. sez. I civ. n. 28436/2019 p. 4.

[4] Art. 1 c. 231 Legge 266/2005: <<Con riferimento alle sentenze di primo grado pronunciate nei giudizi di responsabilità dinanzi alla Corte dei conti per fatti commessi antecedentemente alla data di entrata in vigore della presente legge, i soggetti nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di condanna possono chiedere alla competente sezione d’appello, in sede di impugnazione, che il procedimento venga definito mediante pagamento di una somma non inferiore al 10% e non superiore al 20% del danno quantificato nella sentenza.>>

[5] Cfr. cass. sez. I civ. n. 28436/2019 p. 7. Non può essere sottaciuto che il Giudice dell’Appello affermava apertamente la mala fede della condotta del lavoratore che, direttore generale e contemporaneamente responsabile delle aree economico-finanziaria e personale, praticamente si auto erogava il doppio dell’indennità ad personam nella misura di € 50.000, oltre  € 50.000 già percepiti.

[6] Cfr. cass. sez. I civ. n. 28436/2019 p. 7.

Indietro

Approfondimenti

Non hai trovato le informazioni che stavi cercando?

Poni un quesito ai nostri esperti

CHI SIAMO

La posta del Sindaco è rivolto ad amministratori ed operatori degli enti locali: ricco di contenuti sempre aggiornati, il cuore del portale risiede nella possibilità di accedere, in modo semplice e veloce, ad approfondimenti, informazioni, adempimenti, modelli e risposte operative per una gestione efficiente e puntuale dell'attività amministrativa.

La Posta del Sindaco - ISSN 2704-744X

HALLEY notiziario

INFORMAZIONI

Ricevi via email i nuovi contenuti pubblicati nel portale

In collaborazione con:

la posta del sindaco

CONTATTI

Email

halley@halley.it

Telefono

+39 0737.781211

×