Il tema delle gestioni associate è come un fiume carsico: compare, si fa apprezzare o meno a seconda dei punti di vista e degli interessi, e poi scompare senza che nessuno se ne lamenti, in attesa di una nuova apparizione che ravvivi un dibattito in effetti mai avviato e, dunque, mai concluso.
Il testo politico-programmatico più rilevante degli ultimi mesi (10 luglio 2015) è noto come “Il manifesto di Cagliari”, titolo conferito ad un documento dell’ANCI per via della città che ne ha visto se non i natali di certo l’ufficializzazione
(www.anci.it/Contenuti/Allegati/Manifesto%20Cagliari%2010-7-151.odt).
Questo documento affronta in primis la questione dei piccoli Comuni e delle rivendicazioni che questi, in considerazione delle loro specificità, avanzano nei confronti del governo centrale, concernenti soprattutto questioni connesse alla finanza locale: patto di stabilità da superare, Fondo di solidarietà per i piccoli Comuni, perequazione finalizzata ai fabbisogni standard, sblocco degli avanzi di amministrazione.
Ma la parte più pregnante, almeno dal punto di vista di chi è interessato al tema, riguarda le gestioni associate. Queste, al riguardo, le richieste dell’ANCI in vista (si tenga conto della data in cui il documento veniva pubblicato):
Dal tempo della formulazione di queste proposte non è successo nulla, salvo uno slittamento o cancellazione di fatto degli obblighi previsti per la scadenza del 31 dicembre 2015.
Nel febbraio di quest’anno, sul quotidiano on line del Sole 24 ore, QEL, dedicato agli Enti locali, Daniele Formiconi, responsabile “tecnico” dell’ANCI per i piccoli Comuni e le gestioni associate, ha pubblicato un articolo avente per titolo: “Gestione associata: riordino della governance locale, la quarta fase” http://www.quotidianoentilocali.ilsole24ore.com/art/amministratori-e-organi/2016-02-03/gestione-associata-riordino-governance-locale-quarta-fase-171937.php?uuid=ABK5JV6.
L’articolo esordisce ricostruendo, brevemente ed efficacemente, la storia delle gestioni associate dalla legge 142/1990 ad oggi, evita di usare termini decisi quali, ad esempio, “fallimento” delle politiche che si sono succedute ed, in particolare, di quelle previste dalla legge 56/2014, e finisce con il suggerire una ripresa del tema assumendo come scenario di attuazione di nuove politiche per l’associazionismo intercomunale quello tratteggiato dal Manifesto di Cagliari.
Infine, sempre dello stesso Formiconi, il 19 maggio l’articolo dedicato alle proposte dell’ANCI sul disegno di legge, che ha ripreso il suo iter alla Camera dei Deputati, dal titolo “Le proposte Anci per i piccoli Comuni: riparte l'iter della legge per gli enti fino a 5mila abitanti” http://www.quotidianoentilocali.ilsole24ore.com/art/amministratori-e-organi/2016-05-18/le-proposte-anci-i-piccoli-comuni-riparte-iter-legge-gli-enti-fino-5mila-abitanti-183518.php?uuid=ABbIzJJB.
L’articolo ha un suo interesse e merita di essere letto in unum con il resoconto parlamentare cui si riferisce. La proposta di legge ha un suo indubbio valore e meritevoli di attenzione sono le integrazioni suggerite dall’ANCI.
Quello che colpisce, tuttavia, è - in un quadro di cose nuove e stimolanti da far fare ai piccoli Comuni, al fine di sottrarli allo stato di abbandono in cui molti di essi versano - il grado di “sufficienza” e di “eventualità” con cui vengono trattate le forme associative intercomunali: un soggetto tra gli altri, se ci sono bene, se non ci sono, l’interlocutore è e resta il Comune.
Una domanda: ma qual è il fondamento se non dell’obbligatorietà quanto meno dell’opportunità delle gestioni associate? Per l’ANCI la risposta sembrerebbe essere “nessuno”. E per il governo? Per le Regioni?
Non sarebbe ora di fare un po’ di chiarezza sul tema? Qui, in ogni caso, è disponibile il punto sullo stato delle Unioni di Comuni.
Nicola Melideo
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