Approfondimento di Eugenio De Carlo

Il dovere di astensione dell’amministratore riguarda sia la votazione che la presenza alla discussione.

Servizi Comunali Amministratori locali
di De Carlo Eugenio
04 Settembre 2019

Approfondimento di Eugenio De Carlo                                                                                                   

IL DOVERE DI ASTENSIONE DELL’AMMINISTRATORE RIGUARDA SIA LA VOTAZIONE CHE LA PRESENZA ALLA DISCUSSIONE.

Eugenio De Carlo

 

Con recentissima decisione il Consiglio di Stato (Sez. V, sentenza n. 5652 del 12 agosto 2019),  ha affrontato la questione della portata applicativa dell’art. 78 TUOEL in tema di dovere di astensione degli amministratori locali in caso di conflitto d’interessi.

Il C.d.S., in particolare, ha esaminato l’appello avverso la sentenza che aveva deciso sulla legittimità dell’annullamento in autotutela di una deliberazione consiliare  relativa ad una variante urbanistica, motivato a causa della presenza tra i consiglieri votanti, al momento della votazione, del cugino dei componenti della compagine societaria appellante, ancorché astenutosi dalla votazione.

Invero, il citato articolo 78 TUOEL, riproponendo la previgente disciplina in materia di conflitto di interessi in sede di adozione di atti collegiali degli Enti territoriali, tuttavia, non riproduce l’obbligo di allontanamento dalla sede delle sedute, testualmente contenuto nell’art. 279 del r.d. n. 383/1934 e, ancor prima, nell'art. 290 r.d. 4 febbraio 1915 n. 148.

In linea di principio, il giudice d’appello ha rammentato che alla base delle norme in materia sussistono i principi di legalità, imparzialità e trasparenza che devono caratterizzare l'azione amministrativa, ai sensi dell'art. 97 della Costituzione. Infatti, il dovere di astensione è finalizzato ad assicurare soprattutto nei confronti di tutti gli amministrati la serenità della scelta amministrativa. Pertanto, non vi è la sfiducia nella capacità del singolo amministratore di saper decidere anche contro il proprio personale interesse, ma piuttosto l'esigenza di assicurare che gli stessi possano operare senza condizionamenti di sorta, e che sia garantita agli utenti la trasparenza dell'azione amministrativa (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 3 settembre 2001, n. 4622).  

Dunque, il dovere di astensione ha carattere generale e opera senza eccezioni, a prescindere che la deliberi arrechi o meno un vantaggio all'Amministrazione o che la votazione non possa avere altro apprezzabile esito o che  la scelta sia in concreto la più utile e la più opportuna per lo stesso interesse pubblico (cfr. Consiglio Stato, Sez. IV, 26 maggio 2003, n. 2826; id., 3 settembre 2001, n. 4622; 5 luglio 2000, n. 3734; 18 maggio 1998, n. 827).

Infatti, detto dovere sussiste in tutti i casi in cui essi versino in situazioni che, avuto riguardo al particolare oggetto della decisione da assumere, appaiano anche potenzialmente idonee a porre in pericolo l'assoluta imparzialità e serenità di giudizio dei titolari dell'ente stesso (Consiglio Stato, Sez. V, 23 febbraio 2001, n. 1038).

Ciò premesso, è stato ritenuto che sia l’utilizzo dell’espressione prevista dall’art. 78, comma 2, TUOEL «prendere parte» per descrivere il comportamento dal quale occorre astenersi per garantire l’imparzialità delle decisioni,  sia il riferimento a ciò da cui occorre astenersi dal partecipare, ovvero la "votazione" e la "discussione", ovvero il dibattito che precede l’espressione di volontà circa l’oggetto di ogni singola deliberazione, esprimono “la doverosità di evitare qualsivoglia tipo di partecipazione, anche passiva, in quanto comunque astrattamente in grado di condizionare la libera espressione di volontà altrui, pur senza che ciò consegua alla esplicitazione verbale della propria”. Su tali basi, dunque, il giudice d’appello ha rigettato il ricorso, confermando la sentenza di prime cure e, quindi, la legittimità dell’autotutela esercitata dall’Ente.

1 settembre 2019

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