Approfondimento sulle modifiche al Codice dei Contratti previste dal “Dl Infrastrutture”
ANCI – 29 maggio 2025
I revisori dei conti ed il parere sulle transazioni di Consiglio comunale: brevi considerazioni a margine dell’art. 239 c. 1 lett. b) n. 6 Tuel.
Servizi Comunali BilancioApprofondimento di Alessandro Russo
I revisori dei conti ed il parere sulle transazioni di Consiglio comunale: brevi considerazioni a margine dell’art. 239 c. 1 lett. b) n. 6 Tuel.
Alessandro Russo
È meno infrequente di quanto si creda che fornitori di servizi alla PA richiedano, anche a distanza di anni, corrispettivi per prestazioni rese in suo favore, in forza di convenzioni o contratti stipulati in precedenza[1].
L’Ente, incappato in una partita contabile non autorizzata, potrà decidere di utilizzare lo strumento previsto dall’art. 194 c. 1 lett. e) Tuel e procedere al riconoscimento del debito fuori bilancio scaturito da acquisizione di beni e servizi senza un preventivo impegno di spesa registrato sul competente capitolo di bilancio.
L’organo assembleare, i revisori, nonché la Corte dei conti - a cui andranno trasmessi il verbale della deliberazione e tutti gli allegati - verificheranno l’effettiva utilità e arricchimento dell’Ente conseguita nell’ambito dell’espletamento di una delle funzioni di competenza.
Sono considerate utili le spese previste per legge, nonché quelle strettamente connesse alle funzioni pubbliche obbligatorie, da attuarsi tramite scelte discrezionali dell’Amministrazione; quindi quelle codificate dall’art. 19 D.L. n. 95/2012, convertito, di modifica dell’art. 14 D.L. 78/2010[2]. La giurisprudenza afferma che: <<l’arricchimento può consistere in un accrescimento patrimoniale o in un risparmio di spesa dell’Ente evinto dal confronto sulla congruità della spesa rispetto alle indicazioni e rilevazioni di mercato o dei prezzari e tariffe approvati da enti pubblici e dagli ordini professionali.>>[3].
In corrispondenza dell’arricchimento dell’Ente si verificherà un contemporaneo depauperamento senza causa sofferto dal prestatore dei servizi. Il quantum debendi riconoscibile sarà individuato nella minor somma tra l’impoverimento sofferto dal privato e l’arricchimento dell’Ente: <<Non sono riconoscibili oneri per interessi ed in genere i maggiori esborsi conseguenti al ritardato pagamento delle forniture, infatti alcuna utilità e arricchimento si produce, ma solo un ingiustificato danno patrimoniale>>[4].
Chi scrive considera quello appena descritto il procedimento più adeguato e trasparente per riconoscere un debito precedentemente scaturito e mai non autorizzato; ma certamente non l’unico. L’Amministrazione potrebbe infatti decidere di accordarsi col privato, utilizzando lo strumento transattivo, oppure uno dei procedimenti di Alternative Dispute Resolution (ADR)[5].
Limitando la trattazione alla sola transazione, si deve ricordare che a norma dell’art. 1965 c.c. la transazione è quel contratto tramite il quale le parti, facendosi reciproche concessioni su diritti nella loro disponibilità, pongono fine a una lite già incominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro.
Il giudice contabile ha più volte affermato che: <<Pur costituendo la transazione uno strumento che si presta ad abusi, la giurisprudenza è ormai consolidata nel ritenerne pienamente ammissibile il ricorso, ove risulti conveniente per l’Amministrazione, (...). Occorre tuttavia la massima prudenza da parte dell’Ente, nonché una dettagliata motivazione che dia conto del percorso logico seguito per giungere alla definizione transattiva della controversia, anche sulla base di un giudizio prognostico circa l’esito del contenzioso>>[6].
Meglio allora addivenire ad un accordo che, a fronte della definitiva rinuncia alla pretesta da parte del privato, veda l’Ente corrispondergli una somma decurtata almeno del 20% del montante, esclusi interessi ed eventuali spese legali.
Il Collegio contabile ricorda che la transazione presuppone la decisione dell’Ente di pervenire ad un accordo, per cui è possibile prevedere tanto il sorgere dell’obbligazione quanto i tempi per l’adempimento. L’Amministrazione si trova allora nelle condizioni - ed ha l’obbligo - di attivare le normali procedure contabili di spesa previste dall’art. 191 Tuel[7].
A queste condizioni, cioè quando è prevista una posta in bilancio per la transazione e quando la stessa non è di importo significativo, competente a decidere sulla stessa è la Giunta comunale[8].
Tuttavia, quando l’accordo che si andrebbe a sottoscrivere riguardi passività per le quali non è stato assunto uno specifico e preventivo impegno di spesa, l’accordo stesso viene necessariamente attratto nella sfera di competenza del Consiglio comunale; nonché del Collegio dei revisori dei conti, che svolgono attività di collaborazione sulle attribuzioni consiliari nelle materie economico–finanziarie, strumentale alla vigilanza dell’organo sugli equilibri di bilancio. Chi scrive ritiene infatti che una lettura combinata degli artt. 42, che elenca tassativamente le competenze dell’organo assembleare, 194 c. 2 lett. e) e 239 c. 1 lett. b) n. 6 Tuel, che afferma la competenza del Collegio dei revisori nelle proposte di riconoscimento di debiti fuori bilancio e transazioni tramite l’emissione di un parere obbligatorio, condurrebbe a considerare una transazione di tal fatta nella piena competenza del Consiglio comunale.
A giudizio di chi scrive, l’aver il Legislatore legato al n. 6 lett. b) dell’art. 239 Tuel la proposta di riconoscimento di debito fuori bilancio alla transazione può ragionevolmente interpretarsi nel senso di ammettere il parere dei revisori dei conti ogni qual volta una transazione tra l’Ente ed un soggetto esterno possa “celare” un potenziale debito fuori bilancio riconoscibile, che l’Ente, per i più disparati motivi, non voglia positivamente deliberare tramite il procedimento dell’art. 194 Tuel.
L’orientamento appena descritto sembra ammesso anche dalla Corte dei conti, che infatti afferma: <<l’elemento da considerare al fine di individuare i casi nei quali l’Organo di revisione deve esprimere il proprio avviso è la competenza consiliare a deliberare in merito alla conclusione della transazione e non la natura di quest’ultima. In altri termini, non è rilevante se l’Ente intenda procedere alla definizione di un contenzioso giudiziale o stragiudiziale quanto se in ordine all’atto conclusivo del procedimento debba pronunciarsi o meno il Consiglio comunale>>[9].
In conclusione il giudice contabile sembra voler ammettere ipotesi di approvazione di una transazione in luogo del riconoscimento di debito fuori bilancio, che in questo modo non ricadrebbero sotto il suo diretto controllo; bensì sotto quello “mediato” dall’occhio del Collegio dei revisori dei conti, che ai sensi dell’art. 239 c. 1 lett. e) solleciterà l’intervenuto della Corte, tramite l’invio di un referto che attesti le gravi irregolarità sulla gestione e le relative responsabilità contabili.
25 settembre 2019
[1] È appena il caso di accennare che nulla può riconoscersi al privato se non in forza di un contratto scritto. Come noto infatti: <<I contratti conclusi dallo Stato e dagli enti locali richiedono la forma scritta ad substantiam, con esclusione di qualsivoglia manifestazione di volontà implicita o desumibile da comportamenti meramente attuativi>>. (cfr. tra le tantissime cass. sez. I n. 22537/2007, Tribunale di Milano sez. IV civ. n. 8865/2017 e cass. Sez. II n. 21710/2019).
[2] Art. 19 D.L. n. 95/2012: <<All’articolo 14 D.L. n. 78/2010, convertito dalla Legge n. 122/2010 smi, sono apportate le seguenti modifiche: a) il comma 27 è così sostituito: Ferme le funzioni di programmazione e di coordinamento delle regioni, loro spettanti nelle materie di cui all’art. 117 cc. 3 e 4 Cost., e le funzioni esercitate ex art. 118 Cost., sono funzioni fondamentali dei comuni a) organizzazione generale dell’amministrazione, gestione finanziaria e contabile e controllo; b) organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito comunale, compresi i servizi di trasporto pubblico comunale; c) catasto, ad eccezione delle funzioni mantenute allo Stato; d) la pianificazione urbanistica ed edilizia di ambito comunale nonché partecipazione alla pianificazione territoriale di livello sovracomunale; e) attività, in ambito comunale, di pianificazione di protezione civile e di coordinamento dei primi soccorsi; f) l’organizzazione e la gestione dei servizi di raccolta, avvio e smaltimento e recupero dei rifiuti urbani e la riscossione dei relativi tributi; g) progettazione e gestione del sistema locale dei servizi sociali ed erogazione delle relative prestazioni ai cittadini; h) edilizia scolastica, per la parte non attribuita alle province, organizzazione e gestione dei servizi scolastici; i) polizia amministrativa locale; l) tenuta dei registri di stato civile e di popolazione e compiti in materia di servizi anagrafici nonché in materia di servizi elettorali, nell’esercizio delle funzioni di competenza statale; l-bis) servizi di statistica>>.
[3] Vedi cassazione sez. I civ. n. 6332/1996.
[4] Cfr. S. TANCREDI, V Corso di formazione per l’accesso alla carriera prefettizia, 2017.
[5] Per un commento sull’utilizzo delle tecniche ADR nella Pubblica Amministrazione, si veda se si vuole A. RUSSO, PA e strumenti ADR: quali prospettive, quali vantaggi, in Il Giornale dell’Ingegnere, 5/2016
[6] Cfr. Corte dei conti Lombardia nn. 26/2008 e 1116/2009.
[7] Vedi Corte dei conti Umbria n. 123/2015/PAR.
[8] Sulle transazioni di elevato importo che dovrebbero passare al vaglio del Consiglio e dei revisori si veda Corte dei conti Emilia Romagna n. 129/2017
[9] Crf. Corte dei conti Piemonte n. 345/2013/PAR.
ANCI – 29 maggio 2025
Garante per la protezione dei dati personali – 3 aprile 2025
Presentata dalla dott.ssa Grazia Benini e da Gioele Dilevrano
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