Approfondimento sulle modifiche al Codice dei Contratti previste dal “Dl Infrastrutture”
ANCI – 29 maggio 2025
I casi eccezionali di tutela dell’affidamento del privato nella repressione di un abuso edilizio risalente
Servizi Comunali Abusi ediliziApprofondimento di Mario Petrulli
I CASI ECCEZIONALI DI TUTELA DELL’AFFIDAMENTO DEL PRIVATO NELLA REPRESSIONE DI UN ABUSO EDILIZIO RISALENTE
Mario Petrulli
È noto agli addetti ai lavori l’orientamento, espresso dall’Adunanza Plenaria n. 9/2017 del Consiglio di Stato, secondo cui il decorso di un lungo arco temporale non è idoneo a far perdere il potere dell’Amministrazione di provvedere a sanzionare un abuso edilizio in quanto, diversamente, si realizzerebbe una sorta di sanatoria “extra ordinem”, non potendo la distanza temporale tra l’abuso e la sua repressione giustificare la formazione di un legittimo affidamento[1]. Tuttavia, tale principio generale è stato oggetto di alcuni, ancorché modesti, temperamenti nei quali la giurisprudenza ha ritenuto eccezionalmente meritevole l’affidamento del privato ed è opportuno evidenziarli, quale utile vademecum per gli operatori degli uffici tecnici comunali.
Quattro sono i punti rilevanti, da tenere in grande considerazione nella motivazione del provvedimento di demolizione.
In primo luogo, per quanto ovvio, deve trattarsi di un abuso risalente e, quindi, posto in essere molti anni prima dell’ordine di demolizione.
In secondo luogo, il privato deve aver reso noto all’ufficio tecnico comunale l’intervento effettuato e l’ente ha ingenerato in concreto l’affidamento del privato tramite il rilascio del titolo[2]; questa ipotesi è stata riscontrata, ad esempio, nel caso del privato che aveva presentato un’istanza per il rilascio di un’autorizzazione edilizia per la realizzazione di un locale tecnico da utilizzare come deposito (e poi utilizzato come garage), alla quale l’ufficio tecnico aveva dato riscontro positivo tramite il rilascio di una “concessione edilizia gratuita”, salvo poi a distanza di quaranta anni ordinare la demolizione del manufatto[3].
In terzo luogo, il privato deve aver reso noto all’ufficio tecnico comunale l’intervento effettuato e l’ente ha ingenerato in concreto l’affidamento del privato rimanendo inerte; tale possibilità è stata individuata in un caso concreto[4] nel quale, a distanza di anni dall’originario intervento, l’autore presentava una comunicazione di inizio lavori comportante una nuova distribuzione degli spazi interni, nella quale si individuava il vano originariamente realizzato e successivamente dichiarato abusivo, senza che l’ufficio tecnico comunale sollevasse alcuna obiezione sulla comunicazione (nell’occasione i giudici hanno affermato che “l’Amministrazione comunale non ha posto alcuna obiezione né sulla regolarità dei lavori da eseguire né tanto meno sul carattere abusivo o meno del vano ripostiglio all’interno del quale essi furono realizzati né sulla sua destinazione d’uso rimasta peraltro immutata”).
In quarto luogo, deve risultare evidente la sproporzione tra il sacrificio imposto al privato e l’interesse pubblico al ripristino della legalità violata[5], con la conseguenza che l’ufficio tecnico comunale, nell’adozione dell’ordinanza di demolizione relativa all’abuso, deve “ricorrere ad una adeguata motivazione su quello che era il concreto ed attuale l'interesse pubblico al ripristino dello stato dei luoghi, comparandolo con l’interesse oppositivo del privato a conservare l’integrità dell’assetto edilizio minacciato”[6]; quest’ultimo aspetto è particolarmente rilevante quando si tratta di un abuso modesto; è stato precisato, infatti, che è illegittimo “il provvedimento con il quale un Comune ha ordinato la rimessione in pristino dello stato dei luoghi, in relazione a un abuso edilizio (accertato 54 anni dopo la realizzazione) nel caso in cui lo stesso si traduca in una modifica di lieve entità, con sostanziale assenza di un pregiudizio all'interesse pubblico urbanistico e, pertanto, in mancanza di “offensività” per l'interesse pubblico tutelato. Ciò che viene a mancare è proprio l'esistenza di un abuso rilevante, tale da giustificare l'irrogazione della sanzione edilizia”[7].
Del resto, anche la giurisprudenza della Corte europea, intervenendo sulla compatibilità dell’ordine di demolizione con la CEDU, non ha mancato di sottolineare che il giudice nazionale deve sempre verificare se l’Amministrazione abbia esercitato i propri poteri valutando “caso per caso” se l’esecuzione dell’ordine possa incidere, in violazione del principio di proporzionalità, sul diritto all’abitazione, richiedendo in tal caso un obbligo particolare di motivazione[8].
6 ottobre 2019
[1] Questo il principio di diritto affermato dai giudici: “il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso. Il principio in questione non ammette deroghe neppure nell’ipotesi in cui l’ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell’abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell’abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di ripristino”.
[2] TAR Campania, Napoli, sez. IV, sent. 20 novembre 2017, n. 5473; sez. VIII, sent. 10 gennaio 2018, n. 184; sent. 31 gennaio 2018, n. 685; sent. 26 febbraio 2018, n. 1273; 8 marzo 2018, n. 1493, secondo cui “di affidamento meritevole di tutela si possa parlare solo ove il privato, il quale abbia correttamente ed in senso compiuto reso nota la propria posizione all’Amministrazione, venga indotto da un provvedimento della stessa Amministrazione a ritenere come legittimo il suo operato”.
[3] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 4 giugno 2018, n. 3372.
[4] TAR Calabria, Reggio Calabria, sent. 24 agosto 2019, n. 513.
[5] TAR Campania, Napoli, sez. VII, sent. 3 maggio 2018, n. 2972; TAR Calabria, Reggio Calabria, sent. 24 agosto 2019, n. 513.
[6] TAR Calabria, Reggio Calabria, sent. 24 agosto 2019, n. 513; nell’occasione i giudici hanno affermato che “l’Amministrazione resistente debba necessariamente rivalutare, prima di riadottare una nuova ed eventuale misura demolitoria, il tempo trascorso, l’attività di controllo già implicitamente posta in essere quasi trent’anni fa e la preminenza dell’interesse pubblico in relazione all’entità e alla destinazione dell’opera da demolire”.
[7] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 28 maggio 2018, n. 2273.
[8] Cfr. Corte eur. dir. uomo, 21 aprile 2016, ric. n. 46577/15; TAR Calabria, Reggio Calabria, sent. 24 agosto 2019, n. 513.
ANCI – 29 maggio 2025
Garante per la protezione dei dati personali – 3 aprile 2025
Risposta dell'Avv. Mario Petrulli
Presentata dalla dott.ssa Grazia Benini e da Gioele Dilevrano
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