Incarico di posizione organizzativa

Risposta al quesito del Dott. Eugenio De Carlo

Quesiti
di De Carlo Eugenio
28 Gennaio 2021

L’Ente ha due aree tecniche. Entrambi i dipendenti non sono titolari di posizione organizzativa; l'amministrazione vuole utilizzare un terzo dipendente, con un contratto a tempo determinato, proveniente da un altro comune (dove è di ruolo), e conferirgli l'incarico di posizione organizzativa.

Si chiede un parere, corredato da giurisprudenza, in merito alla legittimità sia dell'utilizzo di tale dipendente e sia dell'eventuale conferimento della posizione organizzativa, considerato che l'Ente ha già in organico due dipendenti.

Risposta

Premesso che ormai il concetto di dotazione deve ritenersi superato (o quantomeno affievolito) in virtù delle più recenti modifiche legislative (in particolare, v. la c.d. riforma Madia avviata con la legge n.124/2015 e i decreti attuativi), imponendosi, invece, quello più flessibile di fabbisogno del personale correlato alla pianificazione, e che ogni Ente gode ai sensi del d.lgs. n. 267/2000 e del d.lgs. n. 165/2001 di ampia autonomia organizzativa. Ciò nondimeno, occorre tenere conto di alcuni principi e di alcune regole fondamentali al fine di rispondere al quesito, onde evitare possibili contenziosi e ipotesi di danno erariale.

Infatti, l’art. 6 del  del d.lgs. n. 165/2001 dispone che le amministrazioni pubbliche definiscono l'organizzazione degli uffici per le finalità indicate all'articolo 1, comma 1 (tra cui quella di realizzare la migliore utilizzazione delle risorse umane nelle pubbliche amministrazioni, assicurando la formazione e lo sviluppo professionale dei dipendenti), adottando, in conformità al piano triennale dei fabbisogni, gli atti previsti dai rispettivi ordinamenti, previa informazione sindacale, ove prevista nei contratti collettivi nazionali. Nella redazione del piano è prevista l’ottimizzazione dell’impiego e l’ottimale distribuzione delle risorse pubbliche disponibili.

Inoltre, l’art. 19, comma 6, del citato d.lgs. n. 165/2001, applicabile anche agli enti locali, nel conferimento degli incarichi dirigenziali ed assimilati consente di ricorrere all’esterno fornendone esplicita motivazione, a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, ma solo ove non rinvenibile nei ruoli dell'Amministrazione.

Ancora, l’art. 36 del predetto TUPI 165/2001 prevede quale regola assunzionale che per le esigenze connesse con il proprio fabbisogno ordinario le pubbliche amministrazioni assumono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato, ricorrendo a quello determinato solo in presenza di comprovate esigenze di carattere esclusivamente temporaneo o eccezionale.

Peraltro, l’art. 50 del CCNL Funzioni locali 2016-2018 individua ipotesi tassative di ricorso al tempo determinato quali:

a) attivazione di nuovi servizi o attuazione di processi di riorganizzazione finalizzati all’accrescimento di quelli esistenti;

b) particolari necessità di enti di nuova istituzione;

c) introduzione di nuove tecnologie che comportino cambiamenti organizzativi o che abbiano effetti sui fabbisogni di personale e sulle professionalità;

d) stipulazione di contratti a tempo determinato per il conferimento di supplenze al personale docente ed educativo degli enti locali;

e) stipulazione di contratti a tempo determinato per l’assunzione di personale da adibire all’esercizio delle funzioni infungibili della polizia locale e degli assistenti sociali;

f) personale che afferisce a progetti finanziati con fondi UE, statali, regionali o privati;

g) realizzazione di eventi sportivi o culturali di rilievo internazionale;

h) proroghe dei contratti di personale a tempo determinato interessato dai processi di stabilizzazione.

 

Dal suddetto quadro si desume, quindi, che il ricorso a personale al di fuori delle risorse ordinariamente disponibili presso l’ente deve essere adeguatamente motivato, a maggior ragione se risultano idonee professionalità  all’interno dello stesso, e deve riferirsi a fattispecie ben specifiche e limitate.

Inoltre, se nell’Ente esiste personale appartenente alla stessa categoria e con lo stesso profilo professionale di altro dipendente da assumere a contratto, occorre verificare il pieno ed adeguato utilizzo di quelli già in organico, onde evitare ipotesi di demansionamento, con le intuibili conseguenze sul piano delle responsabilità civili e penali, oltre che, di riflesso, di responsabilità erariale.

A quest’ultimo riguardo, infatti, la mancata utilizzazione di risorse interne, nemmeno interpellate per l’affidamento degli incarichi, spesso è oggetto di censura dalla giurisdizione contabile, ravvisandosi i presupposti per imputare agli alti vertici della P.A. interessata anche la responsabilità per danno erariale (argomentando, ad es.,  da Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Lombardia, pronuncia n. 165 del 24 marzo 2009 e Corte dei Conti – Seconda Sezione Centrale di Appello – Sentenza 28/07/2017, n. 535).

Il principio del buon andamento e dell’autosufficienza delle Pubbliche  Amministrazioni è vincolante, posto dal legislatore a salvaguardia del contenimento della spesa pubblica. La sentenza ribadisce che la Pubblica Amministrazione, nell’assolvimento dei propri compiti istituzionali, deve servirsi dei suoi Uffici, e del personale ad essi  assegnato. La possibilità di conferimento di incarichi a soggetti esterni all’apparato burocratico è ammessa solo per motivi straordinari, sempre che non sia presente in organico un apposito Ufficio dell’Amministrazione (v. Corte dei conti sez. giur. Puglia, sentenza n. 18/2003).

Poi, ai fini dell’attribuzione della responsabilità della p.o., il principio di buon andamento della PA, d’imparzialità e di trasparenza impone di dotarsi di apposita disciplina regolamentare in materia, previa concertazione sindacale ove richiesta. Come affermato in giurisprudenza (Cass., n. 2141 del 2017; Cass., n. 18248 del 2011) ai fini del conferimento delle posizioni organizzative, la P.A. è tenuta al rispetto dei criteri di massima indicati dalle fonti contrattuali ed all'osservanza delle clausole generali di correttezza e buona fede, di cui agli artt. 1175 e 1375 cod. civ., applicabili alla stregua dell'art. 97 Cost., senza tuttavia che la predeterminazione dei criteri di valutazione comporti un automatismo nella scelta, la quale resta rimessa alla discrezionalità del datore di lavoro, che non è comunque chiamato a svolgere una valutazione comparativa secondo il citato indirizzo (v. Cass. Civ., sentenza n. 25083/2018).

Pertanto, l’eventuale assunzione a t.d. di che trattasi dovrà attenersi al suddetto quadro regolativo di riferimento, motivando adeguatamente e puntualmente la scelta della nuova assunzione qualora esista personale in servizio che potrebbe essere utilizzato agli stessi fini, evidenziando i vantaggi organizzativi e gestionali conseguenti a fronte della spesa da sostenersi, onde evitare i rischi dei profili di eventuale responsabilità anzidetti.

26 gennaio 2021           Eugenio De Carlo  

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